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Il Ponte dell'Almà
Capitolo settimo
"Il Ponte dell'Almà", il nuovo romanzo a puntate del dott. Antonio Marzano
domenica 2 novembre 2025
Scendo le scale lentamente, come se volessi allontanare da me questo problema in cui mi ci sono infilato. Cosa posso fare e cosa devo fare? E Ottavio come sta veramente, mi nasconde qualcosa, è stato sincero con me, quali sono i suoi dubbi e da dove partono e chi li avrebbe scatenati?
Sono tutte domande senza risposte.
Esco in strada, passo davanti all'ingresso della Cattedrale e mi avvio mestamente a raggiungere l'auto parcheggiata al Palazzuolo.
Percorro via Cardinale Dell'Olio, mi lascio alla mia sinistra l'ingresso monumentale del teatro Garibaldi e poi subito dopo, alla mia destra, il caffè Cova.
Raggiungo l'auto, in quel momento squilla il telefono e sul display leggo: Ottavio.
«Pasquale, te ne sei andato, perché?»
«Ottavio, ho provato a farti qualche domanda, ma tu ti sei chiuso a riccio.»
«Sì... hai ragione, mi capita spesso nelle ultime settimane; non capisco... queste assenze durano non più di cinque minuti e poi mi riprendo.»
«Se non lo hai fatto credo che tu debba fare un EEG.»
«Perché, Pasquale, tu a cosa pensi?»
«Tu intanto prenota una visita neurologica con EEG e poi vediamo cosa dice il neurologo.»
«Va bene, come dici tu.»
Un altro motivo di riflessione: cosa significano queste crisi di assenza?
Ottavio è un adulto... che io ricordi le assenze sono del bambino con il piccolo male, ma non sono dell'adulto.
E questo ha una relazione con ciò che è capitato alla moglie?!
Cerco di riportare alla mente quale fosse il carattere di Ottavio negli anni della scuola elementare e poi nella scuola media. Alla De Amicis e poi alla vecchia sede della Cesare Battisti, ma non mi viene in mente nulla. Un compagno di scuola corretto e sorridente, che non ho frequentato molto e che poi ho perso del tutto di vista con l'ingresso nella scuola superiore.
Non so quale scuola abbia frequentato, l'ho solo rivisto per poche volte in studio con moglie e figli in veste di padre.
Ma poi mi dico... tutto questo potrebbe portarmi fuori strada.
Qui il problema non è lui, ma il suicidio della moglie. E se lui è venuto da me per un interessamento significa che lui non c'entra niente con la morte della moglie... o no?
Devo rivedere Ottavio. Devo fargli delle domande e lui dovrà rispondere. Non vorrei che la storia delle "assenze" fosse solo una scusa per tirarsi indietro. Oddio, ne ha tutto il diritto, ma deve dirmelo lui in tutta onestà e non farlo pensare a me.
Mentre raggiungo l'auto mi viene incontro, sempre sorridente, il mio caro, da sempre amico, Mario Bruno:
«Pasquale, sei sempre sul pezzo, stai?»
«Già... ma mi sa che anche tu sei sempre sul pezzo, o no?»
«Hai ragione, Pasquale... non ce la faccio ad abbandonare tutto... no... proprio non ce la faccio.»
«Fai bene, Mario... fai benissimo.»
«Ti ho visto prima con Ottavio, il nostro compagno di scuola...»
«Sì, sì... mi ha contattato qualche giorno fa e mi ha raccontato una storia che non conoscevo e che mi ha fatto male; tra l'altro sono stato il pediatra dei suoi figli e non ho avuto mai il sentore che ci fosse qualcosa che non andava.»
«Ti riferisci alla moglie? Naturalmente.»
«Sì... e lui alla storia del suicidio non ci ha mai creduto, per cui mi ha chiesto di indagare... con le mie conoscenze...»
