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Il Ponte dell'Almà
Capitolo dodicesimo
"Il Ponte dell'Almà", il nuovo romanzo a puntate del dott. Antonio Marzano
domenica 7 dicembre 2025
Tutti sapevano tutto e solo io non sapevo niente.
Proprio io che per il ruolo che avevo rivestito, un minimo lo avrei dovuto sapere… e invece…
mah… tuttavia un'idea mi si stava affacciando in mente, ma era troppo sbiadita per formulare anche solo un'ipotesi.
Il consiglio dell'amico assicuratore a farmi i fatti miei, la confessione di Satir che «sapeva»… ma sapeva cosa?
Entrambi reticenti a parlare e depositari della verità? Ma di quale verità?
Mentre torno a casa decido: cerco nei contatti il numero di telefono dell'amico Questore Andrea Patrassi e senza nessuna titubanza lo chiamo.
Il telefono squilla parecchie volte ma non risponde nessuno.
Bah… troverà la chiamata e mi richiamerà…
Torno a casa, mentre anche Ottavio sembra si sia volatilizzato. Neanche un SMS, così giusto per condividere uno stato d'animo. Un dubbio… o forse solo l'accettazione della morte.
Di una morte crudele senza spiegazioni, senza un messaggio di addio.
Abbandonare per sempre il marito, ci sta', ma abbandonare per sempre i figli…?!
Cosa possa causare questo scivolamento senza ritorno nel tunnel della depressione… e poi la liquido così: la depressione. E se piuttosto non si sia trattato di un meccanismo di difesa?
Ma da chi… forse dallo stesso Ottavio che apparentemente si presenta come una persona affabile e cordiale ed invece nasconde una doppia personalità? Geloso, violento; un uomo impossibile, che con la sua sola presenza gravava sulla famiglia?!
Mah… niente.
«Pasquale ma che ti succede?» mi dice mia moglie.
«Niente niente tutto bene» rispondo.
«Non ci credo… in che altro guaio ti sei cacciato? Possibile che non riesci a stare tranquillo, possibile che non ti sai fare i fatti tuoi?»
«Ma no… ma no… tutto bene… andiamo al mare?»
«Sì andiamo, ma devi raccontarmi tutto, sento che c'è qualcosa che non va»
«Vieni allora, vieni… ti dico tutto»
E così mentre siamo seduti in veranda comincio dall'inizio, mentre mia moglie mi ascolta preoccupata.
«Lo vedi che avevo sentito che c'era qualcosa sotto; adesso come intendi muoverti? Soprattutto se vale la pena muoversi in quale direzione. Hai appena detto che il tuo ex compagno di scuola da questa mattina non si è fatto più sentire… o no?»
«E se la storia fosse vera, tu non c'entri niente, non farti sensi di colpa»
«I motivi per cui una giovane donna possa aver deciso di porre fine alla sua vita possono essere tanti e non spetta a te cercarli, tanto meno indagare se Franca abbia deciso di suicidarsi o se qualcuno l'abbia uccisa.»
«Non è compito tuo.»
«Potresti infilarti in una brutta e pericolosa storia, tanto che il tuo amico assicuratore ti ha consigliato di starne fuori»
«Hai ragione. Devo fermarmi… se i carabinieri l'hanno chiuso come suicidio deve essere stato suicidio nonostante i dubbi e le perplessità del marito»
«Appunto… adesso andiamo al mare!»
È una splendida giornata di luglio come è bene che sia. Dopo aver calzato il casco, con la moto mi avvio verso via Luigi Di Molfetta e scendo verso la seconda spiaggia di Salsello.
Il mare è calmo, azzurro, invitante, eterno. È lo stesso mare da sempre, da quando ero bambino, da quando con i miei genitori andavo a Salsello.
Erano gli anni sessanta. È rimasto tutto identico, tranne il numero dei bagnanti.
Allora il mare non era così frequentato come oggi. Oggi non solo arrivano da tutte le parti, ma una volta conquistato un lembo di spiaggia, la occupano fino a dopo il tramonto. Ore ed ore al mare.
«Buon giorno Nino, come va?»
«Buon giorno dottore, buongiorno signora, oggi sì che vi fate un bel bagno. Il mare è una tavola. Pulito: vi aspetta. Buona giornata»
Dall'alto riconosco i miei compagni di spiaggia: le signore e i signori giovani e meno giovani cui puntualmente all'arrivo dico «buongiorno» e che molto spesso non ricambiano il saluto.
Sarà forse perché della maggior parte non conosco né nome, né cognome, né professione. Niente.
Raggiungiamo la nostra postazione e tempo cinque minuti ci raggiungono il giudice e la moglie.
Mi mette un po' di tensione il desiderio di approcciarmi a lui. Devo trovare il modo più innocente per iniziare la conversazione.
Per cui dopo essermi spogliato raggiungo la prof Ida: giovane, simpatica e comunicativa.
Con la coda dell'occhio osservo il giudice che si mette comodo sulla sdraio.
E mentre discorro con la prof vedo che si alza, scende le scale, si cala in mare… ok… lo raggiungerò appena risale la scaletta.
E poi so di cosa dovrò parlare: la pensione. Il giudice è in pensione anche lui e di certo ascolterà e condividerà le mie frustrazioni.
«Dottore la vedo distratto questa mattina, a cosa pensa?»
