Capitolo ventiseiesimo

«Vieni - mi dice la collega ginecologa - andiamo nella stanza medici»
Siamo una di fronte all'altro, eppure non riusciamo a dire una parola... io mi sento ingabbiato in un ruolo che non mi appartiene e non oso pensare a cosa stia pensando lei... fino a quando...
«Senti Pasquale, anche io, come tutti qui da ieri l'altro, non faccio altro che pensare a questa tragica, assurda, dolorosa storia.
E devi sapere che qui, a Randolfi, come in tutti — ti dico in tutti — gli ospedali in cui ho servito come ginecologa, e sono tanti fino ad ora, le storie vanno tutte nello stesso modo, posto più, posto meno.
Le storie dei tradimenti, delle relazioni clandestine, con lo sdoganamento dei rapporti sessuali che si è venuta a creare da entrambe le parti, non è più un vero ed insormontabile tabù. O ci si separa o si trova un tacito accordo in modo che la vita possa procedere per entrambi nel migliore dei modi.
Forse lo avrai saputo, ma qui, tranne qualche rara eccezione, vige il libertinaggio totale.
«Che ne pensi?»
«Se lo dici tu»
«Lo stesso discorso vale per gli interessi economici: la concussione, la corruzione, gli interessi privati in atto di ufficio, il complice coinvolgimento dei sindaci e delle amministrazioni comunali. Tutto normale dappertutto e tutti vogliono che le cose rimangano così, che non ci siano scandali, tanto meno un omicidio.»
«Questo fatto non giova a nessuno e mai, e per nessun motivo, si sarebbe arrivati ad uccidere... e chi poi...? Un anonimo giovane medico pediatra libanese non strutturato, con un incarico provvisorio, che tra l'altro era arrivato da una decina di giorni...?!
Impossibile.»
Hai visto la TV locale e nazionale...? È un continuum e più aumentano i servizi, le interviste, più c'è il rischio che qualcosa salti fuori.
Ai piani alti non vedono l'ora che questa storia si chiuda con o senza il colpevole.
«Ed è anche da scartare l'ipotesi di un omicidio su commissione partito da Marsegno. Il primario mi ha detto che nei tre giorni trascorsi lì, non è successo niente di serio, anzi, Mustafà è stato corretto ed educato ed ha lasciato un bel ricordo.»
«Ha detto che la pista del suo ospedale è senza fondamento.»
«E allora cosa ci rimane?» dice la collega. «Il suo passato a Beirut ed ad Atene. Il passato affettivo, familiare, sociale, politico... magari sono proprio questi i motivi che lo hanno obbligato a venire in Italia. Non è stata una scelta ma una fuga?!»
«Ma come sei arrivata a queste conclusioni?
È mai possibile che in questo ospedale la corruttela sia a tutti i livelli, non è che hai esagerato? Non è che stai facendo di tutta l'erba un fascio?»
Ma possibile che non ci sia stato da parte di nessuno, ed ora anche da parte tua, non ci sia un momento di dolore, di angoscia, di paura...
Insomma, qui l'altra notte è stato sgozzato un ragazzo e nessuno ha detto una parola di cordoglio.
Pensa a cosa stanno provando i genitori, la moglie, i figli: lascia due figli piccoli, orfani... è una storia terribile.
Ed io cosa vengo a sapere? Che questo ospedale è un verminaio!!
Non ci posso credere.
Vorrei andarmene, ma la polizia ed il magistrato mi hanno entrambi detto che, fino a quando non prendiamo il colpevole, è come se io fossi agli arresti domiciliari...
«Che dici, collega?»
«E cosa potrei dirti oltre quello che ti ho detto... mi dispiace...»
«Forse hai ragione tu»
«A questo punto è più opportuno che si vada noi lì a fare qualche domanda... che ne pensi?»
«Credo sia un'ottima idea»
«Grazie collega, ne parlerò con il commissario di polizia e vediamo di organizzarci»
«Ciao Pasquale, alla prossima... se mai ci sarà...»
Si sono fatte le 16.
Ho bisogno di un tramezzino.
Poi chiamerò Giacinto... il suo silenzio mi preoccupa.
Il telefono trilla tre volte prima che Giacinto mi risponda... poi
«Dottore, come stai?»
«Tu come stai... ti sei dileguato... che è successo?»
«Niente di serio, ho avuto una tonsillite e mi sto curando con gli antibiotici, ma ora sto meglio»
«Giacinto, devo aggiornarti sulle conversazioni che ho avuto qui in ospedale»
«Dottore, tu mi sottovaluti»
«In che senso??»
«Ma credi veramente che sia tu il primo a fare queste domande in giro?... io so tutto e ti ho dato il permesso di farle. Ma prima di te sono arrivati i miei ispettori»
«E quindi?»
«E quindi, come hai detto alla tua collega ginecologa, dobbiamo andare prima a Beirut, poi ad Atene.
Ho contattato i colleghi libanesi e ci siamo intesi. Ci aspettano lunedì. Tu intanto avvisa il tuo amico Satir che hai rimandato a casa. Digli di tornare qui domani, dormirà in un bad.
L'aereo parte da Bari alle 11, per cui dobbiamo muoverci intorno alle 7.»
«Comandi!»
«Non scherzare, dottore»
«Non scherzo affatto... se non ti avessi chiamato io...»
«Tranquillo... mi hai anticipato di poco... stavo per chiamarti»
«Va bene... lunedì alle sette sono da te in Questura»
La comunicazione si chiude... ma come ha fatto a seguire tutti i miei movimenti?... mah...
Il sabato trascorre velocemente, mentre Rebecca mi osserva incuriosita.
«Rebecca, novità sostanziali non ce ne sono»
«Ho sentito che lunedì vai via...»
«Sì, così ha detto il Commissario... che dici... posso offrirti una pizza stasera? Naturalmente sei mia ospite. Ti va?»
Rebecca mi scruta con attenzione, portandosi una mano tra i suoi capelli e con quel movimento così tipico delle donne, li spinge indietro, inarcando il collo.
Poi, con un sussurro della voce ed un sorriso appena accennato...
«Certamente, dottore... come posso dirle di no»
Il tono della risposta, ho l'impressione, apra tutto un programma... ma non intendevo altro che consumare una pizza.
Tuttavia preferisco mantenere un doveroso riserbo.
Sono sempre, e da sempre, stato un inconcludente in queste cose, per cui, al momento opportuno, mi fermerò, ammesso che la mia sia stata una percezione esatta.