Il corpo espanso: la riflessione di Falque
Dinanzi al fronte del negazionismo, un ottimo rimedio per tornare coi piedi per terra
Il testo preso in considerazione dalla Caputo è estremamente ricco di riflessioni e spunti sulla dimensione della corporeità intrecciata con l'ambito religioso ebraico-cristiano. Tuttavia, l'interesse della Caputo verte, principalmente, sul lato filosofico dell'opera di Falque, più che sul versante teologico, offrendoci la possibilità di ripensare il corpo e la carne alla luce del momento di pandemia che stiamo vivendo. Il perno intorno a cui ruota la filosofia di Falque è il corpo espanso (corps épandu), in cui épandu (espanso), non può essere reso al meglio in italiano. Scrive, infatti, Caputo:
Il corpo espanso, dunque, non è solo il corpo fisico, il corpo misurabile e meccanico, il nostro corpo che può essere scomposto e ricomposto nei suoi organi e nella sua anatomia. Quello è il corpo misurabile, il corpo quantitativo che, nella visione moderna e cartesiana è contrapposto allo spirito, a ciò che non è misurabile. Il corpo espanso di Falque, invece, non è né uno né l'altro, ma è, semplicemente, questo corpo qui, questa carne qui. Per corpo espanso, dunque, intendiamo io sono questo corpo e, allo stesso tempo, questo corpo che sono io. Da una parte la consapevolezza che io sono questo corpo, cioè che abito pienamente me stesso, che sono questa carne qui. Ma, prima di essere questa carne qui, all'origine, il nostro corpo è colui che ci rimanda costantemente alla sua stessa esperienza, al suo essere precedente alla coscienza e, quindi, alla significazione del corpo. Per questo, prima di poter affermare che io sono questo corpo, occorre affermare: questo corpo che sono io. Perché la prima esperienza di un corpo è, appunto, l'essere patico, il provare qualcosa, l'essere recettivo ad uno stimolo, d un coagulo di energia che proviene dalla realtà stessa e che riporta il corpo alla sua realtà.Il termine épandu, in realtà, è intraducibile (la versione inglese del testo lo rende come spread forth). L'originale francese da un lato fa rima con la materialità dell'étendu, ma dall'altro lato contiene in sé l'idea di qualcosa che viene versato e si dissipa, si disperde e perfino si perde. È épandu per esempio il liquame "applicato", "sparso", "diffuso" per concimare un terreno. Oppure è épandu un albero che ha espanso nell'aria i propri rami. Un corpo épandu è allora un "questo": questo è il mio corpo; espanso nel senso di esposto, sparpagliato, gettato e disseminato, disperso, tirato, affetto, e perciò passivo e dolorante, "patico" in ogni tessuto. (1)
L'esempio di Falque, ripreso anche da Annalisa Caputo, è il corpo malato. Un corpo espanso è, ad esempio, un corpo segnato dalla malattia. Un corpo che non sceglie la malattia ma che la subisce, fino a fare della malattia il suo stesso vissuto. Il corpo sofferente, prima di tutto, è un corpo che accusa un colpo dalla realtà, un momento passivo e che cerca di reagire alla malattia, finanche ad autodistruggersi. Mai come oggi, l'esempio di un corpo espanso come corpo sofferente ci sembra attuale per la riflessione filosofica in tempo di pandemia. Dinanzi al fronte del negazionismo, per cui questa pandemia è frutto di complotti sempre più contorti e improbabili, parlare e riflettere sul corpo espanso, ci sembra un ottimo rimedio per ritornare con i piedi per terra, per un confronto non solo con la realtà che stiamo vivendo ma soprattutto con questo corpo, fallibile, come ogni corpo.
1 - A. Caputo, Questo è il mio corpo (épandu). Una decostruzione filosofica de Le nozze dell'agnello di Emmanuel Falque, Logoi.ph, VI(2020), p. 200.