Ida ha percepito… ma io devo conservare uno stretto riserbo.
«Tutto bene prof, tutto bene…»
Proprio io che per il ruolo che avevo rivestito, un minimo lo avrei dovuto sapere… e invece…
mah… tuttavia un'idea mi si stava affacciando in mente, ma era troppo sbiadita per formulare anche solo un'ipotesi.
Il consiglio dell'amico assicuratore a farmi i fatti miei, la confessione di Satir che «sapeva»… ma sapeva cosa?
Entrambi reticenti a parlare e depositari della verità? Ma di quale verità?
Mentre torno a casa decido: cerco nei contatti il numero di telefono dell'amico Questore Andrea Patrassi e senza nessuna titubanza lo chiamo.
Il telefono squilla parecchie volte ma non risponde nessuno.
Bah… troverà la chiamata e mi richiamerà…
Torno a casa, mentre anche Ottavio sembra si sia volatilizzato. Neanche un SMS, così giusto per condividere uno stato d'animo. Un dubbio… o forse solo l'accettazione della morte.
Di una morte crudele senza spiegazioni, senza un messaggio di addio.
Abbandonare per sempre il marito, ci sta', ma abbandonare per sempre i figli…?!
Cosa possa causare questo scivolamento senza ritorno nel tunnel della depressione… e poi la liquido così: la depressione. E se piuttosto non si sia trattato di un meccanismo di difesa?
Ma da chi… forse dallo stesso Ottavio che apparentemente si presenta come una persona affabile e cordiale ed invece nasconde una doppia personalità? Geloso, violento; un uomo impossibile, che con la sua sola presenza gravava sulla famiglia?!
Mah… niente.
«Pasquale ma che ti succede?» mi dice mia moglie.
«Niente niente tutto bene» rispondo.
«Non ci credo… in che altro guaio ti sei cacciato? Possibile che non riesci a stare tranquillo, possibile che non ti sai fare i fatti tuoi?»
«Ma no… ma no… tutto bene… andiamo al mare?»
«Sì andiamo, ma devi raccontarmi tutto, sento che c'è qualcosa che non va»
«Vieni allora, vieni… ti dico tutto»
E così mentre siamo seduti in veranda comincio dall'inizio, mentre mia moglie mi ascolta preoccupata.
«Lo vedi che avevo sentito che c'era qualcosa sotto; adesso come intendi muoverti? Soprattutto se vale la pena muoversi in quale direzione. Hai appena detto che il tuo ex compagno di scuola da questa mattina non si è fatto più sentire… o no?»
«E se la storia fosse vera, tu non c'entri niente, non farti sensi di colpa»
«I motivi per cui una giovane donna possa aver deciso di porre fine alla sua vita possono essere tanti e non spetta a te cercarli, tanto meno indagare se Franca abbia deciso di suicidarsi o se qualcuno l'abbia uccisa.»
«Non è compito tuo.»
«Potresti infilarti in una brutta e pericolosa storia, tanto che il tuo amico assicuratore ti ha consigliato di starne fuori»
«Hai ragione. Devo fermarmi… se i carabinieri l'hanno chiuso come suicidio deve essere stato suicidio nonostante i dubbi e le perplessità del marito»
«Appunto… adesso andiamo al mare!»
È una splendida giornata di luglio come è bene che sia. Dopo aver calzato il casco, con la moto mi avvio verso via Luigi Di Molfetta e scendo verso la seconda spiaggia di Salsello.
Il mare è calmo, azzurro, invitante, eterno. È lo stesso mare da sempre, da quando ero bambino, da quando con i miei genitori andavo a Salsello.
Erano gli anni sessanta. È rimasto tutto identico, tranne il numero dei bagnanti.
Allora il mare non era così frequentato come oggi. Oggi non solo arrivano da tutte le parti, ma una volta conquistato un lembo di spiaggia, la occupano fino a dopo il tramonto. Ore ed ore al mare.
«Buon giorno Nino, come va?»
«Buon giorno dottore, buongiorno signora, oggi sì che vi fate un bel bagno. Il mare è una tavola. Pulito: vi aspetta. Buona giornata»
Dall'alto riconosco i miei compagni di spiaggia: le signore e i signori giovani e meno giovani cui puntualmente all'arrivo dico «buongiorno» e che molto spesso non ricambiano il saluto.
Sarà forse perché della maggior parte non conosco né nome, né cognome, né professione. Niente.
Raggiungiamo la nostra postazione e tempo cinque minuti ci raggiungono il giudice e la moglie.
Mi mette un po' di tensione il desiderio di approcciarmi a lui. Devo trovare il modo più innocente per iniziare la conversazione.
Per cui dopo essermi spogliato raggiungo la prof Ida: giovane, simpatica e comunicativa.
Con la coda dell'occhio osservo il giudice che si mette comodo sulla sdraio.
E mentre discorro con la prof vedo che si alza, scende le scale, si cala in mare… ok… lo raggiungerò appena risale la scaletta.
E poi so di cosa dovrò parlare: la pensione. Il giudice è in pensione anche lui e di certo ascolterà e condividerà le mie frustrazioni.
«Dottore la vedo distratto questa mattina, a cosa pensa?»
Ida ha percepito… ma io devo conservare uno stretto riserbo.
«Tutto bene prof, tutto bene…»

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