Volpe
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Le parole di Sherazade

Il viandante e la volpe - seconda parte

Rubrica a cura di Liliana Salerno

Dopo la prima parte della favola (link all'articolo), nella quale la volpe ha scoperto come un vecchio viandante cieco poteva ringiovanire, la storia continua con l'uomo il protagonista principale: doveva risolvere il mistero dell'enorme pancione della Regina Beatrice, per bere l'acqua caduta nel fonte battesimale.
I dialoghi tra i personaggi sono una delle caratteristiche che contraddistinguono ed esaltano "Il viandante e la volpe", scritta da Liliana Salerno.
a cura di Luca Ferrante

A corte

Giunse dunque a Corte dove fu accolto col rispetto dovuto ad un saggio, ma quando fu al cospetto della Regina Beatrice, la sua barba ammutolì.
La Regina strepitava come un'ossessa, al di fuori di ogni ragione, bestemmiava il figlio, il marito e chiunque rischiasse avvicinarsi.
Perfino il vecchio saggio fu accolto a parolacce, soprattutto quando questi le offrì un bicchiere. Tuttavia il druido non si scompose e le disse: «Mia Regina, la potente medicina che ho nel calice può riconciliarti con la vita...».
La donna gli gridò: «Cosa blateri vecchio, non vedi questa pancia? Un tempo era il sogno di un bimbo che gattonasse nei giardini della Reggia, e oggi non è che questa pancia!»
In effetti era un pancione enorme!
Le rispose il saggio, con la solita calma: «Io non ho che questa medicina, per voi, solo dopo che l'avrete ingerita potrò cercare di entrare in contatto con il vostro aborrito bambino, e comprendere perché abbia deciso di non vedere la luce».
La Regina titubante dovette cedere al suo ragionamento e bevve il suo calice.
Non passò poco ch'ella divenne quieta e mansueta al punto che preferì adagiarsi sul letto, dove si addormentò completamente.
Grande fu lo stupore della Corte, dato che la Regina non dormiva già da diversi mesi.
Ai cortigiani, che gli domandavano come avesse fatto, il vecchio rispondeva: «Con la melissa e del tiglio».
Era già un traguardo, ma di certo non la meta.
Approfittando del sonno della Regina, il vecchio si accostò al suo pancione. Immediatamente dovette allontanarsene, colpito da un bel calcio in faccia; e fu un miracolo che la Sovrana non ne fosse svegliata, perché il birichino aveva preso a fare mille acrobazie.
Non contento, ma più cauto, il vecchio gli si avvicinò ancora, fino a bussare nuovamente a quel pancione.
Fu un bene, perché il bimbo si accorse di lui e chiese divertito: «Ciao, chi sei?»
«Sono il Viandante Cieco» gli rispose dolcemente il vecchio.
«E che vuoi da me?» insistette il bimbo.
«Vorrei sapere - chiese con fare diretto il druido - perché non ti decidi a venire al mondo?». Poi lo rimproverò: «Sai di essere un po' in ritardo?»
Il bambino si rigirò dall'altra parte infastidito, poi, visto che il vecchio attendeva una risposta, disse con sicurezza: «Perché dovrei lasciare un posto sicuro, tranquillo, morbido, caldo, accogliente, per gli orrori che sono là fuori? Tutti quelli che sono venuti al mondo non hanno conosciuto che l'esperienza del dolore. Perché dovrei viverla?»
Il vecchio rimase un attimo in forse, perché i suoi lunghi anni erano stati costellati di dolore; pur tuttavia trovò il coraggio di ribattere: «Ma no, cosa dici, cosa ne sai tu, del mondo? Il mondo è luce, è splendore, è gioia!»
Il bimbo gli rispose seccamente: «Menti!»
«Non puoi sostenerlo con certezza: mettimi alla prova. Se riuscirò a mostrarti qualcosa di veramente bello, uscirai immediatamente da quel pancione».
«Va bene» rispose laconico il bambino, con la ferma intenzione di non uscire affatto.
Poi si girò definitivamente dall'altra parte e prese a ronfare nel caldo grembo materno, interrompendo così il discorso con il suo interlocutore.
E fu un bene.
