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Morte di un gettonista
Capitolo trentesimo
Giallo a puntate firmato dal dott. Antonio Marzano
martedì 1 luglio 2025
Sono le 6 e 30 quando apro gli occhi.
La nottata è andata bene. Nessun accesso dal pronto soccorso.
Dalla finestra aperta intravedo un cielo limpido di luglio. Il vento di grecale mi accarezza il viso.
Dalla porta sento il rumore del carrello della colazione, i passi dell'infermiera che ha dato il cambio a Rebecca.
Dopo l'igiene personale, apro la porta e raggiungo il distributore delle merendine, dell'acqua e del caffè.
Domenica in ospedale di Randolfi e con una spada di Damocle sulla testa: a 69 anni anche un omicidio da vivere.
Penso alla giovane età di Giacinto, al suo primo incarico, al comportamento "curioso" del Questore e del Magistrato... insomma, forse impegnati in altre vicende, oppure entrambi, in accordo, avranno deciso di mettere alla prova il giovane Commissario...
Chissà!!
Comunque meglio così!
Ne verremo a capo... e con le nuove scoperte mi sa che il cerchio comincia a stringersi...
Quella lontana notte di fine estate di tanti anni fa, raggiunsi la tua abitazione, il cui doloroso ricordo non mi abbandonava;
le mie risorse psicologiche erano al lumicino, quando improvvisamente, in un pomeriggio di tanti anni fa, di fronte alla mia Università e in compagnia del mio caro amico Nicola, ebbi una crisi di pianto esplosiva che mi prostrò completamente. Tanto si spaventò Nicola che esclamò: «Non ho mai visto nessuno soffrire così per il dolore da fine relazione...»
In quel momento non la conoscevo tutta la storia, ma poi, a distanza di tempo, la storia la conobbi, e fu allora che capii che Nicola si sentiva responsabile della mia condizione.
Assorto in questi assurdi, lontani ed inopportuni pensieri, mi raggiunge la voce di Giovanna.
«Dottore, è appena arrivato al computer il referto dello striscio di Michelino: positivo!!»
«E bravo al nostro pensionato: e io che ero convinta che non solo lei, ma tutti i medici pensionati fossero ormai rimbambiti... invece... e solo con la notizia che Michelino era stato portato in vacanza in Kenya...»
«Giovanna, ora andiamo a dare la notizia alla madre e ad organizzare il trasferimento.»
«Dove lo trasferiamo?»
«Aspettiamo che venga Erika. Lei magari è più esperta e più pratica di me.»
Sono circa le otto di questa domenica di luglio.
Tra poco arriveranno tutti, e magari anche Satir.
Squilla il telefono. «Anna...»
«Come stai, Pasquale?»
«Bene, bene.»
«Tra non molto verranno qui in ospedale Giacinto e gli ispettori.»
«Lui farà il punto della situazione e ci organizziamo: domani andiamo a Beirut.»
«Bene. Che questo viaggio alla ricerca di notizie e di testimonianze possa portare alla soluzione del mistero.»
«Bene. Ne sono certo.»
Le ometto le ultime scoperte, anche perché sento il vociare forte e perentorio dei poliziotti.
«Buongiorno Pasquale e buona domenica.»
«Dove ci sistemiamo?»
«Venite, venite» dice Giovanna, mentre compare Erika.
«Buongiorno Erika, ti stavamo aspettando.»
«Lo striscio di Michelino è risultato positivo.»
«Uau... e allora lo vado a visitare: io la malaria non l'ho mai vista.»
«E tu?»
«Io?»
«Io fisso ogni giorno... come non lo sai?!»
«A Glielfi la malaria è endemica!»
Una risata fragorosa esplode in infermeria...
«Oh... ma che ridete...?
Non avete nessun rispetto per un pediatra pensionato!!»
Erika si piega in avanti e non riesce a calmarsi!
«Pasquale sei terribile», esclama Giacinto. «A Glielfi la malaria è endemica!!»
«Beh, andiamo... basta dire chiacchiere!»
«Vai, Pasquale, vai... me la vedo io con Michelino.»
E così, scortati da Giovanna, ci accomodiamo in una camera a quattro letti.
