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Alessandro Ricchiuti: «Da troppo tempo Bisceglie vive una sensazione diffusa di sospensione»
Ricchiti lancia un appello all’unità delle forze civiche e politiche
Da troppo tempo Bisceglie vive una sensazione diffusa di sospensione. Sette anni — cinque più due — in cui le grandi parole non si sono trasformate in scelte, e le scelte non sono diventate risultati. Nel frattempo, la città si è fatta più fragile: il commercio di vicinato fatica, il centro storico alterna momenti di vivacità a giornate di abbandono, l'igiene urbana è lacunosa, il malcostume prende coraggio dove la presenza delle istituzioni arretra. E nelle vie più battute si vedono ragazzini che fanno da vedette o corrieri dello spaccio, come se fosse normale. Non lo è. E non può diventarlo.
Questa fotografia non nasce dalla polemica, ma dall'esperienza quotidiana di chi lavora, abita, investe, cresce figli qui. Se un turista passa ma non torna, se un imprenditore esita prima di aprire, se un giovane guarda altrove, significa che abbiamo perso la trama che tiene insieme decoro, sicurezza e sviluppo. Non bastano gli annunci né i ringraziamenti a ondate: serve un impianto stabile, visibile, verificabile. E serve ritrovare una direzione comune.
In questi sette anni sono mancati tre pilastri semplici. Il primo: una sicurezza di prossimità, con presidi visibili della Polizia Locale almeno fino a mezzanotte nelle aree sensibili, un controllo di vicinato serio e tecnologie che funzionino davvero (telecamere operative, manutenzione certa, canali di segnalazione rapidi). Il secondo: un centro storico trattato come un bene prezioso — regole chiare su orari, carico-scarico, decoro, spazi per cultura e botteghe — perché è lì che si misura la qualità urbana. Il terzo: un turismo che non resti numero su una tabella, ma diventi filiera corta, spesa locale, lavoro vero. Finché questi tre livelli non si parlano tra loro, la città resterà a metà.
C'è anche un tema di metodo. Gli obiettivi pubblici devono essere pochi, misurabili, con un cronoprogramma trasparente e una rendicontazione periodica comprensibile a tutti. È così che si ricostruisce fiducia: prometti poco, mantieni tutto, comunica con i numeri e con i fatti. E quando qualcosa non funziona, si corregge la rotta — senza alibi.
A chi tocca farlo? Qui sta il punto. In questi anni la frammentazione ha vinto: sigle, liste, micro-leadership hanno occupato il tempo che sarebbe servito alla visione. È il momento che tutte le forze politiche e civiche che credono nella libertà economica, nel merito, nella sussidiarietà e nella legalità si siedano allo stesso tavolo. Non per una foto, ma per un patto. Un patto che dica con chiarezza: questa è la direzione, questi sono i tre-quattro cantieri che apriamo subito, questi gli standard minimi su sicurezza, decoro e servizi, questi i tempi. E soprattutto: questa è la classe dirigente che si assume la responsabilità di portare a casa i risultati, indicando un candidato sindaco all'altezza della sfida.
Non si tratta di "contro" qualcuno, ma "per" la città. Perché una comunità si ricuce così: presidio del territorio "palmo a palmo", rispetto delle regole senza eccezioni, pulizia come biglietto da visita, centri storici curati e vivi, imprese messe in condizione di lavorare e crescere. Gli strumenti ci sono — anche i canali di finanziamento per sicurezza e legalità, innovazione e interoperabilità dei controlli — ma senza una regia unitaria restano lettera morta.
Bisceglie non può più permettersi altri anni di attesa. Servono meno post e più cantieri, meno slogan e più scelte. Se chi crede nell'impresa, nella concorrenza leale e nella responsabilità pubblica ritroverà unità e metodo, la città potrà rimettersi in moto. L'alternativa è continuare a galleggiare. E galleggiare, alla lunga, significa affondare lentamente.
È il momento giusto per cambiare passo: un tavolo, un patto, una coalizione larga e competente che esprima una nuova classe dirigente e, con essa, un sindaco capace di guidare una stagione di normalità ambiziosa. Non serve altro che questo: unità, merito, responsabilità. Il resto verrà di conseguenza.