Fleima
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Scena rap biscegliese: Fleima e il rap che non chiede permesso

L’artista ha raccontato ai microfoni di Viva la sua esperienza da rapper nel contesto cittadino

Pensare che a Bisceglie la scena underground si sia costituita solo a partire dagli ultimi anni è una credenza che molti hanno ma che, come spesso accade, non trova basi storicamente reali. Isabella Rossi, in arte Fleima, classe '81, rapper biscegliese, appartiene forse alla prima generazione di ragazzi e ragazze che hanno provato a porre le basi di una cultura hip hop nella città: la componente questa che ha spianato il percorso per personalità come Bruno Bug e Sparketti.

«Quando ho iniziato era stupendo, c'era una vera magia. Il nostro ritrovo era "Il palo", sugli scalini dell'istituto De Amicis. Ricordo che ci scambiavamo mixtape a non finire. Eravamo tantissimi, ma pian piano conoscendoci e soprattutto riconoscendo le nostre attitude, si creava la crew, una sorta di famiglia musicale. La mia era la "One Blowa Squad" composta da Blabo, Max-D, Frank Pala, Kenzo, Mode G, Nore, Storto, Gaza, Dole, Etom e Zemo - ha raccontato. - C'è stata ad esempio nel 96-97 anche una family hip hop, partita a Bisceglie che comprendeva Barletta, Ruvo,Trani, la "SKU - sacre crew unite", e riuniva diverse crew regionali. Mi tocca però ammettere che sin dall'inizio il fatto che fossi donna e che facessi rap non è stato sempre ben accolto. Nessuno si è mai permesso di ostacolarmi, ci mancherebbe, ma era strano per i maschi vedere che rappavo anche meglio di loro».

Una cultura musicale vastissima, quella di Fleima, fondamentale per l'approccio alla carriera di musicista: «Ho sempre ascoltato tanta musica e coltivo una forte passione per la musica fatta dal vivo, con gli strumenti. È infatti questa la strada che poi ho intrapreso nell'età adulta. Proprio grazie all'hip hop amo in maniera viscerale il soul, il jazz ed il funk che sono gli stili in cui mi rivedo maggiormente ora. Devo ammettere che il merito è anche di mio papà, chitarrista, che già da piccolina mi ha indirizzato musicalmente parlando».

La risposta della cittadinanza non era sempre positiva, anzi spesso la risposta ai raduni di questi giovani artisti era un atteggiamento di stigma e fastidio: «Eravamo visti maluccio dai biscegliesi stessi per il modo di vestire col pantalone extralarge, con le felpe anche d'estate. In realtà eravamo lì a sognare e a non perderci, a stare insieme e ad ascoltare musica, il collante più potente- ha dichiarato. - A Bisceglie non c'era nulla, non avevamo un diversivo dove recarci fino a quando non è arrivato il periodo del Tam Tam, un locale che proponeva serate musicali di diversi generi. Più che fastidio a me sembrava di vedere una fortissima chiusura mentale che sono contenta oggi sia solo un ricordo piuttosto lontano».

Farsi un nome nell'epoca precedente ad Instagram richiedeva pazienza, grande audacia e una faccia tosta. La scena era costituita anche da artisti a tutto tondo: rapper che dipingevano, freestyler che facevano anche graffiti e murales. Insomma, i polmoni della cultura artistica di un'intera generazione che silenziosamente respirava nell'indifferenza generale della città. Molti i talenti che solo dopo quegli anni sono riusciti a svilupparsi, altrettanti i pilastri leggendari (per lo più producer) su cui l'intera scena aveva già da subito messo le radici.
«Era consuetudine che alle donne spettassero solo i ritornelli, ma in più occasioni a me i ritornelli scocciavano. Un giorno pubblicai il mio primo pezzo rap "Contro il mondo". Avevo 18 anni e la scrittura era il mio sfogo: il pezzo era contro i miei genitori e riguardava i soliti problemi che si hanno a quell'età. Da quel momento prima di chiedermi solo un ritornello hanno iniziato a pensarci».

La scrittura, ha raccontato Fleima, è da sempre una delle sue passioni. Nelle sue canzoni cerca di riportare dei contenuti originali, cose che veramente ha vissuto: la rabbia contro il mondo, contro il sistema. La sua prima esibizione al Tam Tam di Bisceglie, mentre ancora nitido è il ricordo della prima volta in uno studio di registrazione.

«La prima volta fu con Max-D, dj e produttore che faceva parte della mia stessa crew. Aveva una cultura musicale incredibile. Durante la registrazione non si può sbagliare, non puoi distrarti, e questa cosa mi metteva un'ansia da paura, ma poi ci si divertiva lo stesso, riascoltando gli errori e registrando nuovamente. Per non parlare poi della sensazione provata quando ho riascoltato per la prima volta la mia voce: ora la amo, ma per abituarmici ci ho messo un bel po'».

Il disco "Purifikarma", nasce come massima espressione di questa fase artistica, metà giovanile e metà matura ed è una sintesi degli stili dell'artista biscegliese. Il disco dal profondo carattere autobiografico è autoprodotto e registrato nello studio di DjArgento. «Dentro "Purifikarma" c'è tutta la mia vita: è un disco molto forte e molto importante per me. Volevo far passare il messaggio che tramite la musica, la mistione di generi, e la cultura musicale si può raccontare una storia meravigliosa - ha spiegato -. Mi sono presa del tempo prima di produrre un disco, perchè solo quando poi sono cresciuta ho raggiunto quel livello di consapevolezza per cui ho iniziato a capire con chi potevo lavorare».

Un'esperienza, quella di Fleima, di riferimento per i giovani che vogliano intraprendere lo stesso percorso, come ad esempio lo stesso Bruno Bug, che ha partecipato insieme alla rapper ad un incontro sul tema della cultura hip-hop. «Vorrei augurare a chi sceglie oggi questo percorso che possa esserci più rispetto. Non essere retribuiti alle prime esibizioni quando si inizia, o doversi rassegnare, facendo esperienza, a vedere tavolini nei ristoranti che non considerano il tuo impegno e ti guardano con sguardo giudicante è davvero difficile e qualcosa indubbiamente deve essere cambiato. Serve avere tantissima tenacia e fidarsi delle persone giuste - ha concluso -. Potrebbe essere interessante anche realizzare corsi, e io in primis mi metterei a disposizione. Non abbiate paura delle vostre capacità o di non essere all'altezza: è solo questione di sentire nel proprio io forte e chiaro, la necessità di fare arte».


A Mode G, a te che con i tuoi freestyle, le tue battute, le tue facce, i tuoi dischi, i tuoi vestiti , la tua convinzione, anche tutto questo mi ha fatto innamorare di questa cultura. Eri fiero e sognatore, mille cose, mille progetti, pensieri... ci manchi troppo Mode G, sempre nel cuore e «nan zo chia'».
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