Pesanti accuse ai danni dell'amministratore e dell'addetto alla contabilità di un'azienda agricola biscegliese

Coinvolti nell'operazione anticaporalato "Macchia nera" delle Fiamme Gialle di Mola

martedì 24 luglio 2018 13.34
Tre arresti e quattro notifiche della misura dell'obbligo di dimora. Li hanno eseguiti, nel corso della mattinata di martedì 24 luglio, le Fiamme Gialle della Tenenza di Mola di Bari, su ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Bari Rosanna De Cristofaro. Fra le sette persone coinvolte, ritenute appartenenti a un consolidato sodalizio criminoso dedito al reclutamento e allo sfruttamento di braccianti agricoli nel settore della raccolta dell'uva da tavola e delle ciliegie, anche una donna di Mola di Bari, che secondo gli inquirenti sarebbe la "caporale", oltre all'amministratore e all'addetto alla contabilità di un'azienda agricola di Bisceglie.

I finanzieri hanno eseguito anche il controllo giudiziario dell'azienda biscegliese, che conta oltre mille dipendenti l'anno e il sequestro preventivo "per sproporzione" di beni costituiti da immobili, terreni, autovetture e rapporti bancari e postali per un importo complessivo stimato in oltre un milione di euro di cui gli indagati non sarebbero stati in grado di giustificare la provenienza.

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L'operazione, denominata "Macchia Nera", costituisce l'epilogo di una complessa e articolata attività, avviata dal giugno 2016 dalla Guardia di Finanza di Mola di Bari sotto la direzione del sostituto procuratore presso il Tribunale di Bari Ettore Cardinali.

Nel corso delle indagini, durate oltre due anni, i militari avrebbero acquisito elementi di prova dell'esistenza e della piena operatività di un'associazione, operante nel sud-est barese, finalizzata all'intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro, all'estorsione in danno dei lavoratori, alla truffa ai danni dell'Inps ed all'autoriciclaggio.

I promotori di questa organizzazione, nei rispettivi ruoli di amministratore di una società, di addetto alla contabilità aziendale e di una caporale di Mola di Bari, a sua volta a capo di una rete di caporali, facendo leva sullo stato di bisogno economico avrebbero organizzato il reclutamento dei lavoranti nel comprensorio del sud-est barese (fra Mola di Bar, Noicattaro, Conversano, Rutigliano) per condurli a bordo dei pullman dell'azienda agricola sia presso il magazzino di Bisceglie che presso i tendoni di uva da tavola dislocati nell'agro di Mola e Rutigliano, nel nordbarese e nelle campagne di Trinitapoli.

A quel punto i lavoratori sarebbero stati costretti, pena la minaccia del licenziamento, a effettuare massacranti turni giornalieri fra le dieci e le tredici ore continuative, anche di notte e per 28-30 giorni consecutivi.

Il Gip, condividendo la richiesta formulata dalla Procura della Repubblica e riconoscendo la sussistenza del reato di cui all'articolo 603 bis del codice penale, ha disposto il controllo giudiziario dell'azienda e la conseguente nomina di un amministratore giudiziario.

L'operazione di martedì si è svolta in applicazione dell'importante misura introdotta dalla legge 199/2016, che ha apportato significative modifiche all'articolo 603-bis del codice penale sul caporalato, entrata in vigore il 4 novembre 2016 e di primissima applicazione in Puglia, con la sottoposizione a controllo giudiziario dell'azienda, mediante la nomina di un amministratore giudiziario da affiancare all'imprenditore nella gestione dell'azienda, autorizzandolo allo svolgimento degli atti di amministrazione utili all'impresa e ad adottare adeguate misure anche in difformità rispetto a quelle proposte dall'imprenditore stesso, al fine di non interrompere l'attività produttiva.

È questa la volontà del legislatore che mira a eliminare le condizioni che avevano determinato lo sfruttamento dei lavoratori ma non a compromettere l'occupazione e il valore economico del complesso aziendale.

La Guardia di Finanza, nell'ambito del ruolo di polizia economico finanziaria, con l'operazione "Macchia Nera" acclara in maniera concreta ed efficace l'impegno per tutelare le imprese che subiscono la concorrenza sleale da parte di quelle che nel mercato del lavoro non rispettano le regole adoperando metodi illegali di reclutamento del personale dipendente.