Castello Svevo di Bisceglie
Castello Svevo di Bisceglie
Le ragnatele di Ersilia

Il Castello e un premio

Rubrica di cultura e società

…Carmine canta / da Cuma a Roca passando per Bisceglie / ed estasiato per aver estasiato / riascolto quel Poemaverno e con tuo figlio / Stefania ancora canto… tra le indimenticabili virgole sonore / di Rino al contrabbasso e cieli dei flauti / di Valentina il grido il pianto soffiato dal nero napoletano / e quella infernale voce dagli infernali anfratti / dal sulphitario fumo della solfatara Edoardo / Edoardo nell'orto di Epicuro….

Carmine Lubrano


Nonostante la quarantena sia terminata già da un po', continua a regnare il silenzio. Sarà colpa della musica che non c'è, relegata ancora in una specie di limbo, un'anticamera dove si è deciso di aspettare. Ho pensato, però, di attrezzarmi in questo modo: mi siedo, aspetto e comincio a ricordare una sera d'estate in cui qualcosa di magico è avvenuto qui a Bisceglie, quattro anni fa.

Si fa spesso un uso improprio, smodato, convulso, ridondante del termine "cultura" rivendicandone l'appartenenza a un partito, a un'associazione, a un evento, a un libro, a uno stile di vita, dimenticando, però, alcuni luoghi che sono un concentrato di ciò che siamo e siamo stati, luoghi ideali per vivere il quotidiano ma anche per mettere in scena i sogni.

La memoria, nel fissarsi in un luogo, assume sempre forme diverse grazie agli incontri, alle parole e agli scambi di oggetti. E tutto quello che accadrà in quel luogo poi viaggerà al di là di quello spazio, ma sarà sempre quel luogo a ricordarcelo.

A Bisceglie di luoghi ideali e simbolici ce ne sono tanti, molti di essi tornati al loro antico splendore, come teatri, palazzi, piazze, musei, chiese, torri, strade lastricate, giardini e torrioni. E un Castello che non è un grande castello ma un vero gioiello sapientemente ristrutturato: la sua splendida Torre Normanna, la corte e l'ampliamento di epoca angioina, i rifacimenti di età aragonese, la piccola chiesa di San Giovanni.
Ma può accadere che un luogo venga messo a tacere passando dalla cura al silenzio, alla dimenticanza. E oggi, nella nostra città, sembra che questi luoghi non abbiano più niente da raccontare perché forse troppo ingombranti, forse considerati il simbolo, la personificazione di un progetto che si vuole rimuovere.

I gruppi sociali hanno sempre bisogno di ristabilire la propria identità ed è per questo che la memoria, a differenza della storia, muta, crea nuove immagini del passato o addirittura ne nasconde alcune che risultano scomode. Ed in questa negoziazione e ridefinizione del passato in nome di una svolta e di un progresso stiamo perdendo tanto, forse troppo.
Può accadere, però, che la memoria e la storia convergano e procedano insieme. E quando questo accade sentiamo che nulla di noi andrà perduto.

A Bisceglie c'è chi conserva nella sua mente parte di noi, un uomo che pare aver memorizzato i passi di chi ha percorso le nostre strade e ha contemplato la bellezza della nostra città in tutte le sue forme, dal mare alla campagna, dal centro alla periferia, dai primi monumenti megalitici alle moderne rotonde e spartitraffici, dagli utensili medievali alle icone sacre, dai vasi di terracotta dei palazzi nobiliari ai monumenti funebri, dai palmenti seicenteschi agli abiti risorgimentali, da una balaustra in pietra ad uno spartito per flauto solo. Ed è al flauto e al flautismo che Luigi Palmiotti, storico e direttore del museo etnografico "Prelorenzo" ha dedicato un Premio per ricordare un flautista e compositore biscegliese morto a soli 35 anni, il 20 novembre del 1839, e sepolto nell'ipogeo della Chiesa di San Domenico.

