
Attualità
Emozionante incontro tra gli studenti biscegliesi e Ugo Foà, testimone delle leggi razziali
Evento organizzato dalla sezione Anpi di Bisceglie in collaborazione con la libreria "Abbraccio alla vita"
Bisceglie - sabato 5 febbraio 2022
Gli studenti delle classi terze delle scuole medie biscegliesi hanno incontrato, seppure virtualmente, un testimone delle leggi razziali, il napoletano classe 1928 Ugo Foà. L'evento si è svolto nel corso delle iniziative promosse dalla sezione Anpi di Bisceglie, guidata da Rosalba D'Addato, in collaborazione con la libreria Abbraccio alla vita in occasione della Giornata della memoria.
Foà è uno degli ebrei definiti «scampati allo sterminio perché sfuggiti alla deportazione». Quando vengono promulgate le leggi razziali, nel 1938, Ugo ha 10 anni, sta per iscriversi alle scuole medie, ma all'inizio di settembre, prima che ricominci l'anno scolastico, sua madre gli comunica che, in quanto ebreo, non potrà tornare tra i banchi di scuola. La sua vita e quella dei suoi quattro fratelli fino ad allora agiata cambia radicalmente, come tutti gli ebrei in Italia non potranno fare sport, lavorare negli uffici pubblici, avere una radio in casa, farsi aiutare da una tata "ariana" e via via molti provvedimenti che mirano a estrometterli dalla vita sociale, economica e politica del Paese.
Per quarant'anni Ugo non ha raccontato questa storia. Poi ha capito che aveva il dovere di testimoniare, soprattutto ai giovani. Adesso gira instancabile le scuole italiane e racconta la sua vicenda e quelle più tragiche dei parenti e amici deportati.
La storia è raccolta in un libro per ragazzi intitolato "Il bambino che non voleva andare a scuola - storia della mia infanzia durante le leggi razziali in Italia".
Introdotto da Adriana Baldini della libreria "Abbraccio alla vita", Ugo Foà ha raccontato la sua vicenda stabilendo una relazione intensa e di forte impatto empatico con i ragazzi, protagonisti di numerosi interventi.
«Io per cinque anni non sono potuto andare a scuola, mi hanno rubato 1000 giornate scolastiche e ne sono creditore perché la scuola è nostra, è dei ragazzi. Per questo ogni volta che porto la mia testimonianza, in una scuola recupero uno di quei mille giorni» ha affermato Foà nel corso del suo intervento, in cui ha raccontato anche delle quattro giornate di Napoli, la rivoluzione che gli salvò la vita.
L'incontro si è concluso col fermo proposito di rivedersi, questa volta in presenza.
Foà è uno degli ebrei definiti «scampati allo sterminio perché sfuggiti alla deportazione». Quando vengono promulgate le leggi razziali, nel 1938, Ugo ha 10 anni, sta per iscriversi alle scuole medie, ma all'inizio di settembre, prima che ricominci l'anno scolastico, sua madre gli comunica che, in quanto ebreo, non potrà tornare tra i banchi di scuola. La sua vita e quella dei suoi quattro fratelli fino ad allora agiata cambia radicalmente, come tutti gli ebrei in Italia non potranno fare sport, lavorare negli uffici pubblici, avere una radio in casa, farsi aiutare da una tata "ariana" e via via molti provvedimenti che mirano a estrometterli dalla vita sociale, economica e politica del Paese.
Per quarant'anni Ugo non ha raccontato questa storia. Poi ha capito che aveva il dovere di testimoniare, soprattutto ai giovani. Adesso gira instancabile le scuole italiane e racconta la sua vicenda e quelle più tragiche dei parenti e amici deportati.
La storia è raccolta in un libro per ragazzi intitolato "Il bambino che non voleva andare a scuola - storia della mia infanzia durante le leggi razziali in Italia".
Introdotto da Adriana Baldini della libreria "Abbraccio alla vita", Ugo Foà ha raccontato la sua vicenda stabilendo una relazione intensa e di forte impatto empatico con i ragazzi, protagonisti di numerosi interventi.
«Io per cinque anni non sono potuto andare a scuola, mi hanno rubato 1000 giornate scolastiche e ne sono creditore perché la scuola è nostra, è dei ragazzi. Per questo ogni volta che porto la mia testimonianza, in una scuola recupero uno di quei mille giorni» ha affermato Foà nel corso del suo intervento, in cui ha raccontato anche delle quattro giornate di Napoli, la rivoluzione che gli salvò la vita.
L'incontro si è concluso col fermo proposito di rivedersi, questa volta in presenza.