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La "Tito Campanella"
Attualità

Il mistero della "Tito Campanella", 35 anni dopo

Nel tragico affondamento della nave persero la vita 24 marinai fra cui il biscegliese Gennaro Simone

Sono trascorsi 35 anni dal tragico affondamento della "Tito Campanella". Un mistero sul quale non si è ancora fatta luce. Fra le 24 vittime del naufragio del 14 gennaio 1984 anche un biscegliese, Gennaro Simone. Oggi, nella memoria storica della comunità, restano pochissimi e sbiaditi ricordi di quell'avvenimento. Il tempo, i troppi silenzi e le imperdonabili omissioni sulla vicenda hanno cancellato l'accaduto dalla mente dei biscegliesi.

La "Tito Campanella", appartenente alla compagnia armatrice savonese Alfamar, salpò il 7 gennaio del 1984 dal porto svedese di Oxolesund con destinazione Eleusi, in Grecia. L'approdo sulle sponde dello Ionio, nel porto dell'Attica a pochi chilometri da Atene, previsto fra il 23 e il 24 gennaio, non avvenne mai. La nave, carica di 20 mila tonnellate di laminati, fece una sosta per il rifornimento nei Paesi Bassi, a Flushing, per ripartire il 12 gennaio. Il cargo trasmise le ultime comunicazioni radio il 14 gennaio: «Navigazione regolare nel golfo di Biscaglia. 100 miglia da Capo Villano (estremità della penisola iberica)». Tutto avrebbe lasciato presagire un imminente passaggio dall'Atlantico al Mediterraneo.

Secondo quanto ricostruito dall'inchiesta parlamentare condotta negli anni successivi, le condizioni avverse del mare (forza 8 con onde alte dieci metri per i bollettini dell'epoca) avrebbero provocato uno spostamento delle pesanti lamiere trasportate dalla nave con conseguente sfondamento di alcune paratie dello scafo nella stiva numero 5. La falla aperta avrebbe imbarcato tonnellate d'acqua in pochissimi minuti, ragione per cui l'equipaggio non sarebbe stato in grado di attivare le procedure di soccorso. Dei 24 occupanti, dal Comandante Luigi Specchi al primo ufficiale Alga Soligo (sua moglie nonché unica donna a bordo) fino al biscegliese Gennaro Simone, residente in vico Anchella come riportato da "L'Unità" il 23 gennaio 1984, più nessuna notizia. La Commissione d'indagine amministrativa nominata dal ministro della marina mercantile concluse i suoi lavori nel 1986: «La "Tito Campanella" è colata a picco a causa dello spostamento del carico».

Costruita nei cantieri Ansaldo di Livorno e varata il 25 giugno del 1961, la nave (con le 24 persone a bordo) è stata inghiottita dal mare e soprattutto dall'indifferenza. Nonostante i 175 metri di lunghezza, i 21 di larghezza e le 13342 tonnellate di stazza lorda. Cosa possa essere accaduto davvero sarà sempre più complicato accertare. Tutte le richieste di individuazione e recupero del relitto sono state disattese, fosse anche per stabilire il punto esatto in cui la nave è affondata (forse verso il Marocco, davanti a Capo Finisterre). E i familiari dei 24 membri dell'equipaggio si chiedono ancora il perché di tutto ciò.

Le illazioni, in quegli anni ancora segnati da forti conflitti ideologici, si sono sprecate. Un ex motorista (il fiorentino Fabio Bruni), dichiarò nel 1988 al quotidiano La Repubblica che la "Tito Campanella" avrebbe trasportato, in passato, mitragliatrici di fabbricazione sovietica, gas nervino e materiale radioattivo, che fu contattato anche per quel viaggio ma decise di tornare a terra. Circostanze mai verificate perché l'uomo non rilasciò alcuna testimonianza nel corso del processo che si chiuse con l'assoluzione in appello degli imputati.

Un'unità argentina ritenne di aver ricevuto un messaggio dalla nave italiana: «Abbiamo superato lo stretto di Gibilterra». È quasi sicuro che il cargo non abbia mai segnalato avarie né lanciato Sos.

I dubbi sull'affidabilità e l'efficienza del mezzo hanno caratterizzato fin dal primo momento tutte le inchieste e i reportages giornalistici, in cui furono presi in considerazioni gli esiti di una perizia svedese del dicembre 1983.

Resta un fitto mistero, che presta ancora il fianco, a distanza di 35 anni, a qualsiasi ipotesi di intrigo internazionale riguardo l'affondamento della "Tito Campanella". Fra le poche e amare certezze, purtroppo, il sacrificio di 24 vite umane, fra cui un biscegliese dimenticato: Gennaro Simone. Questa città dovrebbe recuperare la memoria per omaggiare un suo caduto sul lavoro in uno degli episodi più oscuri della storia della marina mercantile italiana.

L'EQUIPAGGIO

Comandante Luigi Specchi, di La Spezia, 36 anni
1° Ufficiale Alga Soligo, di Viareggio, 33 anni
2° Ufficiale Marco Certone, di Genova, 40 anni
Ufficiale radiotelegrafista Giovanni Dorati di Albissola, 50 anni
Direttore di macchina Carlo Volpe, 43 anni
1° Macchinista Antonio Gaggero di Siracusa, 60 anni
2° Macchinista Giovanni Azzarelli di Siracusa, 28 anni
Nostromo Onofrio De Candia di Molfetta, 50 anni
Franco Pasci Siliqua di Cagliari, 30 anni
Vincenzo Vallone di Tropea 27 anni
Giuseppe Cappiello di Meta di Sorrento, 20 anni
Domenico Daniele di Mola di Bari, 25 anni
Nicola Fiordalisio di Mola di Bari, 36 anni
Salvatore Castorelli di Scogliti di Ragusa, 23 anni
Carmelo Bagnato di Nicotera, 24 anni
Pietro Lacchini di Porto Santo Stefano, 44 anni
Gianni Cerrutti di Marina di Carrara, 48 anni
Raffaele Petruzzelli di Monopoli, 27 anni
Gennaro Simone di Bisceglie, 33 anni
Marco Incorvaia di Savona, 23 anni
Silvano Alicante di La Spezia, 54 anni
Michele Paciullo di Brindisi, 25 anni
Francesco Fusato di Genova, 35 anni
Tecnico Tomislav Baus, cittadino jugoslavo residente a Genova
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