Un pediatra sul web
Mezzochiloaciuccio
Uno spaccato di vita nella riflessione del dottor Antonio Marzano
giovedì 10 novembre 2022
10.15
«Tonio, va' subito a prendere il pane... Sbrigati, che è tardi».
Mi fiondo giù per le scale del primo piano di via Paternostro, attraverso via XXIV maggio senza guardare: in fondo, le auto negli anni '60 sono proprio poche ed una volta entrato scorgo in fondo Mimì Colamartino, rigorosamente in mutande e maglietta bianca. Mi rivolgo a Teresa: «Mi dai il mezzochiloaciuccio?».
La mia è una richiesta seria ed ancora più seria è la risposta della bella Teresa: «Ecco Tonio!». In una carta color ocra avvolge, come un dono prezioso, il "mio pane quotidiano" che, tempo trenta secondi, è già sulla tavola.
Questo ricordo mi è affiorato qualche giorno fa e non riuscivo a comprenderne il suo vero senso: se appartenesse più ad un refolo affettivo, nostalgico, perduto o ad altro. Certo è andata così per molti molti anni.
«Buongiorno dottore» mi fa Sergio.
Poggio la borsa medica su di uno sgabello e come prima cosa e prima di dare voce, tiro fuori il portamonete dalla tasca del giaccone, mentre le chiavi dell'auto e quelle di casa sono sulla mensola del panificio.
Sono trascorsi tanti anni ormai, ma l'inprimatur della infanzia è profondamente indovato nel subconscio, per cui.. Il pane quotidiano è l'ultimo componente della tavola in ordine di tempo e l'acquisto è ripetitivo, gustoso, fragrante e rapido, purtroppo...
Mi danno le spalle due ancora giovani signore che non riconosco e che, già quando sono entrato, avevano già catturato l'attenzione di Sergio che continua ad ascoltare le loro richieste ed esaudire i loro ordini: «Sergio mi mai tre panini di semola? No, non quelli, quelli a fianco...».
«A me quel pane molto cotto accanto, no non quello quell'altro...»
«Sergio ma quel tarallo lì, com'è? E il filone? Sì, sì, oggi dammi il filone e quattro tartarughe».
Sergio fa un gesto con la mano per chiedere aiuto alla madre.
«Mi dai quella focaccia? Sì, quella con le olive».
«No, a me quell'altra, quella con tutti i pomodori, sì sì proprio quella ma non tutta: metà, tagliata in due pezzi».
«Dalla anche a me ma io la voglio intera, tagliata in quattro».
E Sergio va su e giù, sempre più trafelato. La madre, una donna sorridente e sempre efficiente, lancia uno sguardo verso di me: osserva la coda che si è già formata.
«Sergio, e dammi anche una busta di taralli... No, non quelli: gli altri, quelli più cotti. No, no, ti ho detto gli altri» e la signora piuttosto corpulenta si allunga pericolosamente sulla barriera di vetro plastificato. «Sì, sì, quelli».
«A me invece gli altri, e due pacchi di biscotti, sì anzi due di questi e due di questi altri».
A un certo punto le due donne si placano e tacciono, "illudendo" gli altri clienti che le richieste siano terminate...
«Sergio e fai due porzioni di pasta al forno: sì, due bastano e poi dammi tre porzioni di favetta. E questo pollo com'è?»
Sergio non risponde neanche e con il cucchiaione raccoglie due cosce di pollo e le mette nella vaschetta di alluminio, non senza aver versato in un altro recipiente una voluminosa porzione di patate al forno e di piselli...
«Va bene così?» chiede.
A quel punto la più giovane delle due donne, rivolgendosi all'altra, esclama: «E due panzerotti non li vogliamo prendere ai bambini?».
Sono trascorsi 20 minuti, e mentre la mamma di Sergio impacchetta tutto e va alla cassa..
Sergio, praticamente tramortito, esclama: «Chi servo ora?».
Un signore già con un peroncino in mano e le labbra bagnate risponde, tronfio: «Ora tocca a me. Comincia a prendere quella forma di provolone...».
Mi è venuto un brivido dietro la schiena, ed ho pensato: «Quando tornerò a casa mia madre mi prenderà a mazzate con il battipanni urlando: "Tonio ma quanto tempo ci hai messo per prendere il solito mezzochiloaciuccio?».
Mamma, ma le cose sono cambiate: siamo più esigenti...
