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Le ragnatele di Ersilia

Bisceglie-Milano con ritorno

Rubrica di cultura e società

Le parole indicano un'assenza, stanno lì per qualcos'altro. Riempiono dei vuoti e hanno la pretesa di sostituire tutto, finanche la realtà più tangibile.
Oggi parlare di "reale" è impresa ardua perché dobbiamo fare i conti con un'alternanza tra realtà reale e realtà virtuale. La tecnologia ci viene incontro e sembra che ci abbia dotati di una seconda vita. L'alternanza tra vita on line e off line ci sostiene nel lavoro, nello studio, nella vita privata.

Le parole, pertanto, dovendo indicare quello che non è presente, devono essere più precise, il più possibile iconiche ed assomigliare alle cose. Ma ci si accorge che la distanza non ci appartenga e per capire se un tuo amico che vive a centinaia di chilometri da te sta male è necessario che tu lo raggiunga.
Dovremmo viaggiare, viaggiare sempre per comprendere il senso delle cose e quanto sia bello un ritorno. Un ritorno per chi ha vissuto l'incubo della pandemia in Lombardia ed ha desiderato tornare nel paese d'origine e respirare il mare.
Bisceglie è legata a Milano da un filo e questo filo ha tessuto una tela molto fitta che pare essere molto resistente. Tu ci vai e ne senti gli intrecci da un capo all'altro della metropoli.

Milano è sempre stata una mamma generosa che ha accolto e confortato e si è fatta carico dei sogni e desideri di molti e lo ha fatto per tanto, tantissimo tempo.
Ma non è stata soltanto madre: Milano è stata anche donna seducente e ammaliante con i suoi teatri sfarzosi e sfavillanti, le sue lussuose vetrine, i ristoranti alla moda, il passeggio di donne e uomini vestiti con raffinati abiti sartoriali. E poi musei e padiglioni allestiti con opere d'arte contemporanea da fare invidia alla Grande Mela, infinite scale mobili dei grandi magazzini, grandi mercati con frutti pregiatissimi.

Quanti biscegliesi hanno trovato lavoro a Milano? Tantissimi e sarebbe bello poter raccontare la storia di ognuno di loro. Certo, tante sono state già scritte ed altre non lo saranno mai. Resteranno taciute perché raccontare la miseria è difficile. La miseria non va esposta, va esorcizzata, allontanata, dimenticata….
È 21 settembre, oggi, di un anno infausto e Milano appare immersa in un'atmosfera silenziosa e ovattata forse per non sentire l'urto dei ricordi di una primavera che sembra non volerci abbandonare.
Il Covid ha cambiato le nostre esistenze. E quando dicevano che nulla sarebbe stato come prima avevamo ragione. Le priorità sono cambiate e i grandi negozi del centro sono quasi vuoti perché vendono cose di cui possiamo fare a meno.

Quando le priorità cambiano non c'è modo di tornare indietro.
Qui a Milano nessuno osa camminare per strada senza la mascherina e se vai in metropolitana e ti senti osservato è soltanto perché non l'hai indossata bene, non hai coperto bocca e naso ed una voce ti consiglia di scendere per consentire agli altri passeggeri di viaggiare meglio e più sicuri.
Il dolore e la paura qui hanno lasciato un segno e i segni li vedi appesi ai balconi dei grandi edifici, balconi dai quali le famiglie hanno cantato e respirato durante la quarantena. E sognato con profonda nostalgia di poter tornare al paese d'origine e rivedere il mare.
Chi oggi crede ancora che il Covid non esista e sia una normale influenza non ha visto queste città, non ne ha ascoltato il silenzio.

La nostalgia non è una malattia, è un sentimento che riesce a mantenere vive le cose, ti riporta indietro per consolarti e dà sapore alle giornate. La nostalgia ci rende umani, ci fa vivere il passato troppo spesso dimenticato. La nostalgia è una macchina del tempo che ora lo rallenta per afferrare quello che non c'è ora corre veloce per fuggire e non sentire quanto vuoto e inconsistente possa essere il nostro presente.
La nostalgia è un inno alla vita e tiene aperto uno spazio del cuore che ci fa gioire anche di un'assenza.
  • Stefania D'Addato
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