Perché intanto si svegliava la Regina, più tranquilla, perché il piccolo dormiva. A lei il viandante chiese di accatastare di fronte al suo letto i giocattoli più belli esistenti nel paese.
E così fu fatto: trombettine di latta, soldatini, macchinine di legno, e perfino uno splendido cavalluccio a dondolo. Poi, dopo un tempo ragionevole, il druido pregò la Regina di assumere la sua medicina.
La Regina si addormentò ed il vecchio tornò a bussare al pancione: «Piccolo, ehi, piccolo, vieni a vedere cosa c'è qua fuori…»
Il bambino si sporse, intravide i giocattoli, sbadigliò sonoramente e si girò dall'altra parte.
Il vecchio rimase alquanto deluso, poi decise di interrogarlo: «Non ti piacciono i giocattoli?»
Il bambino saggiamente rispose: «Sono le finzioni con cui ci ingannate per tutta l'infanzia… No, grazie, non fanno per me». Poi tacque e non ci fu più verso di parlare con lui.
Quando la Regina seppe l'esito del colloquio fu presa da una grande depressione. Ma il vecchio la consolava: «Vedrete», diceva, «che troverò come incantarlo… È solo un bimbo, esattamente come gli altri» Forse non lo era; di certo aveva capito una grande verità della vita. Il vecchio tuttavia non demordeva: un giorno vide una domestica che lavava un lampadario di cristallo. Nelle sue gocce si riflettevano i raggi colorati della luce. Fece smontare immediatamente tutto il lampadario per far montare le gocce di cristallo davanti al letto della Regina, poi le somministrò la solita medicina, attese che si addormentasse e chiamò il bambino: «Piccolo, vieni a vedere!»
Il bimbo si sporse incantato, guardò i colori, ma aveva solo il faccino di fuori, ed il vecchio non poté afferrarlo.
Restò un pezzo, il principino, a guardare i fasci di luce colorati, poi un domestico distratto, involontariamente, recise il filo che manteneva le gocce di cristallo, facendole cadere miseramente a terra.
Il faccino scomparve inghiottito dal buio.
La Regina voleva giustiziare il domestico, ma questi pensò bene di salvarsi la vita dicendo al viandante: «Se il principe viene attratto dalle cose ineffabili, perché non gli fate ascoltare il canto delle Ninfee?»
Era vero. Esistevano, nel giardino regale, le Ninfee del laghetto, che cantavano con melodiosa armonia della propria esistenza fragile, precaria, ma bellissima.
Indisturbate da secoli, convivevano con gli altri abitanti del laghetto.
Il Viandante accolse il suggerimento.
Fece trasferire il letto regale su di un pontile basso: le Ninfee, che trascorrevano a pel d'acqua, potevano quasi essere accarezzate, e il loro canto regnava sovrano.
La Regina bevve la sua medicina e si addormentò.
Il Viandante chiamò il Principe: «Piccolo, vieni a vedere cosa c'è…»
Ma il bimbo era già fuori con tutta la testa perché aveva udito un canto soave, ma non aveva visto da dove provenisse; quando una Ninfea gli fu davanti tirò fuori il braccino per impossessarsene.
Subito il vecchio lo afferrò sotto le ascelle e con gesto fulmineo lo tirò fuori.
Scoppiò il pianto che esplode ogni volta che un neonato viene colpito dalla luce.
Il piccolo principe fu pulito e vestito.
La Regina esultava dalla gioia e le Ninfee avevano infervorato il loro canto. Fu tempo di gioia, festa nazionale in tutto il paese; il vecchio tenne il bimbo a battesimo e nessuno capì mai perché una vecchia volpe tentasse di bere l'acqua dal fonte battesimale.

Epilogo

Il vecchio si rivolse alla Regina e le disse: «Sovrana, un bimbo poco più grande del vostro già gioca con le ancelle: presto crescerà, e mi cercherà».
Prese la gabbietta della Cocorita, il suo volpino e si inoltrò nella terra dei "Non So!" prendendo la strada sulla collina, quella che si snoda piacevolmente sin nella vallata.
Poco oltre avrebbe incontrato un faggio, ma non c'era nessuno ad aspettarlo.

Nuovo appuntamento con "Le parole di Sherazade" di Liliana Salerno martedì 6 ottobre
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