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La "mia" influenza

Rubrica di pediatria a cura del dottor Antonio Marzano - pediatra di famiglia

«Dottore, dottore: oggi neanche alle tre riuscirà ad andar via!». In questa esclamazione c'è un po' di partecipazione, un pizzico di sconforto, una certa dose di eccitazione e, non ultimo, la possibilità di dire: «Ci sono anch'io».

La congèrie dell'assalto crea una volontà di forte cameratismo e almeno nella prima settimana, sia le mamme che le nonne che i bambini affrontano la nuova emergenza con una buona forza d'animo.

E poi... Mal comune mezzo gaudio, nel senso che se via Lamaveta, 134 regge l'assalto non sono da meno gli studi degli altri colleghi pediatri, come confermano i collaboratori scientifici che in poche unità raggiungono la sala visite e riportano condizioni equivalenti per tutti.

Già: la nostra "cara" influenza arriva ogni anno, ma non è mai uguale a se stessa. Ogni anno ci riserva delle novità, sorprese, a volte ci meraviglia al punto che persino chi è in servizio da un certo numero di anni non può che rimanere basito.

Ma ora torniamo ai veri "artefici" di questi virus influenzali: i bambini. La prima settimana di assenza da scuola è letta quasi come una piccola vacanza, poi però le cose cominciano a cambiare, e questo poi dura tre-quattro giorni. Un incontenibile senso di nausea precede il vomito a getto. I dolori addominali seguono piuttosto intensi, tanto da costringere a piegarsi in due e correre in bagno per evacuazioni pestilenziali. E pensare che sono bambini: eppure ne sono testimoni il bagno dello studio e il pavimento, spesso "omaggiato".

Siamo solo all'inizio. Le mamme sono un po' preoccupate, ma non tanto, fino a quando sopraggiungono i sintomi della tosse. Una tosse secca, continua, che non dà pause, che causa dolori intercostali ed è accompagnata da febbre alta, così alta che la sola Tachipirina non è in grado di farla scendere. E a quel punto la preoccupazione sale, il consiglio di associare il Nurofen è l'unico modo per dare tregua al bambino.

Ma la tosse non molla e allora in studio le sorprese non mancano: bronchiti catarrali, crisi d'asma severe, focolai broncopneumonici, laringiti ipoglottiche, otiti effusive dolorose. Congiuntiviti purulente a cui gli antibiotici non sembrano sensibili. La sala d'attesa non è sufficiente, le famiglie occupano il marciapiede, i genitori sono tesi, vola qualche parola di troppo, il telefono fisso squilla, il cellulare diventa bollente.

Il momento diventa poi difficile coi lattantini: lo senti subito, il respiro sibilante a pochi giorni di vita.
«Ha la bronchiolite» dico alla mamma.
«Dottore, lo avevo capito. Che facciamo?».
La guardo.
«Ok, vado in ospedale».
«È preferibile, il bambino ha solo dodici giorni».

Si viaggia intorno alle 40, 50, anche 70 visite al giorno. Mi dico: «Non perdere la concentrazione».
Quando un genitore chiede quanto dura quest'influenza e immagina che possano bastare 4-5 giorni spiego che non è così.
Il tempo di ritornare a scuola e si ripresenterebbero più febbricitanti e con maggiori complicanze batteriche di prima. Lo streptococco beta emolitico di gruppo A vuole la sua "soddisfazione". E allora ecco la scarlattina che sembrava mezza addormentata, e poi c'è sempre la subdola mononucleosi che non perde occasione per rompere...

Dai primi di gennaio al 12 febbraio ho registrato quattro recidive. Le famiglie sono esasperate, i bambini stanno perennemente male, le classi risultano quasi vuote, cresce il numero dei ricoveri ospedalieri. Per non parlare poi dei turni allo Scap: in sei ore 50, 60, anche 70 visite. Non è ancora finita.

Ne verremo fuori, tornerà il mese di luglio quando il clima estivo,il sole ed il mare regalerà a tutti di nuovo il benessere e la salute. Ma per il momento bisogna tenere duro, rinforzarsi le spalle e continuare a servire al meglio le famiglie. Servirle ancora con più affetto e attenzione.

Non posso non ricordare quello che 30 anni fa mi disse una volta mio padre: «Tonio preparati, rinforzati le spalle: arriva l'Influenza!».
Aveva ragione!
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