Gianpiero Losapio
Gianpiero Losapio
Politica

Gianpietro Losapio: «Valutazioni affrettate e frutto di pregiudizio sull'operato di Angarano da sindaco»

L'esponente dem: «Se fossimo in un ambiente normale eserciteremmo una giusta sospensione del giudizio pubblico»

E dunque Bisceglie ha un nuovo sindaco, Angelantonio Angarano.
Al giovane e coraggioso ex PD vanno le congratulazioni e tutti gli auguri possibili, meritati sul campo, di poter esercitare al meglio il potere conquistato. Enorme. Che, poi, è esercizio di grande responsabilità. Un sindaco è per tutti, potremmo dire.

È lo stesso nuovo sindaco ad aver fatto appello alla città chiedendo e presentandosi come la "svolta necessaria e possibile", appello cui Bisceglie ha risposto positivamente, seppure con le patologie del sistema elettorale vigente.
E questa è certamente la responsabilità più grande: imprimere da subito ritmo, stile e performance dell'amministrare la città profondamente diversi, improntati a segnare una cesura col recente passato amministrativo, di cui peraltro il neosindaco è stato uno tra i più importanti oppositori. Niente male per un poco più che quarantenne.

Al momento in cui scriviamo, non ci sono ancora segnali precisi di ciò, non essendo stata ancora definita la squadra di giunta ed essendo stato, uno dei primi atti assunti dal neosindaco, un atto di generale prorogatio a tutta la squadra dei tecnici dirigenti.
Qualcuno dei commentatori si è già avventurato in valutazioni. Affrettate. Certamente poca materia per poter avanzare pretese di giudizio, quanto piuttosto di pregiudizio. Eccesso di critica, oggi, appare ingenerosa e intempestiva, dunque sospetta.

Giusto dare il tempo adeguato al sindaco di "elaborare adeguatamente" quanto accaduto e di sintonizzarsi compiutamente con ruolo, responsabilità, scenario e soluzioni/ricette per migliorare la vita della città.
Se fossimo in un ambiente normale, di "buona e sana cultura politica" eserciteremmo una collettiva e giusta sospensione del giudizio pubblico, stabilendo una terra di incontro e di civiltà comunitaria in cui ciascuno, maggioranza e opposizione, si collochi in funzione di "servizio alla città". Da entrambe le prospettive, di governo e di esercizio del controllo. Perché questo è possibile ed auspicabile.

Dobbiamo anche saper dosare per bene "tutti" gli elementi che emergono chiari da questo importante passaggio elettorale, componendo il quadro del giudizio complessivo non trascurandone i tanti tasselli, tra i quali quello della funzione guida è tra i più importanti, ma non ne è il solo.
E allora, cosa altro dice questa tornata elettorale?

- Scompaiono i partiti, come forma di aggregazione e di partecipazione politica, in favore di "cosiddetti movimenti civici". Liste civiche battono partiti politici 31 a 0 (letteralmente 31 liste civiche contro 0 liste di partito, perché non c'è stato uno che sia stato un partito a presentarsi al giudizio degli elettori). Un risultato che ha del clamoroso, da capogiro politico e sociale.

- Civico sì, ma di che? Fenomeno da analizzare accuratamente, non licenziandolo solo con il superficiale "ma adesso usa così". Cosa c'è, in realtà, di civico di queste 31 liste? Si può verificare in cosa consista realmente l'uso o l'abuso di questo aggettivo "civico"? Ci sarà la partecipazione ordinaria alla vita politica cittadina? Ci sarà almeno una partecipazione effettiva alla competizione elettorale?

Delle 31 liste, non abbiamo notizia di sedi attive prima della campagna elettorale, né di attività concrete sul territorio se non per pochissime di esse (il Movimento 5 stelle, Bisceglie Svolta e poco più). Impressionano altri due dati, volendo darsi degli indicatori oggettivi:
  • oltre il 60% delle preferenze sono state raccolte dai primi tre candidati di ciascuna delle 31 liste;
  • oltre 10 candidati in media per ciascuna lista hanno riportato un numero di preferenze al di sotto delle 15 (considerata come possibile soglia di demarcazione tra "candidati veri" e "candidati a carattere familiare").
Dunque, 100 candidati o "corridori" veri (meno del 14%), che concentrano la raccolta di oltre il 60% dei voti e oltre 300 "lepri" (il 45% circa) che raccolgono meno del 5% dei voti. E ben 49 candidati (due liste intere) che restano nella forbice tra 0 e 1 solo voto. Molto difficile riscontrare quella sana espressione di partecipazione civica in questi numeri. Siamo in presenza di una grande festa elettorale più che di una sana e radicata partecipazione civica. Tranne rarissimi casi di pochissime liste con bassa dispersione intorno alla media dei voti raccolti dai singoli candidati.

