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Il Ponte dell'Almà
Capitolo quinto
"Il Ponte dell'Almà", il nuovo romanzo a puntate del dott. Antonio Marzano
domenica 19 ottobre 2025
Sono certo che nel corso della vita ognuno di noi si ritrova a fare scelte che poi si rivelano ahimè sbagliate. A volte ci si accorge degli errori dal primo giorno, a volte anche prima di iniziare. Purtroppo, quando si inizia, è molto difficile tornare indietro. Ci si ritrova incastrati e venirne fuori è impossibile.
Questa è la condizione in cui mi ritrovo. Sì, è proprio questa!
E mentre ci avviamo verso l'abitazione, camminando uno a fianco dell'altro, mi sento soffocare in un ruolo che non mi appartiene e che ora, in modo pretenzioso e arrogante, comincio ad assumere.
Posso liberarmi da questo giogo? Posso deludere il mio ex amico di scuola? Posso dirgli:
«Ottavio, non sono la persona giusta per poterti aiutare!»
E questa frase non significa forse in modo ipocrita: non ne voglio sapere?
«Buon pomeriggio dottore... come sta?»
La signora Mafalda Papegno mi saluta affettuosamente ed io:
«Ciao signora... io bene... e tu come stai? E tuo figlio Ernesto quanti anni ha e cosa fa?»
«Ernesto ha ventiquattro anni e da qualche anno è entrato in polizia, dopodiché ha superato il concorso ed ora è Ispettore»
«Bravo... e dove sta?»
«Come primo incarico è stato assegnato alla Questura di Torino»
«Bene, sono proprio contento... anzi, se non ti dispiace, mi dai il suo numero di cellulare... potrei averne bisogno»
E mentre Mafalda, sfoderando un bel sorriso, mi detta il numero che incasello nel cellulare, esclama:
«Spero che non ne abbia bisogno per motivi... beh... ha capito, dottore»
«E chi lo può dire»
E scoppia una sonora risata con la quale ci congediamo.
Ottavio è rimasto in doveroso silenzio, eppure ha subito intuito il motivo della mia richiesta ed ha annuito con un accenno del capo.
«Ottavio, dimmi... stiamo sbagliando?»
«In che senso, Pasquale?»
«Tu sei proprio convinto di voler iniziare questa storia?»
«Perché poi può venire fuori qualcosa che potrebbe turbarti e turbare i tuoi figli, che sono poco più che adolescenti»
Intanto risaliamo nel suo appartamento. Sento il mio respiro che si fa profondo, non senza affanno ed Ottavio mi guarda preoccupato.
La scala è ripida, il fabbricato è fatiscente, l'intonaco è sbrecciato e sul pianerottolo del primo piano ci sono scarpe vecchie e sporche e aleggia un puzzo di rape stufate da voltastomaco... cerco di trattenere il respiro fino al secondo piano, ma è impossibile, per cui dopo pochi secondi inalo una folata di puzzo mortifero di rape locale che mi stordisce, tanto che devo poggiarmi al muro.
Mentre Ottavio esclama:
«Cus è un feit della signora Mareé... na schchefaus e lurd. Potess essr accesss sta chi te mourt!»
E scoppio in una risata di cui ho tanto bisogno e che mi mette di buon umore.
«Ma ci ah sta cristien?»
«Dottore, tu non la puoi conoscere... Mareé è la fighh de la precoche!»
«Ss capet? La memm era la famosa percoca... cher che facia' la pttein sulla strod fingh a Scaffein!»
«Fermiamoci qui...»
Mentre Ottavio con due mandate apre la porta blindata.
L'appartamento di Ottavio è disordinato. Disordinato come lo è un appartamento dove vivono due bambini e dove è assente la figura femminile...
«Prego Pasquale, accomodati» mi fa Ottavio.
Mi ritaglio un piccolo spazio sul divano, occupato dai più svariati giocattoli e...
«Posso offrirti qualcosa?»
«No grazie... Ottavio... anzi... sì grazie... un bicchiere di acqua frizzante»
«Certo» mi risponde Ottavio «con molto piacere!»
Sorseggio la Lete ben fredda e, mentre mi solletica il palato con la sua effervescenza, realizzo che siamo alla fine dei convenevoli e all'inizio del compito per il quale Ottavio mi ha chiamato.
«Tu sei sempre convinto della opportunità che io inizi a fare delle domande?»
«Sì»
«E cosa ti dà questa certezza? E d'altra parte, da dove nascono i tuoi dubbi?»
