Detenuto biscegliese si toglie la vita nel carcere di Bari

Era stato condannato per omicidio con fine pena al 2042

mercoledì 29 giugno 2022 15.30
Un 30enne di Bisceglie, detenuto nel carcere di Bari da alcuni giorni, si è tolto la vita all'interno della struttura nella mattinata di martedì 28 giugno. Lo hanno rivelato i rappresentanti territoriali di alcune sigle dei sindacati di Polizia penitenziaria. Il giovane, condannato a 30 anni di reclusione per omicidio (con fine pena al 2042), si è impiccato alla finestra della propria stanza dopo aver annodato le lenzuola alle inferriate. Il biscegliese, con problemi psichici, era stato condotto in un'ala dedicata della prigione barese.

«Ma è possibile che in un presunto Paese civile ci si indigni per un animale maltrattato e nessuno si preoccupi di affrontare seriamente il problema delle carceri, diventate ormai una discarica sociale nella quale buttare le anime ed i corpi degli ultimi, dei pazzi, dei diseredati?» ha affermato Federico Pilagatti, segretario nazionale del Sappe.

Il tragico episodio è avvenuto nella sezione ex femminile «chiusa per inagibilità ma riaperta durante l'emergenza Covid e poi diventata la discarica dei detenuti psichiatrici» ha aggiunto. «Che quella sezione fosse diventata un lager non lo ha denunciato solo il Sappe, ma anche i medici psichiatri che lamentavano il fatto che non era corretto ammassare i detenuti psichiatrici in quel reparto (poiché gli altri detenuti non li volevano nelle loro stanze), dato che è impensabile curarli con le sole terapie, senza poter accedere ad un minimo programma di trattamento. La sezone è divenuta di fatto il piccolo manicomio del carcere di Bari con un solo poliziotto a gestire la situazione».

Aldo Di Giacomo, segretario generale del Spp (sindacato polizia penitenziaria) ha rilevato: «È la 32esima vittima in sei mesi, la sesta nelle carceri della Puglia, per un totale di 68 morti dall'inizio dell'anno. Una "strage silenziosa di Stato" che ci allarma e perdura negli anni. I detenuti con problemi psichici non dovrebbero trovarsi in carcere. a conferma che sono soprattutto questi detenuti ad essere più a rischio e a richiedere al momento dell'arrivo in carcere interventi tempestivi ed efficaci.
Da tempo chiediamo di ritornare alle strutture psichiatriche di detenzione, abolite nel 2014, sia pure ripensate nei servizi da garantire e con un numero di personale specialistico adeguato e che si potenzino i protocolli per il rischio autolesivo e suicidario, attraverso l'incremento negli istituti penitenziari di personale sanitario con adeguate competenze rispetto a queste problematiche. Il problema è che le Rems sono poco più di una trentina e i posti disponibili sono meno di quelli di cui ci sarebbe bisogno».

Secondo i dati del Dap (dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), sarebbero 750 i detenuti in lista d'attesa per fare ingresso in una Rems, per un tempo medio che per la Puglia giungerebbe anche a 458 giorni.