Il capobanda del clan siciliano che spacciava soldi falsi
Il capobanda del clan siciliano che spacciava soldi falsi
Cronaca

Fermata la banda siciliana che spacciava soldi falsi anche in Puglia

L'accusa è di associazione a delinquere finalizzata al traffico di banconote false

La Sicilia, la Calabria e la Puglia. Agiva anche sul nostro territorio il sodalizio retto da un 42enne di Adrano, in provincia di Catania, vecchia conoscenza delle forze dell'ordine.

Un vero e proprio tour de force nel meridione d'Italia per raggranellare soldi, grazie al cambio con banconote false. A tagliare la testa dell'organizzazione ci hanno pensato i finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania che hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltagirone, su richiesta della Procura.

L'accusa è di associazione a delinquere finalizzata al traffico di banconote false. A capo dell'organizzazione, Antonino Liotta, condotto presso il carcere di piazza Lanza. Con lui, altre tre persone per le quali è stata disposta la misura degli arresti domiciliari.

L'attività investigativa svolta dai finanzieri del gruppo di Caltagirone ha messo in luce l'esistenza del sodalizio criminale dedito al traffico di false banconote da 100 euro nel circuito nazionale, garantendosi illeciti e reiterati guadagni in danno di ignari commercianti.

Grazie alle intercettazioni telefoniche sono state ricostruite le varie fasi attraverso le quali gli indagati spacciavano le banconote false nei territori di numerose province dell'Italia del Sud e in tutta la Puglia.

Vittime erano i titolari di piccoli esercizi commerciali (quali negozi di ceramiche artistiche, ferramenta, lavasecco, enoteche, ottici, rivendite di generi alimentari e frutta, panifici, paninoteche, profumerie), prediligendo quelli privi di dispositivi di controllo delle banconote o di impianti di video-sorveglianza.

Talvolta, tuttavia, neppure la presenza di dispositivi per il riconoscimento delle banconote false e l'attenzione prestata dagli esercenti hanno impedito la consumazione del reato. Gli indagati, infatti, in alcuni casi, sono riusciti a truffare i commercianti più cauti e sospettosi dicendo loro di essere degli appartenenti alle forze di polizia, così ingenerando nelle vittime la fiducia che il denaro fosse legale.

E, infatti, l'indagine trae origine proprio dalla denuncia di uno di questi commercianti che aveva ricevuto banconote false per il pagamento della merce acquistata da uno degli arrestati spacciatosi come appartenente alla Guardia di Finanza
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