Ah, già: mia madre non c'è più, io ora ho 68 anni e non abito più in via Paternostro.
Mi fiondo giù per le scale del primo piano di via Paternostro, attraverso via XXIV maggio senza guardare: in fondo, le auto negli anni '60 sono proprio poche ed una volta entrato scorgo in fondo Mimì Colamartino, rigorosamente in mutande e maglietta bianca. Mi rivolgo a Teresa: «Mi dai il mezzochiloaciuccio?».
La mia è una richiesta seria ed ancora più seria è la risposta della bella Teresa: «Ecco Tonio!». In una carta color ocra avvolge, come un dono prezioso, il "mio pane quotidiano" che, tempo trenta secondi, è già sulla tavola.
Questo ricordo mi è affiorato qualche giorno fa e non riuscivo a comprenderne il suo vero senso: se appartenesse più ad un refolo affettivo, nostalgico, perduto o ad altro. Certo è andata così per molti molti anni.
«Buongiorno dottore» mi fa Sergio.
Poggio la borsa medica su di uno sgabello e come prima cosa e prima di dare voce, tiro fuori il portamonete dalla tasca del giaccone, mentre le chiavi dell'auto e quelle di casa sono sulla mensola del panificio.
Sono trascorsi tanti anni ormai, ma l'inprimatur della infanzia è profondamente indovato nel subconscio, per cui.. Il pane quotidiano è l'ultimo componente della tavola in ordine di tempo e l'acquisto è ripetitivo, gustoso, fragrante e rapido, purtroppo...
Mi danno le spalle due ancora giovani signore che non riconosco e che, già quando sono entrato, avevano già catturato l'attenzione di Sergio che continua ad ascoltare le loro richieste ed esaudire i loro ordini: «Sergio mi mai tre panini di semola? No, non quelli, quelli a fianco...».
«A me quel pane molto cotto accanto, no non quello quell'altro...»
«Sergio ma quel tarallo lì, com'è? E il filone? Sì, sì, oggi dammi il filone e quattro tartarughe».
Sergio fa un gesto con la mano per chiedere aiuto alla madre.
«Mi dai quella focaccia? Sì, quella con le olive».
«No, a me quell'altra, quella con tutti i pomodori, sì sì proprio quella ma non tutta: metà, tagliata in due pezzi».
«Dalla anche a me ma io la voglio intera, tagliata in quattro».
E Sergio va su e giù, sempre più trafelato. La madre, una donna sorridente e sempre efficiente, lancia uno sguardo verso di me: osserva la coda che si è già formata.
«Sergio, e dammi anche una busta di taralli... No, non quelli: gli altri, quelli più cotti. No, no, ti ho detto gli altri» e la signora piuttosto corpulenta si allunga pericolosamente sulla barriera di vetro plastificato. «Sì, sì, quelli».
«A me invece gli altri, e due pacchi di biscotti, sì anzi due di questi e due di questi altri».
A un certo punto le due donne si placano e tacciono, "illudendo" gli altri clienti che le richieste siano terminate...
«Sergio e fai due porzioni di pasta al forno: sì, due bastano e poi dammi tre porzioni di favetta. E questo pollo com'è?»
Sergio non risponde neanche e con il cucchiaione raccoglie due cosce di pollo e le mette nella vaschetta di alluminio, non senza aver versato in un altro recipiente una voluminosa porzione di patate al forno e di piselli...
«Va bene così?» chiede.
A quel punto la più giovane delle due donne, rivolgendosi all'altra, esclama: «E due panzerotti non li vogliamo prendere ai bambini?».
Sono trascorsi 20 minuti, e mentre la mamma di Sergio impacchetta tutto e va alla cassa..
Sergio, praticamente tramortito, esclama: «Chi servo ora?».
Un signore già con un peroncino in mano e le labbra bagnate risponde, tronfio: «Ora tocca a me. Comincia a prendere quella forma di provolone...».
Mi è venuto un brivido dietro la schiena, ed ho pensato: «Quando tornerò a casa mia madre mi prenderà a mazzate con il battipanni urlando: "Tonio ma quanto tempo ci hai messo per prendere il solito mezzochiloaciuccio?».
Mamma, ma le cose sono cambiate: siamo più esigenti...
Ah, già: mia madre non c'è più, io ora ho 68 anni e non abito più in via Paternostro.