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Cronaca

Soldi e regali dal clan in cambio di informazioni, accuse pesanti per il carabiniere biscegliese

Secondo gli inquirenti avrebbe ottenuto - in concorso con un collega molfettese - favori e beni per circa 400 mila euro

La notizia dell'arresto di un carabiniere biscegliese in servizio a Giovinazzo, bloccato insieme a un collega molfettese, ha suscitato inevitabile scalpore specie per le pesanti accuse a suo carico: concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari e rivelazioni del segreto d'ufficio con l'aggravante mafiosa. L'appuntato, così come il pariruolo, è stato tradotto in carcere su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Bari. In cella anche il pregiudicato 41enne Mario Del Vecchio, ritenuto affiliato al clan Di Cosola, e un commerciante di 39 anni che avrebbe agito da intermediario tra i carabinieri e l'organizzazione criminale.

Somme di denaro erogate mensilmente (con importi compresi tra i 500 e i 1000 euro), persino un cesto natalizio ed elettrodomestici in regalo: gli inquirenti sostengono che il clan avrebbe "ricompensato" in questo modo i due appartenenti all'Arma, corrotti in cambio di informazioni riservate su indagini in corso nel lungo periodo compreso tra il 2012 e il 2018.

In base alle serrate indagini dei Carabinieri del Nucleo investigativo del Comando Provinciale di Bari, col coordinamento del sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia Federico Perrone Capano, che hanno portato alle ordinanze del giudice per le indagini preliminari Marco Galesi i due carabinieri avrebbero «ritardato indagini o rivelato particolari di inchieste sul clan, fornendo in alcune occasioni copie di verbali di collaboratori di giustizia».

In particolare «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» avrebbero ricevuto dai componenti dei Di Cosola «denaro e altre utilità per omettere o ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai doveri d'ufficio, al fine di favorire gli stessi e i loro sodali nei procedimenti penali che li vedevano coinvolti». Il riferimento è al «pagamento di una somma di denaro mensile ammontante, fino al 2015, a 1000 euro successivamente, ridotta a 500 euro».

Avrebbero inoltre rivelato, «in maniera continuativa, informazioni relative alle operazioni di polizia giudiziaria da compiersi e, comunque, in merito alle indagini in corso (anche fornendo i verbali, ancora coperti da segreto) di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in merito al sodalizio criminale o i provvedimenti restrittivi da eseguire, garantendo, altresì, copertura agli appartenenti all'articolazione di Giovinazzo del clan Di Cosola».

Inoltre i due avrebbero fornito dettagli «sui turni dei militari in servizio nella Stazione Carabinieri di Giovinazzo, degli orari in cui sarebbero avvenuti i controlli nei confronti degli affiliati sottoposti a misure coercitive» nonché - con l'aggravante di aver favorito i Di Cosola - avrebbero «consegnato, in tre distinte occasioni, documenti informatici e cartacei contenenti registrazioni e verbali di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia».

In cambio avrebbero ricevuto un cesto di Natale, un televisore e un robot da cucina. Uno dei due militari, inoltre, avrebbe ottenuto, secondo l'accusa, in cambio persino «l'indebito risarcimento del danno per un incidente stradale organizzato su sua richiesta per approfittare dell'indennità di servizio per la malattia».
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