L'espressione di Mario si fa improvvisamente dura, il sorriso scompare dalle sue labbra ed un silenzio cupo scende su di noi.
Poi, dopo qualche minuto, Mario mi dice:
«Pasquale, lascia stare, lascia stare questa storia... lo dico per il tuo bene.»
Sono tutte domande senza risposte.
Esco in strada, passo davanti all'ingresso della Cattedrale e mi avvio mestamente a raggiungere l'auto parcheggiata al Palazzuolo.
Percorro via Cardinale Dell'Olio, mi lascio alla mia sinistra l'ingresso monumentale del teatro Garibaldi e poi subito dopo, alla mia destra, il caffè Cova.
Raggiungo l'auto, in quel momento squilla il telefono e sul display leggo: Ottavio.
«Pasquale, te ne sei andato, perché?»
«Ottavio, ho provato a farti qualche domanda, ma tu ti sei chiuso a riccio.»
«Sì... hai ragione, mi capita spesso nelle ultime settimane; non capisco... queste assenze durano non più di cinque minuti e poi mi riprendo.»
«Se non lo hai fatto credo che tu debba fare un EEG.»
«Perché, Pasquale, tu a cosa pensi?»
«Tu intanto prenota una visita neurologica con EEG e poi vediamo cosa dice il neurologo.»
«Va bene, come dici tu.»
Un altro motivo di riflessione: cosa significano queste crisi di assenza?
Ottavio è un adulto... che io ricordi le assenze sono del bambino con il piccolo male, ma non sono dell'adulto.
E questo ha una relazione con ciò che è capitato alla moglie?!
Cerco di riportare alla mente quale fosse il carattere di Ottavio negli anni della scuola elementare e poi nella scuola media. Alla De Amicis e poi alla vecchia sede della Cesare Battisti, ma non mi viene in mente nulla. Un compagno di scuola corretto e sorridente, che non ho frequentato molto e che poi ho perso del tutto di vista con l'ingresso nella scuola superiore.
Non so quale scuola abbia frequentato, l'ho solo rivisto per poche volte in studio con moglie e figli in veste di padre.
Ma poi mi dico... tutto questo potrebbe portarmi fuori strada.
Qui il problema non è lui, ma il suicidio della moglie. E se lui è venuto da me per un interessamento significa che lui non c'entra niente con la morte della moglie... o no?
Devo rivedere Ottavio. Devo fargli delle domande e lui dovrà rispondere. Non vorrei che la storia delle "assenze" fosse solo una scusa per tirarsi indietro. Oddio, ne ha tutto il diritto, ma deve dirmelo lui in tutta onestà e non farlo pensare a me.
Mentre raggiungo l'auto mi viene incontro, sempre sorridente, il mio caro, da sempre amico, Mario Bruno:
«Pasquale, sei sempre sul pezzo, stai?»
«Già... ma mi sa che anche tu sei sempre sul pezzo, o no?»
«Hai ragione, Pasquale... non ce la faccio ad abbandonare tutto... no... proprio non ce la faccio.»
«Fai bene, Mario... fai benissimo.»
«Ti ho visto prima con Ottavio, il nostro compagno di scuola...»
«Sì, sì... mi ha contattato qualche giorno fa e mi ha raccontato una storia che non conoscevo e che mi ha fatto male; tra l'altro sono stato il pediatra dei suoi figli e non ho avuto mai il sentore che ci fosse qualcosa che non andava.»
«Ti riferisci alla moglie? Naturalmente.»
«Sì... e lui alla storia del suicidio non ci ha mai creduto, per cui mi ha chiesto di indagare... con le mie conoscenze...»
L'espressione di Mario si fa improvvisamente dura, il sorriso scompare dalle sue labbra ed un silenzio cupo scende su di noi.
Poi, dopo qualche minuto, Mario mi dice:
«Pasquale, lascia stare, lascia stare questa storia... lo dico per il tuo bene.»

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