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Politica

I 5 Stelle biscegliesi: «Noi teniamo fede ai princìpi del Movimento, a Bari e Roma possono dire lo stesso?»

Una chiara presa di posizione: «Se il Movimento ha ancora un minimo di credibilità e autorevolezza, lo si deve a chi lavora sul territorio»

Le vicissitudini interne al Movimento 5 Stelle caratterizzano l'agenda politica ormai da settimane. La situazione sul territorio è divenuta ancora più incandescente a seguito della controversa decisione di quattro dei cinque consiglieri regionali pentastellati eletti di entrare a far parte della maggioranza a sostegno di Michele Emiliano nonostante la candidatura alla presidenza di Antonella Laricchia (di fatto, l'unica a rifiutare l'intesa col centrosinistra). Gli attivisti biscegliesi, più volte sollecitati a rendere nota la loro posizione su questi temi, sono intervenuti con un documento la cui sostanza è chiara: la credibilità acquisita in questi anni non può essere messa a repentaglio da comportamenti contraddittori rispetto a quelli che sono sempre stati i presupposti dell'azione politica del Movimento. Una durissima reprimenda nei confronti di coloro che - secondo Amendolagine, Acquaviva e gli altri componenti del gruppo - hanno disatteso le aspettative degli elettori pentastellati.

«Abbiamo atteso a lungo gli Stati generali e vi abbiamo partecipato sperando potesse essere un momento di confronto, anche duro, sul futuro di una forza politica in cui abbiamo creduto, ma che aveva bisogno di un'inversione di marcia per ritornare ad essere il movimento anstisistema e ribelle delle origini. Ci abbiamo tanto creduto al punto da contribuire alla scrittura del documento politico regionale e da candidare un nostro attivista all'assemblea nazionale» hanno spiegato.

«Se su alcuni fronti gli esiti ci vedono soddisfatti (come la necessità del radicamento territoriale, il riconoscimento e il finanziamento dei gruppi locali, i meccanismi di recall sull'operato dei portavoce), sulla partecipazione al voto e sul posizionamento politico del Movimento siamo estremamente delusi e critici.

La partecipazione al voto sul documento è stata bassissima: il 10% degli iscritti a Rousseau. Un dato drammatico che evidenzia come, prima di tutto internamente, ci siano nei confronti del Movimento una disaffezione e una delusione incontestabile. Non ha certo aiutato la vicenda pugliese. Dal "mai con Emiliano" passiamo a cosa? A un posto al sole? È una scelta dei regionali o è un diktat imposto dall'alto? A oggi non vi è chiarezza al riguardo. La vicenda pugliese è l'esempio lampante del fallimento degli Stati generali sul fronte del posizionamento politico» hanno sostenuto, senza mezzi termini.

«I quesiti sulle alleanze, a differenza di quanto era scritto nel documento di sintesi finale degli Stati generali, recitavano così:
"Sei d'accordo con queste affermazioni?
- Possono essere autorizzati, prima o dopo le votazioni, accordi con altre forze politiche sulla base di idee, obiettivi e programmi condivisi
- I contenuti e interlocutori di eventuali accordi, tenendo prioritariamente conto dei livelli territoriali, siano autorizzati a livello nazionale".

Il riferimento alle leggi elettorali, contenuto nel documento di sintesi, è saltato proprio. Se a Roma son costretto dalla legge elettorale proporzionale a fare accordi, a certe condizioni, per non disperdere il consenso del 33% e incidere, in Puglia (ad esempio) o nei Comuni - dove il sistema è maggioritario - è opportuno per coerenza che le alleanze o si fanno prima (e meglio con liste civiche) o dopo non ci si consegna all'avversario che si è contrastato nel metodo e nei contenuti solo per quel posto al sole di cui sopra. Un avversario che fra l'altro può fare a meno di te in qualsiasi momento, perché i tuoi voti non servono alla sua maggioranza e vuole solo vantare uno scalpo politico. Poi c'è un altro diktat nazionale: "Sì, prima ascoltiamo i territori, ma alla fine autorizziamo noi". Il percorso doveva essere inverso: il territorio decide, Roma ratifica» hanno aggiunto i pentastellati biscegliesi.

«E quindi ora, in Puglia, dovremmo accettare che un decimo degli iscritti nazionali decida l'alleanza con Emiliano, approvata da Roma? Se si vuole ascoltare il territorio l'alleanza con Emiliano la si faccia votare agli attivisti pugliesi, vediamo cosa ne pensano. Quindi chiediamo: si voterà e quando sull'alleanza in Puglia col Partito Democratico? Solo così la democrazia sarà rispettata» hanno evidenziato.

«Si poteva battere la strada di accordi in consiglio regionamle su alcuni temi, senza tentare di entrare per forza in maggioranza in Puglia. Si sarebbero sostenuti provvedimenti condivisibili e si sarebbe lavorato a migliorarli. Ma si è preferito spingere su un'alleanza organica. Perché non pretendere invece ruoli di garanzia e di indirizzo come la presidenza del consiglio o di Commissioni consiliari cardine come ambiente o sanità?» si sono chiesti.

«La nostra posizione è chiara: in Puglia e se ci sono leggi elettorali maggioritarie, nessuna alleanza post elettorale. Il Movimento è alternativo, è terza via? O lo si vuol rendere costola minoritaria del nuovo centrosinistra italiano? Venissero in Puglia i nostri dirigenti nazionali, come già dicevamo prima delle elezioni regionali, a discuterne. Noi non ci muoviamo di un millimetro. Perché, se sui territori il Movimento ha ancora un minimo di credibilità e autorevolezza, lo si deve al sacrificio e allo spessore umano, politico e morale di tanti portavoce locali e di tanti attivisti che non si sono dimenticati cosa rappresentava il Movimento: la speranza del cambiamento e non l'irreprensibile voglia di continuare a galleggiare.

A Bisceglie, almeno, stiamo tenendo fede ai principi fondanti del Movimento: lo dimostrano le decine di battaglie su rifiuti, sicurezza, welfare, emergenza Covid, protezione civile, sanità e consumo di suolo. A Roma e a Bari possono dire lo stesso?» hanno concluso.
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