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Il mondo riparte, Bisceglie riparte: un mare di forza e coraggio nei cuori dei nostri figli

Riflessioni e testimonianze, la quarantena e la nuova fase raccontata dalle loro penne

Un lockdown vissuto a denti stretti e con lo sguardo rivolto a quando sarebbe finita.
Paure, speranze e tanta pazienza: ai nostri ragazzi, ai nostri figli va l'applauso più grande, perché nonostante il momento difficile hanno sempre mantenuto salda la necessità di essere uniti alla loro classe, ai loro docenti, ai loro parenti, agli amici.

Alle bambine, ai bambini, alle ragazze, ai ragazzi vanno i nostri grazie, per aver preso per mano i propri genitori e dato loro grande forza. Quando hanno deciso di aiutarli in cucina o quando nonostante le mille difficoltà della didattica a distanza hanno tenuto duro continuando a studiare. Quando hanno capito che era il tempo della responsabilità!

BisceglieViva ha raccolto le testimonianze di tre giovani partecipanti all'ultimo corso di giornalismo tenutosi negli spazi della parrocchia di San Vincenzo de' Paoli.

Monica D'Ambrosio

All'inizio della mia quarantena non sapevo cosa fare, non c'erano video lezioni, compiti, avevamo molto tempo a disposizione. Un mio amico vicino di casa , anch'egli molto spiazzato da questa situazione, ogni tanto ci veniva a trovare per giocare insieme.
Con il Coronavirus non si può andare a scuola ma grazie alla tecnologia e alle videochiamate sono riuscita a vedere finalmente i miei migliori amici: Gabry e Delia.

Piano piano ho cominciato ad abituarmi a questa nuova realtà, oltre alla didattica a distanza, spesso tra noi amici 2.0 giocavamo con giochi multiplayer e quando ero "sola" ascoltavo musica, anche datata.

La mia gioia più grande è stata quella di sapere che il 18 maggio sarebbe ricominciata una nuova fase, quella della fiducia, ma anche della possibilità di incontrare i miei amici più cari. Ho avuto paura nei giorni di pandemia, il mio timore più grande era quello di rimanere isolata, non andare al mare, e non andare più a scuola.

Questa situazione mi ha fatto crescere molto, ho capito che dobbiamo affrontare tutto sempre con coraggio e a testa alta e oggi sono fiera di esserci riuscita; continuerò a farlo sempre con grande senso di responsabilità.

Vittorio Preziosa

Dal 5 marzo siamo in casa a causa del Coronavirus e le scuole sono chiuse.
In questi giorni di quarantena, la mattina faccio video conferenze con la classe ed è bellissimo e certe volte dopo la lezione giochiamo online per divertirci.

Ma non solo! Abbiamo scoperto, anche l'interesse per serie TV e telefilm che condividiamo a mezzo PC; ci applichiamo in lavori di gruppo online tipo PowerPoint, anche per rendere più interessanti le attività didattiche.

Ho iniziato la mia Fase 2 facendo una passeggiata con la mia famiglia e andando in bici nel mio quartiere.

Mi sono reso conto che ormai sono in quinta elementare e che alcuni dei miei amici non li rivedrò più, ma noi saremo sempre legati dalla nostra amicizia e faremo tantissime video chiamate per ricordarci questi anni di scuola.

Christian Farinola

Appena venimmo a conoscenza del Coronavirus, del suo espandersi in Cina, a noi non importava quasi niente ,continuavamo a vivere la nostra vita normalmente, come se nulla ci appartenesse.

Poi il virus arrivò in Italia, ci fu il primo contagiato, il secondo ... a noi non interessava perché troppo lontano dalla nostra città, ma quando iniziammo a sentire le prime avvisaglie anche nella nostra regione tutto cambiò, la questione iniziava ad interessarci perché volevamo che le scuole fossero chiuse.

E cosi avvenne… Il 4 marzo ci fu la chiusura definitiva delle scuole, sembrava fantastico, ma dopo quasi un mese di quarantena ci siamo un po' stancati di stare tutti in casa non incontrare nessuno oltre i nostri genitori, fratelli o sorelle. Questa quarantena ci ha reso tutti più forti di prima e non rivedere gli amici di sempre (cosa che tutti ritenevamo scontata) è diventata un'impresa: tra connessioni traballanti e memoria del telefono che non bastava mai!

Finalmente con la Fase 2, dopo due mesi pieni di timore, iniziamo a vedere un po di speranza, non si vede l'ora di uscire e incontrare di nuovo i nostri amici e riabbracciarli, rivivere insomma una vita normale, e anche se è un po' strano da dire vorrei davvero ritornare a scuola.

Angela Di Ceglie

Anno 2020: un nuovo virus colpisce il sistema respiratorio trasmettendosi attraverso il contatto umano, oltre quattro milioni di persone vengono infettate. Non è la trama del film Contagion di Soderbergh, ma è la cruda realtà inaspettata che l'umanità si è trovata ad affrontare.

Inizialmente tutti noi pensavamo che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi, giacché l'epicentro era a Wuhan, in Cina, ed eravamo ben certi che il problema non toccasse minimamente il nostro Occidente. Ma contro ogni previsione e calcolo, il virus ha iniziato a propagarsi colpendo profondamente l'Italia, in particolar modo le regioni settentrionali e come ben sappiamo le conseguenze provocate dal Covid-19 sono state tragiche. Il decreto promulgato lo scorso 8 marzo ha dichiarato lo stato di quarantena: ciò ha portato ad un cambiamento radicale della vita e delle abitudini, soprattutto l'ho avvertito nel mondo degli adulti, solitamente indaffarati e assorbiti dal lavoro, che improvvisamente si sono trovati impotenti di fronte a questa situazione e a dover combattere la noia e l'inerzia.

