Liceo scientifico-linguistico-coreutico
Liceo scientifico-linguistico-coreutico "Leonardo da Vinci"
Scuola

Coronavirus, il dirigente del liceo Modugno: «Nessuna sottovalutazione ma niente eccessi»

«La didattica a distanza è stata fondamentale, ma non potrà sostituire il fare scuola in presenza. Molto più probabile un'interazione fra le due opzioni»

La scuola, intesa come istituzione, è stata messa a dura prova da un'emergenza sanitaria senza precedenti ma non è stata e non sarà piegata. Il ricorso repentino alla didattica a distanza, pur con tutte le sue ombre, ha consentito la prosecuzione delle lezioni e permetterà la conclusione dell'anno scolastico 2019-2020. Ritenere che il metodo possa sostituire per sempre il valore dell'insegnamento tradizionale nelle aule, con docenti e studenti che si rapportano a stretto contatto è decisamente prematuro: lo ha evidenziato il professor Cristoforo Modugno, dirigente scolastico del "Leonardo da Vinci", in un'intervista rilasciata a BisceglieViva nella quale ha raccontato com'è stata fronteggiata la situazione al liceo.

«La nuova metodologia, dopo alcune perplessità iniziali superate grazie al progressivo miglioramento dell'organizzazione, ha riscontrato apprezzamenti da parte dei genitori e risultati positivi nel coinvolgimento dei ragazzi, che si sono sentiti responsabilizzati» ha spiegato. «Ho affrontato la situazione cercando di non sottovalutare alcun aspetto pur senza lasciarmi prendere dal panico ed evitando gli eccessi. Ho cercato di organizzare la vita scolastica lasciandomi guidare dal buon senso, dalla razionalità e dalla conoscenza delle norme, consultando sempre i miei collaboratori più diretti» ha affermato il dirigente.

Come valuta l'impatto del mondo della scuola in generale e dell'istituto che dirige con l'esigenza della didattica a distanza?
Le tecnologie a supporto della didattica a distanza hanno costituito uno strumento indispensabile e fondamentale per consentire alle scuole di fornire un servizio adeguato in un momento cruciale come quello che stiamo vivendo. E l'utilità si è rivelata non solo e non tanto sotto l'aspetto didattico quanto, piuttosto, sotto l'aspetto relazionale e della socialità che, soprattutto per i ragazzi in età adolescenziale, costituisce un elemento di vita estremamente significativo.
Certo, l'impatto immediato con questa nuova realtà non è stato semplice. Nella mia scuola i docenti, con grande professionalità e senso di responsabilità, hanno accettato da subito di cimentarsi con questa metodologia per la quale non avevano nemmeno un'adeguata formazione; e lo hanno fatto con passione, entusiasmo e generosità, sperimentando e supportandosi a vicenda per superare le difficoltà che via via si incontravano.
All'inizio c'è stata un po' di diffidenza, un disorientamento, qualche perplessità. Superato quel momento, anche grazie al buon supporto organizzativo, il processo formativo è andato a regime riscontrando apprezzamenti sinceri da parte dei genitori e risultati positivi nel coinvolgimento degli alunni che si sono sentiti responsabilizzati e consapevoli dell'importanza dell'azione.