L'idea del premio nacque da una visita al cimitero monumentale di Napoli, dove Palmiotti, accanto alla tomba di Benedetto Croce, scorse una lapide di Gabriele Nigri, fratello del flautista, anch'egli musicista e compositore. Attratto dal nome biscegliese pensò di cominciare a fare delle ricerche che però riguardarono per lo più la vita del fratello Sergio, il virtuoso del flauto che a soli 14 anni sedette come primo flauto al teatro San Carlo di Napoli, iscritto tra i professori della Cappella Palatina e salutato socio delle Filarmoniche. Sergio Nigri era amato dai grandi del melodramma napoletano come Bellini, Rossini, Donizetti ed apprezzato in numerose corti europee.
Poter curare assieme a Luigi Palmiotti le serate di un Premio dedicato a questo musicista biscegliese è stata forse la cosa più bella che mi potesse capitare e 4 anni fa, nella corte del nostro castello, sembrava realizzarsi un sogno.

Quell'anno la scelta del flautista ricadde su un'artista napoletana, Valentina Crimaldi, moglie di uno dei migliori contrabbassisti di tutti i tempi, Rino Zurzolo. L'idea che Valentina, cresciuta tra i grandi della musica partenopea, potesse suonare quella sera mi provocava una gioia mai avuta, indescrivibile. Portava con sé una storia immensa: la sua intensa formazione sia classica che jazz, le sue collaborazioni con Eugenio Bennato, Peppe e Concetta Barra, il suo lavoro da solista per trasmissioni radiofoniche e televisive, le opere con Roberto de Simone e la "Nuova Compagnia di Canto Popolare". E poi Murolo, Mia Martini, Enzo Gragnaniello, le storiche serate con Pino Daniele & friends, il lavoro discografico per uno degli album più intensi di Pino Daniele, "Ferryboat" del 1985.

Chi come me ha amato Pino Daniele sa che nessuno potrà mai riprodurre la sua voce né tantomeno la sua musica. Anche i grandi chitarristi lo sanno che è meglio lasciar perdere. Ma quella sera, al castello, Valentina portò un brano di Pino Daniele riarrangiato per flauto da suo marito Rino, "Anna verrà", tratto dall'album Mascalzone latino. Un brano dalla dolcezza infinita che Pino Daniele adorava.
"Anna verrà" è una canzone che ha una storia meravigliosa ed un sound inconfondibile, in nessun caso avrei pensato di apprezzarne un rifacimento. Per mettere mano ad un brano devi conoscerne la storia ed averla fatta tua e Rino Zurzolo ha saputo reinterpretarlo donandogli nuova vita.

In un turbinio di emozioni, in quel 26 giugno, si susseguirono performances musicali di vario genere: dalla sonata di apertura di Hӓndel, ai brani di Valentina Crimaldi, poi il concerto finale della meravigliosa brass ensemble "Il Cenacolo" del Maestro Salvatore Barile, passando per i versi di Assunta Spedicato e del suo "delicato istante". Poi le premiazioni, la consegna delle targhe, le strette di mano, l'aneddotica legata al castello, i racconti di Palmiotti, l'accoglienza dei padroni di casa di Zona Effe, la savonarola e l'abito della Regina Isabella del Balzo, la letania di Carmine Lubrano, posta qui a margine, che canta il dolore per la morte di Rino Zurzolo, la bellezza della musica, il cielo terso di fine giugno.

Che cos'è in fondo la cultura se non questo: lasciare la propria impronta nel luogo che ognuno sente che più gli appartenga. Niente di più semplice. E quella sera sembrava che tutti appartenessero al nostro castello e alla nostra Terra.
Quando le cose le fai con il cuore tornano sempre a raccontarti delle storie. Le storie non finiscono, non muoiono, sono come gemme latenti che riprendono a germogliare quando meno te lo aspetti.
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