«Mi negano un farmaco salvavita», il grido di rabbia di Anna

Biscegliese, già sottoposta a trapianto, è costretta a scontrarsi con una burocrazia insensibile

martedì 12 settembre 2017 15.59
A cura di Serena Ferrara
Giovane, bella, trapiantata. Ed agguerrita come chiunque sa che la sua vita dipende da una terapia farmacologica e che qualcuno, vuoi per superficialità, vuoi per altro, sta negandogli il diritto a viverla come chiunque altro.
Anna Mastrototaro è disposta a tutto per ottenere quello che lo Stato dovrebbe garantirle: la possibilità di ottenere, entro 48 ore dalla presentazione del cosiddetto Piano Terapeutico, quel farmaco antirigetto che ogni giorno, alla stessa ora non può evitare di assumere.
Deve invece fare i conti con una burocrazia insensibile.
«Non è la prima volta che mi capita di entrare in conflitto con la farmacia del presidio - ci racconta Anna - perché un salvavita non mi viene fornito nei tempi opportuni, ma questa volta è troppo. Il direttore dell'area di gestione del servizio farmaceutico sta negandomi un farmaco insostituibile e insospendibile. A luglio ho presentato un piano terapeutico, mi hanno garantito il farmaco per due mesi, ora, al rientro dalle ferie, me lo negano. Prima mi hanno detto che avrebbero sostituito il Prograf con un generico equivalente, sostituzione per cui serve l'autorizzazione del trapiantologo di riferimento. Poi, quando il centro siciliano presso cui sono in cura, con una PEC, ha spiegato che il farmaco è quello e non può essere cambiato, hanno fatto passare sei giorni. Quando mi hanno chiamata hanno risposto che, per giustificare l'ordine, serviva una dichiarazione più "corposa" di quella già presentata dal medico. Nessuno ha capito come andasse compilata questa relazione inusuale. A me pare che si giochi sulla mia pelle e sulla pelle di tutti i pazienti come me che, quando qualcosa non funziona, alzano la voce».
Anna, ad oggi, ha solo una settimana di Progaf garantita e sa con certezza che un nuovo ordine non è partito. La sua rabbia non è più disposta a tenerla dentro, nell'interesse di chi come lei soffre un sistema, quello dell'erogazione diretta dei farmaci, che, a volte solo per banali malintesi, non risponde alle necessità degli utenti.