Bottiglie di whisky
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La bottiglia di whisky

Aneddoti di vita vissuta

Il telefono fisso trilla forte: mi precipito, sollevo la cornetta e...
«Ciao. Senti, se vuoi mi raggiungi dopo pranzo. Siamo tutti qui alla villa: ti vogliono conoscere».
«Certo» rispondo.
«Sai dov'è? Dove ti ho fatto vedere una volta, in quella strada chiusa difronte alla chiesetta».
«Bene, e visto che è la prima volta vi porto un bel regalo» e riattacco.

Erano i primi anni '70, ero appena uscito dall'adolescenza e un po' presuntuosamente e imprudentemente mi ero infilato nella pericolosa giovinezza. E dopo i primi passi felpati e incerti, ero stato invitato a entrare in un mondo a me del tutto sconosciuto..

Un mondo patinato ma comunque profondamente impegnato, onesto, abitato da famiglie forti, intraprendenti, giovani. Famiglie che avevano varcato i confini nazionali ed europei e che avevano fatto fortuna e tanta oltreoceano. Piuttosto io avevo negli occhi e nella mente la presenza di mio nonno paterno, contadino, ex artigliere della Prima Guerra Mondiale, che viaggiava sul traino con la mula e mio padre che viaggiava con la 1100 bianca, che parlava della "sua" Seconda Guerra Mondiale e che da medico condotto aveva e sentiva di dedicare tutta la vita ai poveri. Ma ecco che per la prima volta mi si dava la possibilità di dare di me una immagine meno antica, meno convenzionale, meno scontata, anzi piuttosto nuova, giovane, dinamica. Lo sentivo come un gran bisogno, non perché loro me lo avessero fatto notare, quanto piuttosto ero stato io che avevo percepito gli anni luce che mi separavano da loro, che mi facevano sempre sentire come uno sciocco inadeguato, come un antico ottuso, come un "vecchio per l'età".

Sì, era l'occasione che cercavo: loro mi avrebbero parlato di aerei transoceanici e di piroscafi lussuosi, e io certo non avrei parlato del traino con la mula e della 1100 bianca, loro mi avrebbero apostrofato come un provinciale appena partorito da un utero materno ben protetto ed io avrei ascoltato da loro mirabolanti imprese, viaggi impossibili, lussi sfrenati su navi da crociera. Io avrei mostrato la Bianchina di mia madre, con la quale lei raggiungeva il suo istituto tecnico industriale di Andria, e loro mi avrebbero parlato delle potenti fuoriserie e magari di richieste di taxi all'arrivo lì lontano oltre oceano. Ripeto, mi si dava questa possibilità di dare, di me e della mia "scontata famiglia", un'immagine più moderna.

«Mamma, mi ha telefonato e mi ha invitato ad andare dopo pranzo alla villa: che dici? Vorrei portare un regalo, così, per non andare con le mani in mano e magari per fare anche una bella figura. Cosa posso portare?»
E mia madre rispose subito: «Porta una bottiglia. Ce ne sono tante nell'armadio».
In quel momento a noi sembrava un fatto straordinario possedere tutte quelle bottiglie. Era un tesoro preziosissimo e un privilegio enorme, unico!
«Guarda bene e prendi quella di cui ce n'è solo una. Magari ha più valore...»

Mio padre, da qualche tempo, era stato investito del ruolo di fiduciario medico della cassa marittima e quindi i suoi pazienti, una volta sbarcati, lo gratificavano con bottiglie di whisky e sigarette. Per noi era la luna: tutti astemi per ignoranza e parsimonia, e neanche fumatori perché mio padre era un asmatico severo.

«Grazie mamma, è una bella idea». Aprii l'anta della libreria del salotto e mi ritrovai a osservare decine e decine di bottiglie che dopo ho imparato fossero super alcolici. Avevo l'imbarazzo della scelta ma poi, ricordando il saggio consiglio di mia madre, ne scelsi una che era unica, tra l'altro con una bella grande e colorata scritta in inglese. Era quella giusta, la mostrai a mamma che la ricoprì con una bella carta argentata e un grazioso fiocco rosso.

«Va', farai una bella figura».
Corsi giù, salì sulla Bianchina e nel giro di 10 minuti ero già lì. Il cuore mi batteva e aperta la porta il suo sorriso mi rassicurò, mentre stringevo nella mano destra la "bottiglia di mio padre". Entrai nel soggiorno, preceduto dalla mia "amica" e dopo le doverose presentazioni, ripresi la bottiglia e la porsi al padrone di casa, con un'espressione felice e sicura esclamando: «Vi ho portato un regalo».

Mi sorrise, sciolse il fiocco rosso, scopri la bottiglia e mentre cominciò a ridere in modo irrefrenabile, la girò affinché tutti potessero vedere e furono presi da un riso irrefrenabile: sconcertato, annichilito, li guardavo ma loro continuavano a ridere a crepapelle.
A quel punto guardai supplichevole la mia "amica " e lei, con un moto pietoso, mi condusse fuori il salotto sussurrandomi: «Sì, è vero che è una bella bottiglia di whisky Vat 69 ma non hai letto che sopra c'è scritto in grande "duty free"?».

Quella prima, grande e umiliante lezione di vita mi ha accompagnato da allora e altre ancora si sono susseguite. Non ne ho mai fatto veramente tesoro, esponendomi a ogni sorta di "vilipendio", eppure dopotutto devo ringraziali e ringraziarla. Mi è costato tantissimo uscire dal recinto, tantissimo, eppure la vita mi ha messo difronte a queste opportunità e a queste prove: non avrei mai potuto tirarmi indietro e non l'ho mai fatto, contando sempre sulla mia "onestà intellettuale": pur tuttavia ho pagato un prezzo molto molto alto.

Chi di voi dovesse imbattersi in questa lettura, ne potrà trarre le considerazioni che sentirà e i giudizi che vorrà. Di una cosa tuttavia sono certo: se persegui uno scopo forte nella vita, di certo ti esponi a una lotta dura,difficile e tormentata. Non è detto che ne uscirai sempre vincitore, potrai anche essere sconfitto e le forme di sconfitte sono molte e tutte dolorose; ma se ne esci vincitore, avrai dato un senso forte alla vita e ti sentirai di salire su un gradino più in alto. Se sei pavido e non vuoi rischiare avrai di certo una esistenza più serena ma anche più grigia e i giorni della vita ti sembreranno senza colori.
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Rubrica di pediatria a cura del dottor Antonio Marzano - pediatra di famiglia

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