Ottavio non mi risponde e sembra assorto nei suoi pensieri. Il suo sguardo è distante: è come se fosse pronto a parlare, anche se in modo confuso e disordinato.
«Ho bisogno anch'io di acqua... spero mi aiuti a parlare...»
Questa è la condizione in cui mi ritrovo. Sì, è proprio questa!
E mentre ci avviamo verso l'abitazione, camminando uno a fianco dell'altro, mi sento soffocare in un ruolo che non mi appartiene e che ora, in modo pretenzioso e arrogante, comincio ad assumere.
Posso liberarmi da questo giogo? Posso deludere il mio ex amico di scuola? Posso dirgli:
«Ottavio, non sono la persona giusta per poterti aiutare!»
E questa frase non significa forse in modo ipocrita: non ne voglio sapere?
«Buon pomeriggio dottore... come sta?»
La signora Mafalda Papegno mi saluta affettuosamente ed io:
«Ciao signora... io bene... e tu come stai? E tuo figlio Ernesto quanti anni ha e cosa fa?»
«Ernesto ha ventiquattro anni e da qualche anno è entrato in polizia, dopodiché ha superato il concorso ed ora è Ispettore»
«Bravo... e dove sta?»
«Come primo incarico è stato assegnato alla Questura di Torino»
«Bene, sono proprio contento... anzi, se non ti dispiace, mi dai il suo numero di cellulare... potrei averne bisogno»
E mentre Mafalda, sfoderando un bel sorriso, mi detta il numero che incasello nel cellulare, esclama:
«Spero che non ne abbia bisogno per motivi... beh... ha capito, dottore»
«E chi lo può dire»
E scoppia una sonora risata con la quale ci congediamo.
Ottavio è rimasto in doveroso silenzio, eppure ha subito intuito il motivo della mia richiesta ed ha annuito con un accenno del capo.
«Ottavio, dimmi... stiamo sbagliando?»
«In che senso, Pasquale?»
«Tu sei proprio convinto di voler iniziare questa storia?»
«Perché poi può venire fuori qualcosa che potrebbe turbarti e turbare i tuoi figli, che sono poco più che adolescenti»
Intanto risaliamo nel suo appartamento. Sento il mio respiro che si fa profondo, non senza affanno ed Ottavio mi guarda preoccupato.
La scala è ripida, il fabbricato è fatiscente, l'intonaco è sbrecciato e sul pianerottolo del primo piano ci sono scarpe vecchie e sporche e aleggia un puzzo di rape stufate da voltastomaco... cerco di trattenere il respiro fino al secondo piano, ma è impossibile, per cui dopo pochi secondi inalo una folata di puzzo mortifero di rape locale che mi stordisce, tanto che devo poggiarmi al muro.
Mentre Ottavio esclama:
«Cus è un feit della signora Mareé... na schchefaus e lurd. Potess essr accesss sta chi te mourt!»
E scoppio in una risata di cui ho tanto bisogno e che mi mette di buon umore.
«Ma ci ah sta cristien?»
«Dottore, tu non la puoi conoscere... Mareé è la fighh de la precoche!»
«Ss capet? La memm era la famosa percoca... cher che facia' la pttein sulla strod fingh a Scaffein!»
«Fermiamoci qui...»
Mentre Ottavio con due mandate apre la porta blindata.
L'appartamento di Ottavio è disordinato. Disordinato come lo è un appartamento dove vivono due bambini e dove è assente la figura femminile...
«Prego Pasquale, accomodati» mi fa Ottavio.
Mi ritaglio un piccolo spazio sul divano, occupato dai più svariati giocattoli e...
«Posso offrirti qualcosa?»
«No grazie... Ottavio... anzi... sì grazie... un bicchiere di acqua frizzante»
«Certo» mi risponde Ottavio «con molto piacere!»
Sorseggio la Lete ben fredda e, mentre mi solletica il palato con la sua effervescenza, realizzo che siamo alla fine dei convenevoli e all'inizio del compito per il quale Ottavio mi ha chiamato.
«Tu sei sempre convinto della opportunità che io inizi a fare delle domande?»
«Sì»
«E cosa ti dà questa certezza? E d'altra parte, da dove nascono i tuoi dubbi?»
Ottavio non mi risponde e sembra assorto nei suoi pensieri. Il suo sguardo è distante: è come se fosse pronto a parlare, anche se in modo confuso e disordinato.
«Ho bisogno anch'io di acqua... spero mi aiuti a parlare...»