
Attualità
Chi ha paura delle donne: Cecilia d’Elia racconta i limiti di genere della politica - L'INTERVISTA
A dialogare dal palco delle vecchie Segherie Mastrototaro personalità autorevoli come l’autrice Cecilia d’Elia, la professoressa Francesca Romana Recchia Luciani, Francesco Boccia e Cecè D’Addato
Bisceglie - martedì 8 luglio 2025
12.23
Un libro che parla alle donne, ma soprattutto alla politica, guardando le cose da un punto di vista femminista ed intransigente; un romanzo che poi in realtà è un libro scientifico. Questa l'ultima pubblicazione della senatrice Cecilia D'Elia, ospite nella serata di lunedì 7 luglio alle Vecchie Segherie Mastrototaro con "Chi ha paura delle donne", che non è una domanda ma una affermazione.
«L'astensionismo delle donne è sintomo di una politica in cui le donne non si sentono rappresentate – ha osservato la senatrice durante l'evento -. Per quanto la situazione nei partiti possa apparire "paritaria", è la democrazia a dover essere paritaria. Vuol dire una democrazia capace di iscrivere la libertà delle donne nel patto politico e sociale: come donna io non vengo controllata, posso autodeterminarmi e il mio corpo può essere mio e basta. Sotto questo punto di vista in Italia purtroppo la situazione è ancora un po' critica».
Moltissimi gli spunti emersi durante la presentazione a partire dalle domande di Cece D'Addato e del senatore Boccia, arricchiti dalle riflessioni audaci di Recchia Luciani. «Il PNRR ha ridotto la questione di genere ad un capitoletto, ma affrontare in questo modo la cosa, non ne permette una vera messa in discussione. Non ci si può fermare lì. C'è una crisi legata al tema della cura, al tema della natalità, e ci sono delle donne che hanno prodotto dei contenuti, e questi contenuti hanno creato delle questioni che però sono politiche e come tali devono essere affrontate» ha spiegato D'Elia.
« "La Terza Guerra mondiale si farà sui corpi delle donne" è una frase che spesso mi è capitato di ascoltare, ed è stata partorita 20-30 anni fa, con un sentimento di timore verso la guerra molto lontano da quello più forte che oggi sentiamo di avere. La questione dei diritti delle donne è uno scudo che spesso viene strumentalizzato ed è per questo che ad oggi ancora il corpo femminile sembra un bene pubblico, sui cui chiunque può sindacare. Ed è per questo che si legifera solo sui corpi delle donne e non su quelli degli uomini» ha dichiarato, in chiusura, la professoressa Recchia Luciani. «La tanta resistenza alla questione femminile non è un caso: a dare fastidio è l'idea stessa che una donna, attraverso i diversi processi di emancipazione, possa scegliere, cosa che già solo due generazioni fa sembrava assurda perché a scegliere erano più le famiglie. Dobbiamo ricordarci che fondamentalmente l'istituzione del Matrimonio nasce come parallela a quella del Patrimonio».
Trattate durante la presentazione anche le cause e le ragioni della questione maschile legata alla rappresentazione dei generi: «La mutazione antropologica prende tempo, energia e costa moltissima fatica, perché la cosa più difficile è rinunciare ad alcuni schemi mentali. Se a ciò aggiungiamo anche la questione della rinuncia dei privilegi, perché sicuramente è un privilegio non doversi occupare della vita familiare, così come è un privilegio non doversi occupare della casa. L'idea che tutto sommato le donne stessero a casa è una idea che funziona ancora come prescrizione e norma, consuetudine. Per cui per gli uomini il problema non è che viene messa in crisi la loro identità: noi dobbiamo metterci dal punto di vista della cessazione di un privilegio. Che è quello di non doversi occupare di tutta una serie di cose. Ma tutte le cose di cui loro non si sono mai preoccupati è lavoro gratuito cioè è il Welfare gratuito che le donne hanno garantito – ha osservato Recchia Luciani.
