Morte di un gettonista
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Morte di un gettonista

Capitolo trentaduesimo

Giallo a puntate firmato dal dott. Antonio Marzano

L'ispettrice tira fuori la fotografia dalla custodia di plastica e, come una reliquia preziosa, la porge sul tavolino.
Abbiamo tutti gli occhi concentrati su di lei e, senza toccarla, la osserviamo con tanta intensità, tanto da desiderare che prenda voce.
Gli occhi di Mustafà sono languidi, un tenero sorriso è stampato sulle labbra e la sua mano destra è stretta a quella sinistra dell'amica.
È leggermente girato verso di lei, con la spalla destra sfiora la sinistra della ragazza.
Lei ha un sorriso smagliante, una smorfia di felicità le illumina il viso. Il cappello appena calato sulla fronte ed un vestitino bianco di lino, trasparente, pudicamente le copre il florido corpo. La scollatura è generosa ed attraverso di essa il seno rapisce i nostri attenti sguardi.
Siamo tutti in silenzio, trascorrono i minuti e lui si fa sempre più profondo, rispettoso, doloroso, inquietante, commovente.
La felicità di Mustafà si è trasformata in una tragedia.
Mustafà è stato ucciso, in Italia, a Randolfi, in ospedale: è pazzesco!!
Sento i respiri pesanti di tutti i presenti, quando Giacinto rompe il silenzio:
«Allora... che ne pensate...? Parlate.»
È pudore, è rispetto, è dolore... nessuno apre bocca!
«Avete bisogno di una spinta? Anche tu, Pasquale?»
Giacinto si veste di sicurezza e di autorità, ma...
«Pasquale... e dì qualcosa... ti sei ammutolito?»
«Commissario» — è l'ispettrice a parlare — «questa splendida foto scattata da mano esperta ci dice molto.
«E sapete perché dico così della foto? Perché tanti anni fa, in occasione di una vacanza, chiesi a mio padre la sua macchina fotografica, una Nikon F3. Una macchina fotografica eccezionale, una macchina fotografica giapponese, che ha documentato, in mani esperte, la guerra del Vietnam. In mani esperte...
Quando tornati a casa il fotografo sviluppò le foto, solo la foto scattata da un giovane turista giapponese a Vienna era una foto degna di chiamarsi fotografia; quelle scattate da me e da mio marito erano sfocate, mosse, con una luce sbagliata: uno schifo.
Questa foto è stata scattata da una macchina professionale e da una mano esperta.»
«Ma tutta questa bella storia non mi sembra ci aiuti a capire chi sia questa ragazza, quando l'abbia conosciuta e che ruolo abbia in tutta questa storia» dice l'ispettore.
«Sì... però...» dico io.
«Però cosa?» risponde l'ispettore.
«Però» dice Giacinto «proviamo a riflettere... e prima cerchiamo qualcos'altro che possa interessarci.»
Non troviamo altro né nelle tasche dei pantaloni, né in quelle dell'unica giacca appesa nell'armadio. Niente nel cassetto sotto la scrivania, né in quello sotto il comodino. Anche in bagno troviamo solo l'essenziale per l'igiene di Mustafà.
«Chiama la scientifica» dice Giacinto all'ispettore. «Ma credo che questa foto sia molto importante e non è l'unica cosa che abbiamo.»
«Sediamoci e proviamo a riflettere» dice Giacinto:
«La foto è stata scattata ad Atene, e questo è fin troppo evidente.
L'abbigliamento della ragazza ci fa supporre che siamo in estate e quindi, orientativamente, dal mese di maggio al mese di settembre.
La ragazza può essere una studentessa o una turista.
C'è una relazione con la sagoma ripresa dalle telecamere di sorveglianza mentre entra e mentre esce dall'ospedale?
Potrebbe essere lei l'autrice del delitto; o può essere un'amica della ragazza, o una parente della ragazza, o non esserci nessun legame con la ragazza.
E poi Mustafà, presso la sua Università, ha preso la specializzazione in pediatria, per cui potrebbe aver perso la testa per questa ragazza, e la moglie potrebbe esserne venuta a conoscenza ed essersi vendicata uccidendolo.
Ma se fosse questa un'ipotesi investigativa corretta, può una donna libanese venire in Italia, raggiungere Randolfi, entrare in ospedale di notte, raggiungere il reparto di pediatria e, senza lasciare traccia e senza far rumore, sgozzare il marito e andar via?
Che ne pensate?»
«Pasquale, che ne pensi?»
«Giacinto, il tuo ragionamento fila perfettamente, così come sono certo che una moglie tradita e vendicativa può organizzare e realizzare, da sola o con la complicità dei suoi genitori, cui lascia i figli, un progetto criminoso così audace e terribile.»
L'ispettore annuisce... ma poi...
«Non sono molto convinto di questa ipotesi... c'è qualcosa che non mi convince...
E va bene che non la conosciamo e che è libanese... ma può una donna decidere a sangue freddo di uccidere il padre dei suoi figli, come se fosse una decisione come un'altra, per una relazione extraconiugale del marito?
Mi sembra assurdo!»
«E tu, signorina ispettrice, che ne pensi?»
«Concordo con il collega ispettore: non ho una mia ipotesi, almeno in questo momento, ma l'ipotesi dell'assassina in trasferta non mi convince.»
«E allora credo che il volo a Beirut prima e ad Atene dopo sia opportuno.» dice Giacinto.
  • Antonio Marzano
  • dottor Antonio Marzano
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Racconto giallo a cura del dott. Antonio Marzano

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