Carlo Bruni
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Politica

Da Carlo Bruni un nuovo durissimo attacco ad Angarano

«Sono colpevole di aver lavorato per la crescita culturale della città»

«Per quanto sia contento delle parole di apprezzamento ricevute da parte di Francesco Spina e Vittorio Fata, fra gli interventi che mi hanno coinvolto nell'ultimo consiglio comunale di Bisceglie mi ha gratificato soprattutto quello in risposta del Sindaco Angarano: un chiarimento esaustivo delle ragioni che lo hanno portato alla demolizione di quel progetto teatrale cittadino titolato sistemaGaribaldi». È quanto osservato da Carlo Bruni in una nota inviata a BisceglieViva.

«Finalmente ho capito di essere stato autore di un sistema clientelare e politicizzato che ha discriminato e impedito alla voce di molte associazioni la possibilità di esprimersi. Mi sorprende come il Sindaco abbia potuto rinviare questa sua "scelta" per tanto tempo e confido sinceramente possa trovare più proficue soluzioni, rispondendo così alle esigenze di tutti i soggetti proditoriamente da me esclusi» ha ironizzato.

«Confesso di aver abusato del potere conferitomi così sbadatamente dai suoi predecessori, attenti più ad un banale profilo professionale che alle doti necessarie al servilismo politico e di aver esercitato le scelte che competono da millenni a una direzione artistica, proprio distinguendola da quella politica che adesso si è inteso instaurare, confondendo, com'è ormai d'uso comune, piani che andrebbero saldamente distinti.

Confesso di aver esercitato quelle scelte dovute ad una direzione culturale e artistica, aggregando soggetti che ritenevo pertinenti e che ho riservato una faziosa attenzione alla crescita culturale e a quella di una nuova generazione di spettatori e operatori, piuttosto che all'intrattenimento televisivo e al botteghino. E certo devo anche confessare di non aver potuto garantire in questi ultimi anni spazi al teatro amatoriale, alle scuole, ai circoli, alle associazioni cittadine, per non averne avuto più la disponibilità.

Ricordo, a beneficio degli smemorati, a tre mesi dall'insediamento della nuova amministrazione, nel novembre 2018, la chiusura "temporanea" del Garibaldi (la promessa fatta in conferenza stampa fu che avrebbe riaperto in primavera) e la destinazione di Santa Croce a deposito di libri: scelte forse non particolarmente coerenti con l'obiettivo di garantire a questi famosi esclusi gli spazi che mi si attribuisce aver negato» ha rilevato.

«Confesso di aver costretto con insistenze insopportabili l'amministrazione a partecipare ad un bando ministeriale per il recupero del Festival Mediterraneo, di aver ottenuto cospicui fondi per un corso di formazione coreutica di livello internazionale, di aver vinto due bandi della Chiesa Valdese per finanziare "Il tempo dei piccoli", 4 bandi della Regione Puglia e di aver coperto totalmente con risorse private un progetto come 42 gradi, senza mutare il mio compenso lordo per gli otto anni di direzione, inferiore a quello di un usciere.

Ricordo di aver generalmente raddoppiato e talvolta triplicato il valore dell'investimento comunale per le attività del "sistema" attraverso il reperimento di fondi pubblici e privati, disegnando un arcipelago d'iniziative ben oltre i confini di un ordinario cartellone teatrale, concependo il Teatro cioè come un laboratorio permanente, collaborando con librerie, associazioni, chiese, frantoi, scuole di ogni ordine e grado, per portare a Bisceglie figure di spicco nel panorama internazionale e sprovincializzarne l'attitudine condominiale» ha aggiunto.

«Ricordo che, sfidando con mille soluzioni alternative l'asfissia che la chiusura degli spazi deputati avrebbe procurato, ho cercato comunque di mantenere alto il livello delle proposte e il nome del Garibaldi, grazie a format come: Maestri e margherite, Prospettiva Newsky, il Circo in piazza, Teatri di confine, il Tempo dei piccoli, 42 gradi…».

Bruni ha evidenziato: «Per i lavori al Garibaldi, in assenza di una vera ricognizione delle necessità e delle risorse, si sarebbe potuti procedere per step, associando i mesi di apertura e quelli per l'avanzamento lavori (sfido chiunque a dimostrare che in questi quattro anni si sia lavorato alla ristrutturazione complessivamente per più di sei mesi). Ma la scelta di chiudere mi sembrò da subito assolvere un altro compito. Compito confermato quattro anni dopo: togliere dalle mani di Carlo Bruni un Teatro ridotto ad un pericoloso spazio di aggregazione clandestina, dove addirittura s'insegnava l'italiano ai negri, si tenevano spettacoli corrompendo i cuori puri dei più piccoli e si bivaccava nel foyer, fra una produzione e l'altra, per risparmiare su ogni cosa tranne che sui contenuti. Contenuti sempre esaltati dal pubblico e dalla stampa ma valutati da questa amministrazione, senza averli mai verificati, come faziosi e inadatti alle esigenze di un pubblico considerato pregiudizialmente ignorante.

Sono colpevole, è vero, ha ragione Angarano. Certo, considerando il tempo che ci ha messo per punirmi, qualche dubbio sulla sua capacità amministrativa se lo dovrebbe porre. Magari – lo spero veramente - dopo cinque anni potrà fregiarsi della riapertura di un contenitore agibile ma senza contenuti: un vecchio vizio che ha consumato il sud e sprecato tutte le sue risorse in cattedrali nel deserto e intrallazzi. Purtroppo un Teatro che funziona, quando lo fa nel rispetto del suo senso profondo, non è mai subordinato al potere di chi governa e alimenta la coscienza critica dei cittadini che lo abitano: dunque è pericoloso. È un luogo dove s'impara faticosamente ad essere comunità, non un'industria del consenso. È lento il suo agire, ma profondo e questo, per chi preferisce che il popolo sia bue, è veramente, visceralmente, insopportabile».

Carlo Bruni ha infine specificato: «Chiamato in causa personalmente, ho abusato del singolare, omettendo di sottolineare adeguatamente quanto i meriti della nostra impresa siano stati frutto di un gruppo appassionato, competente e coeso, oggi smembrato dall'ottusità».
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