Un'ispettrice e un ispettore sono presenti, Giacinto prende la parola:
«Ragazzi, facciamo il punto della situazione:
l'arma del delitto è stata trovata. Ora è dal medico legale. Ci dirà prima il gruppo sanguigno, se appartiene a Mustafà, e poi con il test del DNA avremo la certezza che è di certo l'arma del delitto.
Il test del DNA sul bulbo del capello rinvenuto sotto l'unghia del dito indice destro di Mustafà ha chiarito che il capello appartiene a una persona di sesso femminile, bianca, con occhi chiari, capelli rossi e che non fa uso di droghe.
Possiamo quindi concludere che è una giovane donna l'omicida, esattamente quella che le due telecamere di sorveglianza hanno ripreso all'ingresso della donna tutta coperta prima delle tre di giovedì notte e poi all'uscita dopo non molti minuti.»
«A questo punto questa donna deve conoscere bene l'ospedale e soprattutto il reparto di pediatria.
È stata veloce, determinata e feroce nel suo comportamento.
A chi state pensando?»
L'ispettrice: «A un'infermiera che non era di turno.»
«E tu?» rivolgendosi all'altro ispettore.
«Dottore, non saprei, non mi viene in mente niente... e poi, ammesso che sia stata un'operatrice sanitaria, cosa avrebbe scatenato tanta ferocia... mi sembra difficile.»
«E tu, Pasquale, che idea ti sei fatto?»
«E tu, Giacinto...?»
«Mi rimetto al tuo pensiero.»
«Ragazzi, come sapete per me questa è la prima indagine per omicidio.
Sono fresco di scuola di polizia, ma senza nessuna esperienza... e lo sapete tutti.
Eppure io un'idea me la sono fatta:
Pasquale, ti ricordi quando fin dal primo momento tu dicesti che il delitto ha origini lontane... e le origini ci portano domani a Beirut e poi ad Atene.
Ma anche questo non mi convince: a meno che il delitto non sia stato commissionato per ragioni politiche... e sia pure così... si affida un omicidio a una giovane donna che, dall'esame del DNA, non ha nulla di orientale... anzi...»
«Ora andiamo finalmente al bed & breakfast, quello vero...»
«Ma perché allora Erika ci aveva indicato un altro posto?» dice l'ispettrice.
«Perché Pasquale è venuto a sapere da Erika di un'altra storia che la dice lunga su queste "brave persone".»
«Andiamo... ve lo racconto in macchina.»
Il "Rifugio del Viandante" in realtà è un appartamento al terzo piano di un edificio anni '60 in mattoni ocra.
Si accede attraversando un breve corridoio esterno, alla cui sinistra c'è un giardino ben curato con piante di corbezzolo, lavanda e ginestra; un grande albero di quercia ombreggia un piazzale dove c'è un tavolino di metallo bianco con quattro sedie munite di cuscini fiorati e molto colorati.
Sulla destra c'è l'ingresso nel fabbricato.
Ci apre la porta a vetro smerigliato un uomo anziano e sorridente.
«Buongiorno: polizia», esclama Giacinto mostrando il tesserino.
«Buongiorno», risponde il signore con un'aria subito preoccupata.
«Che succede?»
«Abbiamo un mandato di perquisizione», dice il Commissario con un tono conciliatorio.
«Perquisizione??»
Mentre osserva distrattamente il documento.
«Commissario, mi dica che succede, cosa cercate, chi cercate...», mentre il nonnetto viene raggiunto e affiancato da una piccola donna con la schiena curva che si presenta come la moglie.
«Signor Palarosa, lei ha ospitato il dottor Mustafà Rambaied nella sua struttura?»
«Sì, certo... lo ospito ancora.»
«Il dottor Rambaied è stato assassinato giovedì notte in ospedale!!»
La signora impallidisce, ha una vertigine, ed io mi avvicino per sorreggerla. La accompagno fuori, l'aiuto a sedersi sulla comoda sedia poltrona di metallo, le sollevo le gambe e le poggio su una sedia di fronte munita di cuscino.
Poi entro nel fabbricato, alla destra c'è la porta d'ingresso, entro, vedo la cucina, prendo un bicchiere, lo riempio di acqua e lo porto alla nonnina.
Lei mi guarda e mi dice: «Grazie... grazie...»