«La questione delle donne in realtà è la questione degli uomini, di uomini allo stesso modo schiacciati da stereotipi e da schemi patriarcali - ha poi concluso la senatrice - L'autodeterminazione che i femminismi chiedono ed hanno chiesto nel tempo, come racconto nel mio libro, non è solo femminile, ma di tutti i generi. Ed è una battaglia che chiama in causa tutte le categorie sociali, per un nuovo modo di pensare e agire legato alla intersezionalità».
«L'astensionismo delle donne è sintomo di una politica in cui le donne non si sentono rappresentate – ha osservato la senatrice durante l'evento -. Per quanto la situazione nei partiti possa apparire "paritaria", è la democrazia a dover essere paritaria. Vuol dire una democrazia capace di iscrivere la libertà delle donne nel patto politico e sociale: come donna io non vengo controllata, posso autodeterminarmi e il mio corpo può essere mio e basta. Sotto questo punto di vista in Italia purtroppo la situazione è ancora un po' critica».
Moltissimi gli spunti emersi durante la presentazione a partire dalle domande di Cece D'Addato e del senatore Boccia, arricchiti dalle riflessioni audaci di Recchia Luciani. «Il PNRR ha ridotto la questione di genere ad un capitoletto, ma affrontare in questo modo la cosa, non ne permette una vera messa in discussione. Non ci si può fermare lì. C'è una crisi legata al tema della cura, al tema della natalità, e ci sono delle donne che hanno prodotto dei contenuti, e questi contenuti hanno creato delle questioni che però sono politiche e come tali devono essere affrontate» ha spiegato D'Elia.
« "La Terza Guerra mondiale si farà sui corpi delle donne" è una frase che spesso mi è capitato di ascoltare, ed è stata partorita 20-30 anni fa, con un sentimento di timore verso la guerra molto lontano da quello più forte che oggi sentiamo di avere. La questione dei diritti delle donne è uno scudo che spesso viene strumentalizzato ed è per questo che ad oggi ancora il corpo femminile sembra un bene pubblico, sui cui chiunque può sindacare. Ed è per questo che si legifera solo sui corpi delle donne e non su quelli degli uomini» ha dichiarato, in chiusura, la professoressa Recchia Luciani. «La tanta resistenza alla questione femminile non è un caso: a dare fastidio è l'idea stessa che una donna, attraverso i diversi processi di emancipazione, possa scegliere, cosa che già solo due generazioni fa sembrava assurda perché a scegliere erano più le famiglie. Dobbiamo ricordarci che fondamentalmente l'istituzione del Matrimonio nasce come parallela a quella del Patrimonio».
Trattate durante la presentazione anche le cause e le ragioni della questione maschile legata alla rappresentazione dei generi: «La mutazione antropologica prende tempo, energia e costa moltissima fatica, perché la cosa più difficile è rinunciare ad alcuni schemi mentali. Se a ciò aggiungiamo anche la questione della rinuncia dei privilegi, perché sicuramente è un privilegio non doversi occupare della vita familiare, così come è un privilegio non doversi occupare della casa. L'idea che tutto sommato le donne stessero a casa è una idea che funziona ancora come prescrizione e norma, consuetudine. Per cui per gli uomini il problema non è che viene messa in crisi la loro identità: noi dobbiamo metterci dal punto di vista della cessazione di un privilegio. Che è quello di non doversi occupare di tutta una serie di cose. Ma tutte le cose di cui loro non si sono mai preoccupati è lavoro gratuito cioè è il Welfare gratuito che le donne hanno garantito – ha osservato Recchia Luciani.
«La questione delle donne in realtà è la questione degli uomini, di uomini allo stesso modo schiacciati da stereotipi e da schemi patriarcali - ha poi concluso la senatrice - L'autodeterminazione che i femminismi chiedono ed hanno chiesto nel tempo, come racconto nel mio libro, non è solo femminile, ma di tutti i generi. Ed è una battaglia che chiama in causa tutte le categorie sociali, per un nuovo modo di pensare e agire legato alla intersezionalità».