Marco Camisani Calzolari
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Attualità

Marco Camisani Calzolari a Molfetta per 100x100 Maturi, «per capire l'AI serve partire dalla realtà»

Esperto di IA e Cybersicurezza e Divulgatore digitale per "Striscia la notizia" parlerà ai ragazzi: «Usate la tecnologia con responsabilità, consapevolezza e rispetto degli altri»

Il talento si celebra. Il futuro si costruisce. Lunedì 28 luglio alle 18.30, nel piazzale del Gran Shopping Mongolfiera di Molfetta, torna l'appuntamento con "100x100 maturi", l'evento del Viva Network che accende i riflettori sugli studenti eccellenti del 2025: ragazze e ragazzi che hanno raggiunto il massimo dei voti alla maturità e che ora si preparano ad affrontare nuove sfide, scolastiche, professionali e digitali.

L'evento, sostenuto dalla strategia della Regione Puglia "Mare a Sinistra" - PR Puglia FESR FSE+ 2021-2027, con il patrocinio dei comuni coinvolti (Comune di Molfetta, Comune di Bisceglie, Comune di Giovinazzo, Comune di Terlizzi, Comune di Corato) conta anche sul supporto di importanti realtà sul territorio: Gran Shopping Mongolfiera, Caseificio Maldera, Farmacia Del Prete, Mancini Group Allianz, Network Contacts e Contasudinoi, Università LUM Giuseppe Degennaro.

Condotto da Giancarlo Fiume (TGR Puglia) e Ida Vinella (Viva Network), l'incontro - gratuito e aperto al pubblico - si aprirà con un intervento di Marco Camisani Calzolari, esperto di IA e cybersicurezza per il Dipartimento della Trasformazione digitale e l'ACN e divulgatore digitale per Striscia la notizia, che parlerà ai giovani di futuro, scuola e nuove sfide digitali.

Abbiamo intervistato Marco Camisani Calzolari nell'attesa dell'appuntamento di lunedì pomeriggio a Molfetta.

Quali sono le competenze digitali più utili per un neodiplomato, per affrontare il mondo del lavoro o proseguire negli studi?
«Oggi le competenze digitali non sono più un optional. Non parliamo solo di saper usare Word o fare una presentazione in PowerPoint. Serve molto di più. Un neodiplomato dovrebbe conoscere almeno le basi della cybersicurezza personale, della gestione dei dati, saper distinguere tra informazioni vere e fake news, e soprattutto saper usare gli strumenti di Intelligenza Artificiale, anche senza saper programmare.

Ad esempio, oggi molte aziende chiedono familiarità con strumenti come ChatGPT, Google Workspace, Fogli e dashboard, oppure piattaforme di collaborazione online come Slack o Notion. Ma la vera differenza la fa chi sa imparare rapidamente nuovi strumenti e sa adattarsi. È il famoso "lifelong learning", imparare per tutta la vita, che ormai non è più uno slogan, ma un dovere professionale».

Quali sono, secondo lei, le professioni digitali su cui puntare oggi?
«Quelle che non sembrano digitali ma lo stanno diventando. Ad esempio, il marketing, la comunicazione, le risorse umane. Tutti settori che oggi usano l'intelligenza artificiale, i big data, gli analytics.

Ma se vogliamo essere più concreti, ci sono tre aree che continuano a crescere:
  • Cybersecurity: perché ogni azienda oggi è vulnerabile, e servono figure che sappiano proteggere reti e dati.
  • Data analyst e data scientist: perché saper leggere i dati è diventato il nuovo superpotere. Anche i governi assumono per questo.
  • UX/UI designer e sviluppatori low-code/no-code: perché servono sempre più persone che sappiano costruire esperienze digitali, anche senza essere ingegneri.
In Italia, ad esempio, il mismatch tra domanda e offerta di competenze digitali è enorme. Secondo l'Osservatorio delle Competenze Digitali, mancano ogni anno oltre 100.000 profili specializzati».
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In un'epoca in cui siamo tutti connessi, addirittura iper-connessi, cosa significa essere "buoni cittadini digitali"?
«Essere cittadini digitali non significa solo saper usare bene lo smartphone. Significa usare la tecnologia con responsabilità, consapevolezza e rispetto degli altri.

Un buon cittadino digitale:
  • Non condivide contenuti falsi o manipolati.
  • Rispetta la privacy degli altri, anche quando pubblica una foto.
  • Riconosce i segnali di un comportamento scorretto online, come il cyberbullismo.
  • Sa che un AI non è neutrale e che i contenuti che vede sono scelti per lui.
Essere connessi non basta. Bisogna sapere cosa c'è dietro la connessione, come funziona un social, quali sono le regole del gioco. Chi non le conosce rischia di diventare vittima o complice di dinamiche pericolose.

E poi c'è una competenza invisibile ma cruciale: l'etica digitale. Sapere come si usano le tecnologie senza danneggiare sé stessi o gli altri. E questo vale per ogni percorso, che sia l'università o il lavoro».

Lei collabora da tempo con le forze dell'ordine per contrastare le truffe online e altri reati digitali. Oggi quali sono le principali minacce, soprattutto per gli utenti più giovani, e come difendersi?
«Oggi il cybercrimine si è fatto più sofisticato e invisibile. Le truffe online non sono più solo le email del finto principe nigeriano. Oggi ci sono truffe tramite finti siti web, chatbot truffaldini, profili falsi che sembrano reali, app che rubano dati, e truffe via WhatsApp o Instagram. Anche gli influencer possono essere usati come esca.

I giovani sono bersagli perfetti, perché sono abituati alla velocità. Ma proprio questa velocità è il punto debole. Loro cliccano senza pensarci, danno fiducia a chi scrive bene o sembra credibile.

Per difendersi serve:
  • Educazione digitale continua, già dalle scuole primarie.
  • Sapere riconoscere i segnali d'allarme: richieste di dati urgenti, link sospetti, errori grammaticali.
  • Usare strumenti come l'autenticazione a due fattori e password manager.
E soprattutto: parlarne, denunciare, non vergognarsi se si è caduti in una trappola. La vergogna è la miglior alleata dei truffatori».

Intelligenza artificiale: il dibattito è sempre più acceso. Tra rischi, opportunità, limiti e abusi, da dove partire per conoscerne meglio le reali conseguenze sulla vita di tutti i giorni?
«Serve partire dalla realtà, non dalla fantascienza. L'AI prende decisioni al posto nostro, a volte senza che ce ne accorgiamo.

Ad esempio:
  • Quando un'AI decide quale curriculum scartare e quale selezionare.
  • Quando genera contenuti che sembrano veri ma non lo sono.
  • Quando influenza la nostra opinione politica con contenuti selezionati ad hoc.
È lì che dobbiamo guardare. Non all'AI di domani, ma a quella che usiamo già oggi, spesso senza saperlo. Serve capire come funziona, chi la controlla, e soprattutto quali valori incorpora. Perché non è neutrale. Dietro c'è sempre una persona, un'azienda, un obiettivo.

Ecco perché ho lavorato con passione alla legge italiana sull'intelligenza artificiale, e collaborato al Code of Practice europeo: perché l'AI va regolata prima che sia troppo tardi.

E per chi vuole iniziare a capirne di più consiglio di fare una cosa molto semplice: guardare l'etichetta dell'algoritmo. Chiedersi sempre: "Chi l'ha costruito? Perché? E a mio vantaggio o a mio discapito?"».

  • tecnologia
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