«Sono un medico, signora, non mi ringrazi, ho fatto solo il mio dovere.»
La nottata è andata bene. Nessun accesso dal pronto soccorso.
Dalla finestra aperta intravedo un cielo limpido di luglio. Il vento di grecale mi accarezza il viso.
Dalla porta sento il rumore del carrello della colazione, i passi dell'infermiera che ha dato il cambio a Rebecca.
Dopo l'igiene personale, apro la porta e raggiungo il distributore delle merendine, dell'acqua e del caffè.
Domenica in ospedale di Randolfi e con una spada di Damocle sulla testa: a 69 anni anche un omicidio da vivere.
Penso alla giovane età di Giacinto, al suo primo incarico, al comportamento "curioso" del Questore e del Magistrato... insomma, forse impegnati in altre vicende, oppure entrambi, in accordo, avranno deciso di mettere alla prova il giovane Commissario...
Chissà!!
Comunque meglio così!
Ne verremo a capo... e con le nuove scoperte mi sa che il cerchio comincia a stringersi...
Quella lontana notte di fine estate di tanti anni fa, raggiunsi la tua abitazione, il cui doloroso ricordo non mi abbandonava;
le mie risorse psicologiche erano al lumicino, quando improvvisamente, in un pomeriggio di tanti anni fa, di fronte alla mia Università e in compagnia del mio caro amico Nicola, ebbi una crisi di pianto esplosiva che mi prostrò completamente. Tanto si spaventò Nicola che esclamò: «Non ho mai visto nessuno soffrire così per il dolore da fine relazione...»
In quel momento non la conoscevo tutta la storia, ma poi, a distanza di tempo, la storia la conobbi, e fu allora che capii che Nicola si sentiva responsabile della mia condizione.
Assorto in questi assurdi, lontani ed inopportuni pensieri, mi raggiunge la voce di Giovanna.
«Dottore, è appena arrivato al computer il referto dello striscio di Michelino: positivo!!»
«E bravo al nostro pensionato: e io che ero convinta che non solo lei, ma tutti i medici pensionati fossero ormai rimbambiti... invece... e solo con la notizia che Michelino era stato portato in vacanza in Kenya...»
«Giovanna, ora andiamo a dare la notizia alla madre e ad organizzare il trasferimento.»
«Dove lo trasferiamo?»
«Aspettiamo che venga Erika. Lei magari è più esperta e più pratica di me.»
Sono circa le otto di questa domenica di luglio.
Tra poco arriveranno tutti, e magari anche Satir.
Squilla il telefono. «Anna...»
«Come stai, Pasquale?»
«Bene, bene.»
«Tra non molto verranno qui in ospedale Giacinto e gli ispettori.»
«Lui farà il punto della situazione e ci organizziamo: domani andiamo a Beirut.»
«Bene. Che questo viaggio alla ricerca di notizie e di testimonianze possa portare alla soluzione del mistero.»
«Bene. Ne sono certo.»
Le ometto le ultime scoperte, anche perché sento il vociare forte e perentorio dei poliziotti.
«Buongiorno Pasquale e buona domenica.»
«Dove ci sistemiamo?»
«Venite, venite» dice Giovanna, mentre compare Erika.
«Buongiorno Erika, ti stavamo aspettando.»
«Lo striscio di Michelino è risultato positivo.»
«Uau... e allora lo vado a visitare: io la malaria non l'ho mai vista.»
«E tu?»
«Io?»
«Io fisso ogni giorno... come non lo sai?!»
«A Glielfi la malaria è endemica!»
Una risata fragorosa esplode in infermeria...
«Oh... ma che ridete...?
Non avete nessun rispetto per un pediatra pensionato!!»
Erika si piega in avanti e non riesce a calmarsi!
«Pasquale sei terribile», esclama Giacinto. «A Glielfi la malaria è endemica!!»
«Beh, andiamo... basta dire chiacchiere!»
«Vai, Pasquale, vai... me la vedo io con Michelino.»
E così, scortati da Giovanna, ci accomodiamo in una camera a quattro letti.