Per gli adolescenti è stato diverso. Almeno per me lo è stato. Inizialmente, credevo di non risentire degli effetti provocati dalla quarantena, considerando che passo molto tempo a casa. Ero anche felice di non dover più sottostare agli orari scolastici, agli impegni imposti dall'esterno, e avere così ampia autonomia di poter utilizzare come volevo il mio tempo che si era notevolmente dilatato. Ma dopo due settimane in casa, la situazione mi era sfuggita di mano, ho iniziato a perdere la percezione della realtà e la cognizione del tempo: andavo a dormire alle 2 e mi svegliavo alle 8 per incominciare le video lezioni che duravano fino alle 13.

Il pomeriggio dovevo recuperare il sonno perduto, quindi dormivo e mi svegliavo alle 7 di sera, poi iniziavo a fare i compiti e finivo a mezzanotte. Non essendo stanca mi guardavo qualche serie televisiva e alle 2 di notte andavo a dormire. E così di nuovo. Ogni giorno. Non è stato facile abbandonare questo stile di vita, così agiato e comodo, ma allo stesso tempo un circolo vizioso che mi ha portato alla passività, a produrre poco e ad essere perennemente stanca, quindi a non concludere nulla nell'arco della giornata.

Mi sono resa conto come tutto ciò che facevo mi sembrava inutile e mi provocava indifferenza, come se non avessi un obiettivo da perseguire per rendere ogni giorno diverso dal precedente, e dare così un senso al tempo. È stato allora che ho compreso di aver perso tanto tempo e di avere l'ansia di perderne ancora.

Così ho deciso di stabilire un programma, degli obiettivi per rendere ogni giorno degno di essere vissuto al massimo delle mie possibilità, malgrado le circostanze. Ho stilato una lista di tutto ciò che avrei voluto fare a casa ma che ho dovuto sempre rimandare a causa dei miei impegni.

In cima alla lista c'erano tutti i film cult da recuperare e anche i libri di Nicholas Sparks, di Agatha Christie e Conan Doyle. Per dedicarmi alla lettura ho cambiato postazione: il letto seppur comodo ed invitante mi aveva infiacchito, così mio padre mi ha consigliato di andare in terrazzo. E mi si è aperto un mondo che avevo sottovalutato fino a quel momento: sdraiata sul telo e baciata dal primo sole primaverile, mi rilassavo leggendo "Quando ho aperto gli occhi" di Sparks.

Una novità ha reso migliore la quarantena: l'attesa del corriere con il mio nuovo telefono. Era qualcosa che desideravo da tanto perché il mio precedente catorcio aveva conservato le indispensabili funzionalità quali chiamare e messaggiare. E visto che la gita scolastica quest'anno è saltata per evidenti motivi, ho contrattato, anzi pregato i miei genitori affinché mi prendessero un nuovo telefono. L'attesa è stata infinita, il pacco si era anche perso durante il viaggio, ma nonostante il ritardo sono riuscita ad ottenere ciò che volevo. Tutto è bene quel che finisce bene, anche se per due settimane ho convissuto con l'illusione che qualsiasi citofonata fosse per me.

Fondamentale è stato l'uso dei social media, molto più di quanto lo sia stato in precedenza. Grazie ad app come Google Meet e Zoom sono riuscita a mantenere stretti, sebbene virtualmente, i contatti con i miei amici. E inoltre abbiamo anche aspettato la mezzanotte per "festeggiare", in modo alternativo, il compleanno di molti miei amici neo diciottenni.

Ci sono stati alti e bassi in questa situazione d'emergenza, sbalzi d'umore dovuti principalmente all'incertezza della durata di questa situazione, entrare nel tunnel e non vederne la fine è così angosciante. Ciò che ci ha aiutato ad andare avanti in questo stato di limbo tra il normale e l'assurdo è stata la speranza che tutto ciò potesse finire al più presto. La speranza o l'illusione che tutto sarebbe andato meglio, che ci saremmo riabbracciati e che saremmo ritornati a festeggiare insieme e a vivere spensierati. Ma anche la consapevolezza che c'è stato il cambiamento e ce ne saranno altri, e che bene o male dovremo adattarci.

Durante questi due mesi, mi son accorta di aver perso nella mia vita molte occasioni, un pò per paura e per incertezza, un po' per mancanza di tempo, così ho anche stilato un'altra lista di tutto ciò che avrei desiderato fare una volta che la quarantena sarebbe finita. Tra questi desideri ce n'era uno molto semplice: vedere il tramonto al mare. Quando è iniziata la fase due, la prima cosa che ho fatto è stato camminare così tanto da non sentire più il dolore alle gambe. Ovviamente i giorni successivi avevo i crampi dappertutto e non potevo muovermi. Ma nonostante ciò penso ne sia valsa la pena: riguardare il tramonto al mare è impagabile.

Solo ritornando a uscire ho realmente compreso il valore di tutto ciò che avevo perso per due mesi. Mi guardavo intorno, come se fosse tutto nuovo per me, in realtà ho solo guardato il mondo con occhi diversi.

Testi raccolti da Cinzia Montedoro

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