Morte di un gettonista
Morte di un gettonista
Morte di un gettonista

Capitolo ventinovesimo

Giallo a puntate firmato dal dott. Antonio Marzano

«Rebecca, Rebecca»
«Sono qui, dottore... che è successo?»
«Rebecca, ma Mustafà quanti turni faceva qui?»
«Non credo che facesse turni; lui entrava e usciva come e quando voleva!»
«Firmava le sue presenze?»
«Non ha mai firmato niente.»
«E allora come poteva essere pagato se non risultava facesse i turni di guardia?!»
«Pasquale, questa domanda dovresti farla al primario che opera nell'altro ospedale, oppure al direttore della cooperativa, o magari alla collega Erika... lei forse ne sa qualcosa.»
Guardo l'orologio: sono le ventitré di sabato, ma io non riesco ad aspettare domani.
«Rebecca, mi dai il numero di Erika?»
La chiamo... al quarto squillo risponde:
«Chi è?»
Una musica di sottofondo non fa capire niente...
«Erika, scusami, sono Pasquale.»
«Un momento, Pasquale, vado fuori... sono in una discoteca... a ballare.»
La musica si fa più lontana, fino a quando...
«Dimmi, Pasquale.»
«Mustafà risultava facesse turni di guardia da gettonista?»
Silenzio.
«Erika, rispondi.»
«No.»
«E allora a che titolo, e soprattutto in che modo, veniva pagato?»
Sento il respiro profondo di Erika...
«Erika, ci sei?»
«Pasquale, io avrei preferito non dire nulla, ma visto che ci sei arrivato da solo, ora ti dico.»
«Il direttore della cooperativa ci aveva proposto, in accordo con il primario pediatra del capoluogo (l'eterno assente), la mia complicità e la copertura della direzione sanitaria, con le quali Mustafà avrebbe svolto i turni di guardia continuativamente, ma poi a lui sarebbero stati versati euro per solo 12 ore; tutto il resto lo avremmo diviso tra di noi.»
«Caspita.»
«E di che somma parliamo?»
«Parecchi migliaia di euro.»
«Che vi sareste spartiti in tre.»
«Più o meno.»
«Bravissimi!» esclamo.
«Quanto meno non avevate nessun interesse ad eliminarlo.»
«Già.»
«Un'altra domanda... ma il bed and breakfast dove si appoggiava Mustafà, come si chiama?»
«Terre dell'Est.»
«Non è quindi dove siamo già stati.»
«No, non è quello.»
«E come mai hai mentito?»
«Non volevo, né io né gli altri due "amici", che tu ci ficcassi il naso.»
«Va bene... insomma, Mustafà era un bel limone da spremere... ma alla fine, questi soldi li avete incassati?»
«No... non c'è stato il tempo.»
«Comunque ne dovrò parlare con il Commissario.
Domani mattina ti aspetto per il meeting.
Ora chiamo Giacinto... divertiti.»
Randolfi come Gomorra... ma poi che ne so io di Gomorra!
Si è fatta mezzanotte, ma io devo riferire a Giacinto.
«Pasquale, ma tu non dormi mai? Da chi hai saputo tutte queste belle notizie?»
«Da Erika.»
«Giacinto, domani mattina ti aspetto in ospedale alle otto; vieni con almeno due ispettori, fatti fare il mandato di perquisizione dal Magistrato... sono sicuro che troveremo qualcosa al bed and breakfast.»
«Ok... a domani.»
Ci muoviamo come elefanti in una vetreria; non abbiamo né esperienza, né competenza; non rispettiamo le priorità; abbiamo parlato a destra e a manca, senza un preciso criterio, senza una vera riflessione, tanto meno un sospetto indiziario: niente!
Ma non si può incolpare nessuno: in Questura sono tutti alle prime armi, sia il Commissario sia gli ispettori.
Il Pubblico Ministero, che per legge dovrebbe condurre le indagini, mi sa che di questo strano omicidio non gli importi nulla.
E il Questore, meno che mai... insomma, inesperienza e lassismo: un connubio perfetto!
E i risultati sono questi: si naviga a vista.
Domani è domenica, e siamo al terzo giorno dall'omicidio; dovremmo finalmente fare un sopralluogo con perquisizione al bed dove si appoggiava Mustafà.
Finalmente!
Dalla finestra aperta della cameretta arriva un venticello di grecale che dà sollievo a tutti.
Prendo la bottiglia di acqua gassata e inizio a bere come un trombettiere dei bersaglieri.
Poi il sonno mi avvolge: senza che me ne accorga, passo dalla veglia, alla semiveglia ed infine al sonno.
E lui porta con sé i ricordi dell'infanzia:
i ricordi dei periodi in cui trascorrevo parte delle estati con il nonno a Bitetto.
«Lino! Lino!» urlava il nonno quando tutti e sei noi nipoti facevamo salti e capriole sulle montagnole delle bucce delle mandorle.
Il sogno vissuto arriva prepotente... mi occupa tutto il pensiero, la volontà, il desiderio.
Siamo senza controllo, abbiamo tutta la libertà, senza freni, senza divieti e senza paure, anche quando...
«Lino, ma che è successo qui alla gamba?»
«Niente, zia... niente...»
«Come niente?!»
«Non hai dolore? Questi sono tre grossi foruncoli pieni di pus... lo devo dire a tuo padre.»
«Ma no... non è niente, zia.»
«Andiamo, andiamo a giocare!» urlo a tutti, sorelle e cugini.
Poi niente...
Poi sulle gambe:
«Lino, ma qui ci sono queste cicatrici, cosa hai fatto?»
«Niente, mamma... niente... non mi ricordo.»
E così, nel sogno vissuto, ad alta voce commento:
«Così mi ammalavo e così guarivo da bambino», sereno e senza pensieri, che i foruncoloni senza terapia si sarebbero potuti trasformare in favi, e i favi in sepsi, e la sepsi...
E Marina mi accarezza il viso...
«Lino... Lino... come sei bello!»
Marina si piega su di me per abbottonarmi la camicia, e sento le sue grosse mammelle, prima sfiorarmi e poi strofinarmi il petto!
Poi, una volta arrivata all'ultimo bottone in basso, mi slaccia i pantaloni corti, mi infila la camicia fino alle cosce e, con un movimento che vuole far passare come involontario, mi prende il pene, già in erezione, nelle mani, mi stampa un bacio sulla bocca e ripete...
«Lino... Lino... come sei bello.»
Mi sveglio di soprassalto...
Tutta colpa della sertralina... penso... eh sì... colpa sua...
e mi addormento subito dopo, mentre Marina riappare...
la nostra trentenne giunonica donna di servizio.
  • Antonio Marzano
  • dottor Antonio Marzano
Morte di un gettonista

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Racconto giallo a cura del dott. Antonio Marzano

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