Renato Ferrulli: «Ora il Bisceglie ha un’identità. Basta rincorse, costruiamo futuro e appartenenza»
Un progetto nuovo, radicato sul territorio e senza proclami
mercoledì 16 luglio 2025
Basta rincorse, basta emergenze. A Bisceglie si volta pagina davvero. Lo dice con chiarezza Renato Ferrulli, direttore generale, tra i principali artefici di una nuova impostazione societaria che punta su continuità tecnica, valorizzazione del vivaio e una rinnovata ambizione. «Quest'anno – afferma – ci sediamo al tavolo dove si mangia».
Direttore Ferrulli, dopo due stagioni deludenti, che segnale vuole dare il Bisceglie con questa ripartenza?
«Che c'è finalmente un'identità. Non rincorriamo più qualcosa o qualcuno. Negli ultimi anni si è sempre costruito in emergenza: tecnici cambiati in corsa, rose assemblate all'ultimo, zero continuità. Ora invece c'è una visione chiara. Abbiamo scelto di dare una direzione precisa al club, partendo da basi solide».
In che cosa si traduce, concretamente, questa "visione"?
«Nella costruzione consapevole di ogni dettaglio. Per la prima volta, l'allenatore partecipa alla costruzione della rosa, non subentra a cose fatte. Questo crea coerenza, coinvolgimento, senso di responsabilità. Lavoriamo insieme da settimane, condividiamo ogni scelta. È una rivoluzione silenziosa, ma radicale».
Un tema ricorrente nei suoi discorsi è quello dell'identità. Che significato ha per lei in ambito sportivo?
«Vuol dire creare un senso di appartenenza, di cultura. Il Bisceglie deve tornare a essere qualcosa di riconoscibile, non solo una squadra che gioca la domenica. Significa dare valore ai nostri giovani, costruire un percorso che abbia radici. L'identità ti aiuta nei momenti difficili e ti distingue quando vinci».
In questo senso, che ruolo avrà il settore giovanile nel nuovo corso?
«Centrale. L'anno scorso abbiamo fatto benissimo con tutte le categorie, segno che la base c'è. Ora vogliamo rafforzarla: abbiamo fatto scouting, stage, coinvolto ragazzi con potenziale. L'obiettivo è creare un vivaio che produca talenti, ma anche uomini con valori e attaccamento alla maglia. Il settore giovanile è il cuore del club».
Anche la squadra femminile rappresenta una svolta importante. Da dove nasce questa scelta?
«Era un obiettivo da tempo. Finalmente abbiamo costruito un progetto serio, con uno staff preparato e un gruppo competitivo. Ma non è solo sportivo: è anche culturale. Il calcio deve aprirsi, essere inclusivo. Ecco perché ho voluto una vicepresidente donna, giovane, capace, di 25 anni. È un segnale: il Bisceglie guarda avanti. È un bel gruppo, tra un paio di anni questa squadra sarà ad alto livello».
Sul piano tecnico, i nomi usciti negli ultimi giorni hanno creato aspettative. Sono solo voci?
«No, sono operazioni vere. Alcune già chiuse, altre in via di definizione. Non lanciamo nomi a caso. Vogliamo alzare il livello, soprattutto in mezzo al campo, dove ci sono stati limiti negli ultimi anni. Puntiamo a un centrocampo forte, fisico, esperto, ma anche a completare la rosa con under di prospettiva. L'obiettivo è essere competitivi ogni domenica, senza sbilanciarci».
Il campionato di Eccellenza 2024-25 si preannuncia molto competitivo. Come lo leggete?
«È un girone tostissimo. Canosa, Brindisi, Taranto, l'Unione Calcio… Tutti con ambizione e solidità. Il Canosa viene da una finale playoff, Brindisi e Taranto si stanno muovendo con decisione, l'Unione è sempre insidiosa. E poi il calendario sarà lungo, con oltre 40 partite tra campionato e Coppa. Servirà un gruppo ampio, con mentalità e fame».
Dal punto di vista logistico, la squadra tornerà finalmente a giocare in casa. Quanto pesa questo aspetto?
«Tantissimo. Torniamo nella nostra casa, con il nostro pubblico, nella nostra città. Questo dà un'identità anche tecnica e comunicativa. Lo dico ai giocatori: chi viene qui deve sentire che fa parte di qualcosa. Di una squadra, ma anche di una comunità».
Che rapporto vorreste ricostruire con la città?
«Vorrei un senso di coinvolgimento. Non si può più stare a guardare o criticare da fuori. Serve partecipazione. Il Bisceglie è un patrimonio di tutti. Gli imprenditori devono sentirsi parte di questo progetto, i cittadini devono tornare allo stadio non solo per il risultato, ma per vivere qualcosa. Serve uno sforzo collettivo».
Niente proclami, ma l'ambizione c'è. Dove vuole arrivare questo Bisceglie?
