Anita Maurodinoia
Anita Maurodinoia
Politica

Regionali e doppia preferenza, Maurodinoia: «Una vittoria per tutti»

L'esponente di Sud al centro esulta per il provvedimento del Governo e conferma il sostegno a Emiliano

Nei giorni scorsi il consiglio dei ministri ha dato il via libera alla doppia preferenza di genere alle prossime elezioni regionali. In Puglia, così come in Liguria, si potrebbe dunque andare alle urne scegliendo di votare per il consiglio regionale un uomo e una donna. In realtà si tratta di una legge che già esiste e alla quale la Puglia non si è mai adeguata. Per questo, ormai da tempo, una delle poche donne che siedono nel consiglio regionale, Anita Maurodinoia, si batte affinché si mettano le donne nelle condizioni di potersi mettere al servizio delle istituzioni superando l'andamento "maschilista" delle preferenze o delle liste per le elezioni.

La leader di Sud al Centro ma afferente al gruppo del Partito Democratico in Regione ha accolto con grande entusiasmo un primo passo verso la regolamentazione del doppio voto di genere. Quasi una vittoria personale dopo tante battaglie nella direzione delle pari opportunità. Di seguito l'intervista rilasciata ai nostri taccuini dalla consigliera regionale Anita Maurodinoia.

Da tempo lei si batte affinché anche in Puglia, così come accade a livello locale, possa essere possibile esprimere la doppia preferenza di genere alle elezioni regionali. Una prospettiva già prevista da alcune leggi dello Stato ma alla quale la Puglia non si è mai adeguata. Di recente il consiglio dei ministri ha dato l'ok per la doppia preferenza di genere. La considera anche una sua vittoria?
Mi vengono in mente le parole di un editoriale a firma di Alessio Viola di qualche giorno fa pubblicato sulla prima pagina del Corriere del Mezzogiorno: «La vittoria si sa, ha sempre tanti padri. Questa volta no, ha solo tante madri. Le donne che da anni si battono in Puglia per la parità di genere nelle preferenze elettorali regionali».

Ritengo come donna e come madre, prima di consigliere regionale, che approvare la "legge Maurodinoia" o ottenere lo stesso risultato in modo diverso, è una vittoria per tutti, in modo tale che le donne siano sempre più presenti in politica con il proprio bagaglio etico, ideale e morale, non per contrapporsi all'uomo o addirittura sostituirlo, ma in prima linea insieme a lui per costruire un futuro scevro da disparità di trattamento. A tal proposito, scorrendo idealmente le immagini di tanti anni di impegno politico su questo tema, con convegni e dibattiti e scrutando per esempio, o tra le 10 mila firme che ho raccolto a sostegno della proposta di legge o tra i firmatari degli ordini del giorno con i quali i comuni hanno sollecitato la Regione a modificare la legge elettorale, noto con piacere che a questa impresa hanno contribuito tantissimi uomini. Per cui non può e non deve intendersi un progetto settoriale e di parte ma, di democrazia.

Come spiega il fatto che il consiglio regionale pugliese, seppur sollecitato in tante occasioni da petizioni, raccolte firme e non per ultimo dal suo intervento, non abbia mai ritenuto importante adeguare la legge elettorale alle indicazioni dello Stato e alle vostre richieste?
Se da un lato tutti si pronunciano a favore della parità di genere, dall'altro la realtà e ben diversa e non solo in politica. Pensi che soltanto nel 1946 le donne hanno conquistato il diritto di votare e solo nel 1963 sono state ammesse in magistratura e oggi, pur rappresentando il 53% dei magistrati, nessuna di loro occupa posti di vertice negli uffici giudiziari. Per l'emergenza Covid il tavolo tecnico scientifico è stato composto di soli uomini e delle 18 task force che il governo ha costituito a livello nazionale, c'è voluto l'accorato appello di 16 senatrici per spingere il presidente Conte a prevedere più donne (ancora poche) nei vari organi. Per vedere una donna alla presidenza del Senato, sono dovuti passare 70 anni. Di questo modo di pensare e di operare non è immune la Puglia non solo con questo Consiglio regionale ma anche con il precedente (governo Vendola), quando la proposta di legge d'iniziativa popolare, nonostante le dichiarazioni favorevoli di facciata, fu bocciata con una sotterranea complicità tra maggioranza e opposizione addirittura ricorrendo al voto segreto, dimostrando di non avere neanche il coraggio di esprimere in modo palese le proprie scelte.

