
«Nicola, un uomo perbene»
La toccante testimonianza nel ricordo del 59enne barbiere biscegliese deceduto in queste ore
Mi chiamo Rossella Abbaticchio, ho 44 anni e sono mamma di Francesco, un bimbo di 10 anni. Bellissimo...e autistico.
Nel salone di parrucchiere per uomo di Nicola siamo entrati la prima volta per caso. Non avevamo trovato posto nel "solito", poco lontano. E così siamo entrati da lui. In attesa del nostro turno, Francesco aveva le sue solite manifestazioni di impazienza, di "stranezza": saltellava, agitava le mani, emetteva suoni e stereotipie vocali che di fatto preannunciavano il solito "show". Non mi voglio sedere, non voglio la mantellina, non voglio stare fermo, non voglio tagliare i capelli... e così, fino allo sfinimento.
Quante volte sono uscita da altri saloni prima che il nostro turno arrivasse, stanca di aspettare, stanca di tenere buono Francesco: tante, davvero tante. Anche quella volta, ero lì lì per pronunciare il mio solito discorsetto: «Ci scusi, non è colpa sua, meglio se andiamo via» ma non feci in tempo.
Nicola si liberò, si girò a guardarci, fece un sorriso e disse: «Vieni bello, vieni... Facciamo subito subito!». E, senza bisogno che io dicessi nulla, preparò un tablet con tanti video e lo porse a mio figlio. Che, sorpresa assoluta, si sedette senza fare storie. Non voglio sostenere che fu una passeggiata. Nicola si adattò a lavorare con un bambino che non voleva la mantellina; che restava fermo solo pochi minuti; che doveva seguire con le forbici in acrobazie assurde per tentare di fare il suo lavoro senza fargli e farsi male. Ma lo fece sorridendo, e parlando con dolcezza a Francesco: «Dai, dai, dai che abbiamo finito... E hai ragione allo zio, hai ragione... Un altro po' di video e finiamo!».
Dopo quella, tante altre volte siamo tornati da Nicola. Per Francesco, per mio marito (diventato cliente anche lui), per il secondo bambino che nel frattempo era arrivato. E per Francesco c'era sempre lui: «Preferisco fare io... Oh signo', i ragazzi sono bravi però». Ed io, per scherzare: «Nicola, e allora fatevi dare voi una spuntatina da uno di loro!». E lui rideva.
La notizia che ho ricevuto poco fa mi addolora, e mi fa rabbia. Ma tanta rabbia. Perché una persona così dovrebbe essere "esonerata" dalla tanta cattiveria di cui la vita, parola mia, è capacissima. E invece no. Alla famiglia, al figlio che era a Bologna e di cui Nicola parlava con orgoglio a me (mezza bolognese come lui), vorrei dire che di Nicola, nel cuore e nel ricordo, resta questo ritratto. Una silloge preziosa, che racconta la semplice straordinarietà di un uomo perbene.
Ciao, Nicola. Riposa in pace.
Rossella, Francesco, Federico, Pierpaolo»