«L'ambizione è essere tra quelli che contano. Non prometto salti di categoria, ma posso dire che ci siederemo al tavolo delle squadre importanti. Abbiamo aumentato il budget rispetto all'anno scorso, fatto scelte ragionate. Ora vogliamo vedere il campo parlare. E sognare, insieme, con i piedi per terra».
Direttore Ferrulli, dopo due stagioni deludenti, che segnale vuole dare il Bisceglie con questa ripartenza?
«Che c'è finalmente un'identità. Non rincorriamo più qualcosa o qualcuno. Negli ultimi anni si è sempre costruito in emergenza: tecnici cambiati in corsa, rose assemblate all'ultimo, zero continuità. Ora invece c'è una visione chiara. Abbiamo scelto di dare una direzione precisa al club, partendo da basi solide».
In che cosa si traduce, concretamente, questa "visione"?
«Nella costruzione consapevole di ogni dettaglio. Per la prima volta, l'allenatore partecipa alla costruzione della rosa, non subentra a cose fatte. Questo crea coerenza, coinvolgimento, senso di responsabilità. Lavoriamo insieme da settimane, condividiamo ogni scelta. È una rivoluzione silenziosa, ma radicale».
Un tema ricorrente nei suoi discorsi è quello dell'identità. Che significato ha per lei in ambito sportivo?
«Vuol dire creare un senso di appartenenza, di cultura. Il Bisceglie deve tornare a essere qualcosa di riconoscibile, non solo una squadra che gioca la domenica. Significa dare valore ai nostri giovani, costruire un percorso che abbia radici. L'identità ti aiuta nei momenti difficili e ti distingue quando vinci».
In questo senso, che ruolo avrà il settore giovanile nel nuovo corso?
«Centrale. L'anno scorso abbiamo fatto benissimo con tutte le categorie, segno che la base c'è. Ora vogliamo rafforzarla: abbiamo fatto scouting, stage, coinvolto ragazzi con potenziale. L'obiettivo è creare un vivaio che produca talenti, ma anche uomini con valori e attaccamento alla maglia. Il settore giovanile è il cuore del club».
Anche la squadra femminile rappresenta una svolta importante. Da dove nasce questa scelta?
«Era un obiettivo da tempo. Finalmente abbiamo costruito un progetto serio, con uno staff preparato e un gruppo competitivo. Ma non è solo sportivo: è anche culturale. Il calcio deve aprirsi, essere inclusivo. Ecco perché ho voluto una vicepresidente donna, giovane, capace, di 25 anni. È un segnale: il Bisceglie guarda avanti. È un bel gruppo, tra un paio di anni questa squadra sarà ad alto livello».
Sul piano tecnico, i nomi usciti negli ultimi giorni hanno creato aspettative. Sono solo voci?
«No, sono operazioni vere. Alcune già chiuse, altre in via di definizione. Non lanciamo nomi a caso. Vogliamo alzare il livello, soprattutto in mezzo al campo, dove ci sono stati limiti negli ultimi anni. Puntiamo a un centrocampo forte, fisico, esperto, ma anche a completare la rosa con under di prospettiva. L'obiettivo è essere competitivi ogni domenica, senza sbilanciarci».
Il campionato di Eccellenza 2024-25 si preannuncia molto competitivo. Come lo leggete?
«È un girone tostissimo. Canosa, Brindisi, Taranto, l'Unione Calcio… Tutti con ambizione e solidità. Il Canosa viene da una finale playoff, Brindisi e Taranto si stanno muovendo con decisione, l'Unione è sempre insidiosa. E poi il calendario sarà lungo, con oltre 40 partite tra campionato e Coppa. Servirà un gruppo ampio, con mentalità e fame».
Dal punto di vista logistico, la squadra tornerà finalmente a giocare in casa. Quanto pesa questo aspetto?
«Tantissimo. Torniamo nella nostra casa, con il nostro pubblico, nella nostra città. Questo dà un'identità anche tecnica e comunicativa. Lo dico ai giocatori: chi viene qui deve sentire che fa parte di qualcosa. Di una squadra, ma anche di una comunità».
Che rapporto vorreste ricostruire con la città?
«Vorrei un senso di coinvolgimento. Non si può più stare a guardare o criticare da fuori. Serve partecipazione. Il Bisceglie è un patrimonio di tutti. Gli imprenditori devono sentirsi parte di questo progetto, i cittadini devono tornare allo stadio non solo per il risultato, ma per vivere qualcosa. Serve uno sforzo collettivo».
Niente proclami, ma l'ambizione c'è. Dove vuole arrivare questo Bisceglie?
«L'ambizione è essere tra quelli che contano. Non prometto salti di categoria, ma posso dire che ci siederemo al tavolo delle squadre importanti. Abbiamo aumentato il budget rispetto all'anno scorso, fatto scelte ragionate. Ora vogliamo vedere il campo parlare. E sognare, insieme, con i piedi per terra».