Le differenze rispetto all'insegnamento tradizionale, si pensi al rapporto diretto tra docente e studenti, costituiscono un limite superabile in altre forme o ritiene imprescindibile il ruolo della scuola quale luogo fisico?
Io ritengo che ci siano elementi che contraddistinguono il fare scuola in presenza che siano insostituibili. Non si tratta solo del rapporto diretto tra docente e studenti, un rapporto comunque indispensabile e da non sottovalutare, perché il docente non è solo colui che trasmette cultura e fa sviluppare competenze, ma è anche una figura estremamente rappresentativa che incide nella formazione dei giovani con il proprio esempio, con le proprie opere, con il proprio pensiero.
Ma c'è anche da considerare il rapporto degli studenti tra di loro sia all'interno del gruppo classe che nell'ambito dell'intera comunità scolastica. La scuola, infatti, non è solo un luogo fisico in cui i ragazzi si recano per trascorrere metà della loro giornata nel chiuso delle aule; la scuola è anche un luogo di incontro, di scambio di idee e opinioni, un luogo nel quale nascono sentimenti, passioni, interessi; un luogo di conoscenza e di partecipazione alla vita civile e politica del paese; in una parola, un luogo di vita o, meglio, una "palestra vitae", mutuando il termine dagli antichi.
Soprattutto per i ragazzi delle secondarie di secondo grado, è a scuola che si va definendo il carattere, che si manifestano le inclinazioni e gli orientamenti professionali, che si comincia a delineare il personale percorso di vita, che si acquisiscono i principi e i valori del corretto vivere civile; è a scuola che si instaurano grandi amicizie che dureranno per tutta la vita; a scuola nascono i primi amori che, spesso, sfociano in rapporti solidi e duraturi.
Insomma, legato in modo imprescindibile al luogo fisico, è il clima che a scuola si crea che fa sì che essa diventi un posto nel quale si trasmette e si assorbe cultura, nel quale le potenzialità di ciascuno vengono potenziate e amplificate dall'essere parte di una comunità interculturale, inclusiva e solidale. Forse è una immagine un po' romantica della scuola ma, dopo 35 anni di lavoro, di esperienza, di impegno dedicati alla scuola, posso dire che essa rappresenta in grandi linee la realtà anche se i ragazzi, nel mentre vivono il loro percorso scolastico, forse non riescono a percepire appieno quanta importanza avrà il periodo trascorso sui banchi di scuola nella loro vita futura.L'emergenza sanitaria, è un luogo comune, muterà le nostre abitudini quotidiane. Quali ripercussioni crede possano esserci in termini di approccio nei confronti della scuola da parte delle varie componenti (insegnanti, personale Ata, studenti, famiglie)?
Questa crisi epidemiologica, che è tuttora in corso, è stata una cosa veramente notevole e sicuramente lascerà il segno per diversi anni. Essa ha fatto comprendere a tutti in modo evidente quanto la condizione umana sia fragile e quanto l'esistenza sia precaria e legata a fattori indipendenti dalla nostra volontà. Dovrà trascorrere molto tempo, forse alcune generazioni, a mio avviso, perché si torni alle usanze pre-crisi.

Alcune delle abitudini che abbiamo dovuto giocoforza acquisire rimarranno, nonostante l'esigenza e il forte desiderio da parte di tutti di tornare al più presto alla "normalità".

Nell'ambito della scuola credo che permarrà l'attenzione al distanziamento sociale, anche se di difficile applicazione nel contesto della singola classe, una maggior cura all'igiene, una responsabilizzazione e un rispetto nei confronti della sicurezza sanitaria propria e altrui.

Sicuramente il patrimonio di esperienze acquisite nell'utilizzo delle tecnologie non dovrà andare disperso, non in sostituzione della didattica tradizionale ma, probabilmente, in affiancamento ad essa, per fornire forme di supporto allo studio individuale e consentire l'acquisizione delle competenze da parte degli studenti secondo tempi e percorsi veramente individualizzati.

Le tecnologie di comunicazione a distanza potranno essere sfruttate utilmente anche per il coinvolgimento e l'interazione delle famiglie con la scuola nel rispetto delle esigenze lavorative e per evitare inutili e faticose code e assembramenti per i colloqui. Già utilizzate parzialmente nel disbrigo delle pratiche amministrative, le tecnologie informatiche dovranno essere ulteriormente potenziate di modo che l'accesso ai servizi amministrativi (le iscrizioni, le richieste di certificati, ecc.) siano sempre più agevoli, alla portata di tutti e non comportino noiose perdite di tempo e assenze dal posto di lavoro.

In qualche misura si potrà/dovrà continuare a fare ricorso al lavoro agile perché in effetti è possibile svolgere un certo numero di attività direttamente da casa. Naturalmente ci sarà bisogno di interventi normativi e contrattuali per regolamentare questa forma di lavoro - ma credo fosse già nelle intenzioni del Legislatore da diverso tempo - dal momento che ad oggi la prestazione lavorativa è ancora basata sul controllo della quantità di ore trascorse fisicamente nel luogo di lavoro e non, piuttosto, su fattori qualitativi e di produttività.

