Willy Monteiro
Willy Monteiro
Le ragnatele di Ersilia

Quando un uomo...

Rubrica di cultura e società

Quando un uomo si accanisce con una violenza inaudita su un altro uomo si entra in una sfera primordiale e si chiede al sacro di esserne l'elemento regolatore.

Accade perché la modernità ha tentato di eliminare le differenze, le identità, le diseguaglianze, le discriminazioni. Ed ecco che il desiderio di essere diversi irrompe e distrugge tutto quello che di buono si è tentato di fare nel corso di secoli, millenni. Con la violenza ci si riappropria del corpo e si fa del corpo quello che si vuole. E nulla può il diritto. Neanche la sociologia può occuparsene perché la violenza ha a che vedere con un mondo molto lontano dal nostro. Il sacro resta l'unica chance per ricostituire l'umanità negata. Ma in ciò che è accaduto a Willy Monteiro anche il sacro può davvero poco.

La violenza annienta il corpo e dopo la morte non resta niente. È difficile costruire qualcosa sulla morte.
La morte annulla i sogni e le speranze, le gioie e le sofferenze.
La morte è impossibilità di dire ed è per questo che su di essa non ci puoi edificare nulla. È il buio assoluto.

Se Willy Monteiro potesse oggi parlare direbbe che questo mondo con lui non è stato generoso, mai. Con lui il mondo ha dato il peggio che potesse dare, gli uomini sono di una crudeltà che gela il cuore e l'animo. E la bestia e l'uomo si trovano in un rapporto impari ma è l'uomo a doversi sentire in imbarazzo.

La bestia dice all'uomo: "Ti ricordi quando eri tu a soggiogarmi, a domarmi, a sfruttarmi, a mettermi la corda al collo? Io eseguivo i tuoi ordini, caro uomo, perché da te volevo solo cibo e acqua. Non ti ho chiesto niente altro. E se qualche volta sono stato un po' violento e ti ho azzannato era soltanto perché avevo fame e il pane non sapevo cercarmelo da solo. Ma tu, caro uomo, cosa stai cercando, per quale motivo calpesti il corpo di un tuo amico, lo annienti? Hai per caso fame? Ti si sono finite le scorte di cibo?
Caro uomo, io ti faccio compagnia da tanto, tantissimo tempo. Ti ho aiutato nei campi, ti ho protetto quando eri in pericolo, mi hai cavalcato affinché tu fossi più veloce e raggiungessi le tue mete, perché senza di me non ce la potevi fare.
Tu, uomo, secondo me hai dei grossi limiti! Lo sai questo? Oggi la bestia sei tu e io l'essere più umano. Perché se ammazzi senza avere fame stai commettendo un crimine atroce e imperdonabile, stai rovinando la tua specie, hai smesso di parlare con Dio e solo Dio può renderti uomo.

Dio è morto e tu con lui. Ma la morte l'hai scelta tu, ne sei responsabile. L'hai desiderata nel momento in cui hai creduto di non avere più bisogno né di me né tantomeno di lui. Sei un miserabile in cerca del sangue di quelli che tu definisci deboli e inferiori. Hai ammazzato un ragazzo, Willy, dalla pelle scura e dal corpo esile che aveva un sorriso che incantava gli angeli del paradiso. Il sorriso di un uomo buono lo riconosci, invade il creato.
Willy era esile ma ha vinto, ora è al sicuro. E tu, caro uomo, non potrai più fargli del male.

Non tentare di nasconderti, ti prenderanno. La condanna arriva sempre, anche se ci vorrà del tempo. La condanna peggiore verrà quando guarderai negli occhi tua madre e lei non si riconoscerà in te. Perché tu sei la sua creatura più bella, il suo sogno più grande. La sua ragione di vita. Un sogno che si è spezzato, che si è schiantato per terra ed è entrato negli abissi più profondi, lì dove c'è un fuoco che arde e brucia fino a renderti polvere sottile, così leggera e inconsistente che nessuno più si ricorderà di te.
Perché non ne resterà traccia da qui all'infinito».
  • Stefania D'Addato
  • omicidio willy
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