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Scusate il ritardo

Rubrica di pediatria a cura del dottor Antonio Marzano - pediatra di famiglia

«Dottore ma voi cosa ne pensate di questo vaccino? Perché io, non so, ho letto che... E mi hanno detto che... E poi non avete sentito anche voi che...»
«Signora, ma chi ve le dice tutte queste cose?»
«Perché mio fratello e mia nipote con il compagno se lo sono preso ma mia sorella niente: negativa. E stanno tutti bene. Guardate...» e mi porge l'onnipresente smartphone col referto di un laboratorio che scrive: "Debolmente positivo l'antigenico, deve fare il molecolare". «Lo vede dottore? Mo' sono tutti positivi. Lo scrivono loro».
«Cioè?»
«Cioè, comunque stanno bene, non so. E voi?»
«Chi, io?»
«Sì, voi» mi fa con un sorriso "a caricatura". «E voi, dottore, lo farete il vaccino?»
«Certo!» ho risposto.

Maria mi guarda incuriosita: «Se, se..»
«Come "Se..."? Certo che lo farò e pubblicherò le foto anche whatsapp come potrai vedermi, e anche su Facebook, tanto sono diventato social tecnologico anch'io!»
«Mah...». Non è convinta, e così la nonna. Si allontanano sbattendo la porta.

E così Elena: mi ripete la stessa tiritera di Maria, a fotocopia.

Non riesco a dare una spiegazione razionale e logica a questa - come la vogliamo chiamare ? - preclusione? Eccezione? Dubbio? Sospetto? Mah...
Ma che altro doveva succedere affinché almeno i miei pazienti maturassero la giusta compliance verso il vaccino?


Non ho una risposta. Ho un sospetto, che nasce dal fatto che negli ultimi anni i vaccini si siano ridotti da privilegio a obbligo, oserei dire "condanna". Magari il motivo è che se n'è parlato molto, perché molti - forse troppi - ne hanno discusso e scritto: sarà che il troppo stroppia...

È mancata e continua a mancare la comunicazione corretta, quella sapiente, fatta dalle persone giuste. Sarà sufficiente per un'inversione radicale di tendenza? Forse. O forse no, probabilmente perché la nostra, la mia figura di pediatra di famiglia non esercita più come alcuni anni fa la stessa condivisione.

Non conosco la risposta! E se dipendesse dall'osservazione del fatto che in Italia, nonostante tutti i solleciti, i divieti, gli obblighi di distanziamento, abbiamo avuto migliaia e migliaia di morti? Che tutto ciò che si è fatto dai primi giorni di marzo si sia rivelato - agli occhi di molti - inutile?
E noi, come categoria che comunque ha pagato un caro prezzo in termini di vite umane, che figura abbiamo fatto e continuiamo a fare?

Sarà la sfiducia che alimenta il dubbio o è il dubbio che alimenta la sfiducia... Sono trascorsi dieci mesi e qualche giorno fa una Serena in studio un po' stizzita ha esclamato: «Dotto', ma questo virus non muore mai? È immortale?»
«E sì - ribatto -, si trasforma per non soccombere».
«Ma può essere?» mi chiede la sua amica Francesca. Non so rispondere a questa domanda! «Intanto la nonna è morta dopo 35 giorni di ricovero e mo' sta il nonno: non credo che ce la farà» aggiunge.

Diego, di sei anni, ascolta e gli occhi tradiscono la sofferenza: abbraccia le gambe della madre.
«Diego, stai tranquillo. Vedrai, il nonno guarirà e verrà a prenderti e ti porterà in al Palazzuolo con la bicicletta».
Diego ora piange: le mie parole non lo sfiorano, non lo rassicurano.
Diego soffre, e io non posso fare niente per lui, se non porgergli una caramella alla frutta...
Mi guarda e leggo il dubbio anche nel suo sguardo di bambino.

In questi dieci mesi ho visto, incontrato, tentato di parlare con tanti Diego.
Vedremo e capiremo in seguito se tutta questa storia abbia inciso sulla coscienza, sulla consapevolezza dei più piccoli. Questi bambini, se è vero che clinicamente non sono ammalati nel fisico, sono stati provati nell'anima e noi tutti, a qualsiasi livello, non siamo stati in grado di fare nulla per loro: nulla!

Lunedì 28 dicembre si parte con le vaccinazioni... Vedremo. Speriamo bene.
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