La politica e la sua classe dirigente devono assumere anche una funzione pedagogica e la partecipazione è una cosa assai seria e alle fondamenta di ogni comunità. Sottovalutare questo aspetto significa ampliare quel solco profondo di disaffezione che oggi rappresenta oltre 1/3 dell'elettorato cittadino: il Partito del non voto.

- Pensavamo tutti che il PD avesse esagerato ma mancava il gran finale. Nel clamore di questo dato, una menzione speciale va dedicata al Partito Democratico che, pur avendo fatto parlare di sé ripetutamente e fragorosamente nei mesi scorsi con un livello di riverbero – a tratti con le caratteristiche dell'imbarazzo - nazionale, implode al punto da "decidere coscientemente di non esistere", con una eutanasia programmata che ha assunto i toni del grottesco, avendo visto praticamente tutti i protagonisti operare a briglie sciolte nella miriade di liste cosiddette civiche. Eutanasia deliberata dagli organi provinciali dem, che di fatto hanno avallato (preso atto) della incapacità di predisporre e allestire una partecipazione politica della locale sezione, senza alcuna forza di invertire tale macabro destino.

Un partito vilipeso, violentato, abusato, e abbandonato sul ciglio della strada dopo le sevizie: una immagine devastante della sua classe dirigente, dalle sue figure nazionali (l'onorevole Francesco Boccia riesce nell'improba impresa di non far eleggere il suo candidato benché con 600 preferenze raccolte ma collocato in una delle coalizioni perdenti, quella del "povero" candidato Vittorio Fata, anch'egli vittima della ghigliottina amica del Robespierre Spina), a quelle regionali, passando per quelle storiche locali.

È proprio l'elezione a sindaco di Angelantonio Angarano, ex capogruppo PD in consiglio comunale e fuoriuscito cruentemente in contrapposizione alle recenti scelte interne al partito, a rappresentare oggi la "certificazione indelebile del fallimento dell'intera classe dirigente di questo Partito" e lo schiaffone politico più sonoro.

Come ultimo atto d'affetto verso questo partito, mantenendone audacemente ancora l'appartenenza, raccoglierei volentieri la restituzione delle tessere di tutti i protagonisti di questo disastro con le dovute formali lettere di dimissioni e scuse, per riconsegnarle nelle mani e alle riflessioni del Partito nazionale e regionale.

- La città, o meglio, una modesta parte della città, ha scelto il suo rappresentante e amministratore Giova qui ricordare che il sindaco eletto è risultato scelto da 12.132 elettori sui 48.168 aventi diritto, dunque dal 25% dell'elettorato: 1 biscegliese su 4. È bene che il neosindaco tenga ben a mente questo dato e ispiri fortemente la sua azione pensando al quarto della popolazione che lo ha scelto, ma anche e soprattutto ai 3/4 che non lo hanno scelto. È auspicabile che ciò si traduca in un atteggiamento complessivo di umiltà, ascolto, apertura, continua connessione con i termometri sociali che raccolgano i bisogni veri della comunità cittadina.

- Gli equilibri della classe dirigente sono profondamente invertiti In un'alternanza che la scienza della politica considera salutare, l'opposizione è al governo e il precedente governo è stato mandato all'opposizione, come le urne hanno decretato, ponendo le due precedenti più alte cariche di Palazzo San Domenico, ex sindaco ed ex presidente del Consiglio, all'opposizione. La fascia d'età media dei consiglieri si abbassa notevolmente e ci sono numerosissimi consiglieri (11) che sono alla loro prima esperienza, con un significativo e salutare ricambio generazionale.

- Il civismo al Governo, adesso, dovrà dare prova di essere realmente un antidoto efficace ai partiti La maggioranza che andrà a formarsi sarà al 100% espressione di movimenti civici o, meglio, di cittadini auto-organizzati. Dunque, in partenza e sulla carta, meno esposta a giochi e giochini, equilibrismi, e ai manuali di cencelliana memoria. Avanti a Governare, a rendere la città migliore, senza lacci e con la libertà di "usare il Potere per restituirlo" sotto forma di "esercizio di responsabilità", per quella nobilissima funzione che quel generatore di buona politica dal nome Guglielmo Minervini amava indicare come «la forza straordinaria di cambiare i destini di una intera comunità, più che dei singoli».
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