Un'ispettrice e un ispettore sono presenti, Giacinto prende la parola:
«Ragazzi, facciamo il punto della situazione:
l'arma del delitto è stata trovata. Ora è dal medico legale. Ci dirà prima il gruppo sanguigno, se appartiene a Mustafà, e poi con il test del DNA avremo la certezza che è di certo l'arma del delitto.
Il test del DNA sul bulbo del capello rinvenuto sotto l'unghia del dito indice destro di Mustafà ha chiarito che il capello appartiene a una persona di sesso femminile, bianca, con occhi chiari, capelli rossi e che non fa uso di droghe.
Possiamo quindi concludere che è una giovane donna l'omicida, esattamente quella che le due telecamere di sorveglianza hanno ripreso all'ingresso della donna tutta coperta prima delle tre di giovedì notte e poi all'uscita dopo non molti minuti.»
«A questo punto questa donna deve conoscere bene l'ospedale e soprattutto il reparto di pediatria.
È stata veloce, determinata e feroce nel suo comportamento.
A chi state pensando?»
L'ispettrice: «A un'infermiera che non era di turno.»
«E tu?» rivolgendosi all'altro ispettore.
«Dottore, non saprei, non mi viene in mente niente... e poi, ammesso che sia stata un'operatrice sanitaria, cosa avrebbe scatenato tanta ferocia... mi sembra difficile.»
«E tu, Pasquale, che idea ti sei fatto?»
«E tu, Giacinto...?»
«Mi rimetto al tuo pensiero.»
«Ragazzi, come sapete per me questa è la prima indagine per omicidio.
Sono fresco di scuola di polizia, ma senza nessuna esperienza... e lo sapete tutti.
Eppure io un'idea me la sono fatta:
Pasquale, ti ricordi quando fin dal primo momento tu dicesti che il delitto ha origini lontane... e le origini ci portano domani a Beirut e poi ad Atene.
Ma anche questo non mi convince: a meno che il delitto non sia stato commissionato per ragioni politiche... e sia pure così... si affida un omicidio a una giovane donna che, dall'esame del DNA, non ha nulla di orientale... anzi...»
«Ora andiamo finalmente al bed & breakfast, quello vero...»
«Ma perché allora Erika ci aveva indicato un altro posto?» dice l'ispettrice.
«Perché Pasquale è venuto a sapere da Erika di un'altra storia che la dice lunga su queste "brave persone".»
«Andiamo... ve lo racconto in macchina.»
Il "Rifugio del Viandante" in realtà è un appartamento al terzo piano di un edificio anni '60 in mattoni ocra.
Si accede attraversando un breve corridoio esterno, alla cui sinistra c'è un giardino ben curato con piante di corbezzolo, lavanda e ginestra; un grande albero di quercia ombreggia un piazzale dove c'è un tavolino di metallo bianco con quattro sedie munite di cuscini fiorati e molto colorati.
Sulla destra c'è l'ingresso nel fabbricato.
Ci apre la porta a vetro smerigliato un uomo anziano e sorridente.
«Buongiorno: polizia», esclama Giacinto mostrando il tesserino.
«Buongiorno», risponde il signore con un'aria subito preoccupata.
«Che succede?»
«Abbiamo un mandato di perquisizione», dice il Commissario con un tono conciliatorio.
«Perquisizione??»
Mentre osserva distrattamente il documento.
«Commissario, mi dica che succede, cosa cercate, chi cercate...», mentre il nonnetto viene raggiunto e affiancato da una piccola donna con la schiena curva che si presenta come la moglie.
«Signor Palarosa, lei ha ospitato il dottor Mustafà Rambaied nella sua struttura?»
«Sì, certo... lo ospito ancora.»
«Il dottor Rambaied è stato assassinato giovedì notte in ospedale!!»
La signora impallidisce, ha una vertigine, ed io mi avvicino per sorreggerla. La accompagno fuori, l'aiuto a sedersi sulla comoda sedia poltrona di metallo, le sollevo le gambe e le poggio su una sedia di fronte munita di cuscino.
Poi entro nel fabbricato, alla destra c'è la porta d'ingresso, entro, vedo la cucina, prendo un bicchiere, lo riempio di acqua e lo porto alla nonnina.
Lei mi guarda e mi dice: «Grazie... grazie...»
«Sono un medico, signora, non mi ringrazi, ho fatto solo il mio dovere.»