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Territorio

Costa sveva, l'idea è buona, il nome sbagliato

L'intervento del geologo e scrittore Alfredo De Giovanni

La decisione del Consiglio regionale dello scorso 20 dicembre di dar vita al nuovo brand "Costa Sveva" ha creato un acceso dibattito. Di seguito l'intervento del geologo e scrittore Alfredo De Giovanni.

"COSTA SVEVA" è un nome che racconta un'accozzaglia di sottocultura, insensibilità, visioni non-identitarie comuni. Un nome raffazzonato che serve a unire l'idea di un turismo legato al mare, appunto costiero - rappresentato dalle onde del marchio - quello dei comuni rivieraschi di Margherita di Savoia, Barletta, Trani, Bisceglie e Molfetta (rigorosamente da nord verso sud), con il turismo "interno", murgiano, di Spinazzola, Minervino Murge, Andria, Corato, Ruvo di Puglia che di "svevo" avrebbero il perno centrale rappresentato da Castel del Monte di Federico II di Hohenstaufen, re di Sicilia, duca di Svevia, re dei Romani, imperatore del Sacro Romano Impero. Quindi, non solo svevo.

Forse nel Cretaceo (65÷135 milioni di anni fa) o ancora nel Pleistocene inf. il nome del brand poteva andare bene, quando il territorio in questione era una grande isola tipo Andros (Bahamas) sulle cui piane tidali camminavano i dinosauri e le cui "coste" di Spinazzola, Minervino, Andria e Corato erano lambite dal mare e da barriere coralline. Ma se in quel periodo la costa esisteva anche all'interno, di "svevo" però non c'era nulla. Forse il nome è futuristico, volendo alludere alla risalita del livello del mare provocata dai cambiamenti climatici che porterà la linea di costa nell'entroterra, ahimè non così tanto da soddisfare i sogni rivieraschi degli amici andriesi e coratini.

Ma davvero il nome "Costa sveva" non può funzionare, anzi fa molto sorridere.

L'idea però è giusta, come dichiarata negli intenti del comma 3 dell'art.68 della Legge Regionale di bilancio di previsione 2024: "𝘓'𝘶𝘴𝘰 𝘥𝘦𝘭 𝘣𝘳𝘢𝘯𝘥 (𝘊𝘰𝘴𝘵𝘢 𝘚𝘷𝘦𝘷𝘢 𝘯.𝘥.𝘳.) 𝘩𝘢 𝘭𝘰 𝘴𝘤𝘰𝘱𝘰 𝘥𝘪 𝘤𝘳𝘦𝘢𝘳𝘦 𝘶𝘯 𝘶𝘯𝘪𝘤𝘰 𝘧𝘰𝘳𝘮𝘢𝘵 𝘨𝘳𝘢𝘧𝘪𝘤𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘪𝘭 𝘮𝘢𝘵𝘦𝘳𝘪𝘢𝘭𝘦 𝘥𝘪 𝘱𝘳𝘰𝘮𝘰𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘥𝘦𝘭 𝘵𝘦𝘳𝘳𝘪𝘵𝘰𝘳𝘪𝘰, 𝘳𝘦𝘢𝘭𝘪𝘻𝘻𝘢𝘳𝘦 𝘧𝘰𝘳𝘮𝘦 𝘥𝘪 𝘤𝘰𝘭𝘭𝘢𝘣𝘰𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘦 𝘤𝘰𝘰𝘱𝘦𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘵𝘳𝘢 𝘨𝘭𝘪 𝘦𝘯𝘵𝘪, 𝘴𝘵𝘳𝘶𝘵𝘵𝘶𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘰𝘳𝘴𝘪 𝘵𝘶𝘳𝘪𝘴𝘵𝘪𝘤𝘪 𝘤𝘰𝘰𝘳𝘥𝘪𝘯𝘢𝘵𝘪 𝘵𝘳𝘢 𝘭𝘰𝘳𝘰, 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘳𝘪𝘧𝘦𝘳𝘪𝘮𝘦𝘯𝘵𝘰 𝘢𝘭𝘭'𝘰𝘱𝘦𝘳𝘢𝘵𝘪𝘷𝘪𝘵𝘢̀ 𝘥𝘪 𝘨𝘶𝘪𝘥𝘦 𝘵𝘶𝘳𝘪𝘴𝘵𝘪𝘤𝘩𝘦 𝘦 𝘵𝘰𝘶𝘳 𝘰𝘱𝘦𝘳𝘢𝘵𝘰𝘳 𝘥𝘪 𝘻𝘰𝘯𝘢, 𝘰𝘳𝘨𝘢𝘯𝘪𝘻𝘻𝘢𝘳𝘦 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘰𝘳𝘴𝘪 𝘥𝘪 𝘵𝘶𝘳𝘪𝘴𝘮𝘰 𝘦𝘴𝘱𝘦𝘳𝘪𝘦𝘯𝘻𝘪𝘢𝘭𝘦, 𝘤𝘳𝘦𝘢𝘳𝘦 𝘶𝘯 𝘤𝘢𝘭𝘦𝘯𝘥𝘢𝘳𝘪𝘰 𝘥𝘪 𝘢𝘱𝘱𝘶𝘯𝘵𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘪 𝘪𝘯 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘰 𝘪𝘭 𝘵𝘦𝘳𝘳𝘪𝘵𝘰𝘳𝘪𝘰 𝘤𝘩𝘦, 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘢𝘵𝘪𝘣𝘪𝘭𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘨𝘭𝘪 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘦𝘴𝘴𝘪 𝘭𝘰𝘤𝘢𝘭𝘪, 𝘴𝘪𝘢 𝘰𝘳𝘪𝘦𝘯𝘵𝘢𝘵𝘰 𝘢𝘭 𝘤𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳𝘪𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘥𝘦𝘴𝘵𝘢𝘨𝘪𝘰𝘯𝘢𝘭𝘪𝘻𝘻𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦".

Allora, suggerirei come primo punto quello di cambiare il nome. "Puglia imperiale", ad esempio, non era fantastico ma era molto più evocativo e aveva #Puglia nel nome, oggi un brand radicato a livello mondiale.
In seconda istanza coinvolgerei da subito gli addetti ai lavori – non avendolo fatto nella scelta del nome – in modo da redigere una pianificazione di interventi che metta a fattor comune gli elementi identitari che davvero uniscono le città, immaginando eventi artistici, culturali, eno-gastronomici che affondano nella storia/e comuni.

Come terzo punto sarebbe auspicabile non distribuire a pioggia i finanziamenti ma individuare un piano di destagionalizzazione che individui e premi quegli interventi/eventi promossi almeno da tre comuni insieme, che dimostrino la volontà di fare rete, di recuperare un'identità comune che, ancor prima della storia, affonda nella geografia, nei paesaggi comuni, dall'Ofanto alle lame, dai percorsi sotterranei, alla pietra.

La mia convinzione è sempre quella di "non buttare il bambino insieme all'acqua sporca". Se la priorità è rilanciare un territorio straordinario, unico a livello mondiale, l'istituzione di questo brand serve a rimarcare che: o lo si fa tutti insieme, abbandonando i campanilismi, o non si va da nessuna parte. Averlo istituzionalizzato è già un primo passo. Chiamare i territori prima, sarebbe stato auspicabile, ma tant'è!

In ogni caso un buon 2024 di sogni comuni, speriamo, da realizzare.
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