Tornare fra i banchi al più presto, nel rispetto delle misure di sicurezza, è l'imperativo. Quali risorse può offrire il "da Vinci" in termini di spazi aggiuntivi per la didattica?
Purtroppo il Liceo "da Vinci" non ha la possibilità di destinare alla didattica spazi aggiuntivi. L'edificio è stato pensato e progettato sulla base di parametri e condizioni ben diversi da quelli che l'emergenza in atto richiede. Questo, tuttavia, credo che sia un problema comune a quasi tutte le scuole nel territorio nazionale. Forse le scuole che sono in contrazione numerica di iscrizioni possono fare affidamento su ambienti attualmente inutilizzati, essendo ospitate in edifici dimensionati per un fabbisogno relativamente più ampio rispetto a quello attuale. Il Liceo "da Vinci", invece, vede da alcuni anni un consenso in crescita per la propria offerta formativa; un apprezzamento che ha portato la popolazione scolastica ad un incremento di quasi 150 unità in quattro anni e ad un aumento di otto classi che, dalle 32 del 2016/2017, si accingono a diventare 40 nel 2020/2021.

L'edificio, dunque, nonostante alcuni interventi effettuati negli scorsi anni finalizzati a razionalizzare gli spazi e gli ambienti, è al limite della capienza e sarà già difficile nel nuovo anno scolastico garantire tutta la disponibilità di aule necessarie. Naturalmente, già da tempo prima che scoppiasse la pandemia, erano allo studio soluzioni per ampliare gli spazi utilizzabili, come ad esempio la creazione di un ambiente ampio e luminoso da destinare alla funzione di biblioteca, - una biblioteca intesa come un luogo di studio, un ambiente da vivere e non come semplice archivio polveroso di vecchi libri - con conseguente ri-destinazione dell'attuale ambiente ad aule didattiche. Idee che erano già state proposte e sottoposte agli Enti di riferimento, Provincia e Comune, e da essi avevano avuto la dovuta attenzione. Sicuramente, però, il concetto di "spazio aggiuntivo" può essere inteso in un modo più ampio rispetto a quello prettamente delimitato dalle quattro mura di un'aula. E, in questo senso, la scuola è pienamente attiva per rimanere sempre aperta per diventare sempre di più luogo di incontro e di aggregazione per i giovani, per gli studenti, per i professionisti della scuola.

Il ruolo del dirigente ha assunto una rilevanza cruciale in questa fase e sarà così soprattutto al momento della ripresa delle lezioni nelle classi. Una grande responsabilità attende lei e i suoi colleghi...
Per quel che mi riguarda, ho affrontato la situazione senza sottovalutazioni, ma anche senza lasciarmi prendere dal panico e senza eccessi. Ho cercato di organizzare la vita scolastica lasciandomi guidare dal buon senso, dalla razionalità e dalla conoscenza delle norme, consultandomi con i collaboratori più diretti, tenendomi costantemente informato sui provvedimenti che di volta in volta venivano emessi e cercando di interpretarli e attuarli efficacemente nel contesto della mia realtà scolastica. E nella stessa modalità operativa credo di agire nel prossimo futuro. È vero che sui dirigenti grava una grossa responsabilità ma questa, io penso, più che deprimere nella paura di non farcela o nel timore di inadeguatezza, deve essere considerata uno stimolo nel mettere in campo tutte le energie e le risorse professionali e caratteriali di cui si dispone per affrontarla.

Una tentazione nella quale bisognerà evitare di cadere è quella di assumere una posizione "attendista", cioè aspettare direttive precise e puntuali dall'alto, direttive da seguire pedissequamente per evitare di sbagliare. Un dirigente, a mio avviso, deve sapersi assumere le sue responsabilità e deve essere in grado di prendere decisioni, sulla base delle sue prerogative, della sua esperienza, delle sue competenze culturali, delle sue convinzione sempre nell'ottica di perseguire il bene pubblico e di garantire il diritto allo studio tutelato dalla Costituzione.
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