Tra le figure politiche che hanno fortemente sostenuto quella che è anche la sua battaglia vi è la ministra Teresa Bellanova. Una donna pugliese che ha scritto ad un uomo pugliese, il presidente del consiglio Conte, evidenziando la necessità della presenza femminile nelle istituzioni. Una particolare sensibilità tutta femminile o una maggiore lungimiranza politica rispetto a quella manifestata anche dai suoi colleghi di maggioranza?
Conoscendo la ministra Bellanova, per alcune sue idee, in un certo senso mi aspettavo che come donna e come pugliese avrebbe sostenuto la nostra causa. Ma come dicevo prima, questo nobile impegno per la parità di genere, apparentemente declinato al femminile, è stata sostenuto e condiviso anche da uomini, tra i quali il ministro per gli affari regionali Francesco Boccia anch'egli pugliese, che sollecitato più volte dal presidente Emiliano, non solo è intervenuto nei confronti di Conte e dei ministri competenti, ma anche sul presidente della Conferenza delle regioni, Stefano Bonaccini, affinché intimasse quelle inadempienti ad adeguarsi alla legge nazionale n° 20 del 3 febbraio del 2016, con la quale si stabilisce che le Regioni devono prevedere nel proprio sistema elettorale la "promozione della parità tra uomini e donne". Anche il ministro del Sud Giuseppe Provenzano, ribaltato agli onori della cronaca per essersi rifiutato di partecipare ad un convegno con relatori esclusivamente uomini, è stato determinante. Senza dubbio, il lavoro comune e su diversi fronti, di ognuno, ha prodotto il raggiungimento dell'obiettivo.

Il presidente Emiliano, che sarà da lei sostenuto alle prossime elezioni regionali, ha definito una "bellissima notizia" l'ok del consiglio dei ministri alla doppia preferenza di genere. Le ha mai chiesto come mai non si fosse speso di più per raccogliere il suo appello e quello di tante donne che richiedono una maggiore rappresentanza nel mondo istituzionale?
Il presidente Emiliano, come è noto, non difetta di determinazione e coraggio per cui, se fosse stato di sua esclusiva competenza e non del consiglio regionale, lo avrebbe già fatto. Ricordo che due anni fa, quando in occasione del mio insediamento (subentrata al consigliere Lacarra eletto al Parlamento ndr) ebbi modo di annunciare, in qualità di una delle cinque donne del Consiglio e dell'unica di maggioranza, che mi sarei battuta per modificare la legge elettorale, il presidente prese la parola invitandomi a «Guardare dritto negli occhi e andare avanti», e da qual momento non è mai mancato il suo supporto. Per cui mi sembra ingeneroso addebitare responsabilità ad Emiliano, soprattutto da parte di chi dovrebbe conoscere le differenti competenze tra consiglio e giunta.

Alcuni ritengono che l'introduzione delle cosiddette "quote rosa" sia in realtà una forzatura. Anche Matteo Salvini, di recente in visita in Puglia, ha sostenuto che "una donna se è brava vale", definendo una manovra elettorale la doppia preferenza di genere. Come risponde a queste osservazioni?
L'introduzione delle quote rosa, (il termine "quota" personalmente non mi piace perché svilisce la portata della norma) costituisce un'azione positiva per favorire la partecipazione delle donne dove sono "sottorappresentate", nonostante resto fermamente convinta che le donne, per la loro capacità e voglia di fare, se messe alla prova sono in grado di dimostrare le proprie forze e le proprie competenze. Per questo ho ritenuto necessario farmi carico della proposta sulla doppia preferenza, al fine certamente, non di avvantaggiare un sesso contro l'altro, ma per offrire maggiori opportunità e per garantire un equilibrio nella rappresentanza istituzionale. Anche perché sono fermamente convinta che se una "persona" vale, vale al di là del sesso e di conseguenza le opportunità vanno riconosciute a tutti". Per cui Salvini invece di dire "una donna se è brava vale", avrebbe dovuto dire "se una persona è brava, vale". L'incompetenza e l'incapacità, almeno loro, non fanno distinzioni di sesso…
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